venerdì 22 marzo 2013

Doppia recensione: “La Guerra degli Angeli” e “Eternità”, Heather Terrell



“La Guerra degli Angeli” e il seguito “Eternità” sono i due romanzi che compongono una serie urban fantasy-paranormal romance scritta da Heather Terrell. I due romanzi sono strettamente collegati l’uno all’altro, tanto che dove finisce il primo inizia il secondo.

ATTENZIONE! La recensione potrebbe contenere degli spoiler sul romanzo; si ricorda inoltre che è frutto del mio punto di vista e che non vuole ritenersi vincolante per nessuno.

Prima impressione
Il primo romanzo, uscito in Italia come “La Guerra degli Angeli”, era intitolato in origine “Fallen Angel”, mentre il seguito ha come titolo originale “Eternity: a Fallen Angel Novel”.
Se in effetti il primo titolo è abbastanza coerente... ma più con il secondo romanzo che con il primo. Il titolo del secondo invece mi sembra a sua volta non troppo coerente.

La trama
Il primo giorno di scuola Ellie incontra – o meglio, rincontra – Michael, ragazzo di poco più grande di lei, che ha già incontrato tre anni prima ma di cui non si ricorda niente. Tra i due c’è attrazione fin da subito e, in occasione del loro primo bacio, si rendono conto di avere qualcosa in comune: entrambi sono attirati dal sangue.
I due si convincono di essere dei vampiri ed Ellie inizia a fare ricerche... ma è grazie ai suoi genitori che non è proprio così, scoprendo che i vampiri non esistono, per come la gente li intende, ma che gli angeli caduti sono sempre stati scambiati per vampiri. I genitori suoi e quelli di Michael, inoltre, cercano di proteggerli dalla verità sulla loro identità: scoprirlo per loro potrebbe essere molto pericoloso, in quanto la loro consapevolezza innescherà lo scontro tra bene e male che metterà fine al mondo per come lo conosciamo...

Personaggi
Dare una valutazione generale ai personaggi di questo romanzo è un po’ difficile. Alcuni sono personaggi validi, altri invece lasciano un po’ desiderare.
ELLIE: è una sedicenne comune, stranamente con i capelli neri come ogni protagonista di urban fantasy (attendo con ansia una protagonista bionda, rossa o magari castana, sarebbe un’innovazione non da poco), che si ritrova circondata da compagne di scuola che corrispondono allo stereotipo della cheerleader crudele e spietata, ma che fortunatamente non è una Mary Sue al cento per cento. Questo è un punto a suo favore, ma forse l’unico, dato che non si evolve di una virgola nel corso degli eventi.
MICHAEL: è un ragazzo che si è appena trasferito in città e che Ellie incontra all’inizio dell’anno scolastico; i due si erano però già conosciuti in Guatemala, in un progetto di beneficienza a cui le rispettive famiglie avevano partecipato tre anni prima. Non c’è molto da dire, se non che è, dall’inizio alla fine, di una piattezza incredibile, al punto che si potrebbe etichettarlo come “l’uomo inutile”. Aggiungo senza andare troppo oltre al fine di evitare spoiler, che nel ruolo che gli viene assegnato da un certo personaggio sul finale del secondo romanzo, non è credibile neanche per idea.
RUTH: è la migliore amica di Ellie ed è a mio avviso un personaggio piuttosto incoerente. In un primo momento (per tutta la metà del secondo romanzo) è una presenza appiccicosa e invadente, al punto da arrabbiarsi con Ellie perché questa non le ha detto che si è fermata due o tre volte a chiacchierare in corridoio, a scuola, con un loro compagno di scuola, ma viene prontamente giustificata: è normale che si comporti così, sua madre è morta di cancro e lei è apprensiva... Come, prego? Una giustificazione più logica non c’era? A metà del primo romanzo si trasforma come per magia, smette di essere la ragazza appiccicosa che era prima e inizia a darsi da fare per aiutare l’amica, della quale ha scoperto da sola il segreto.
MISSY e PIPER: sono le due classiche ragazze che corrispondono allo stereotipo della cheerleader, anche se non sembra che siano cheerleader. Sono entrambe bionde, vanno in giro sempre l’una insieme all’altra, Missy è una ragazza crudele e spietata, Piper è una ragazza completamente succube di Missy che si comporta in modo crudele e spietato per poi pentirsene e che non ha un minimo di personalità, dato che se ne va in giro con Missy senza un motivo ben preciso anche dopo il loro scontro in occasione del ballo scolastico (che doveva essere stato abbastanza acceso, dato che Ellie ha trovato Piper in corridoio che perdeva sangue).
ZEKE: è il ragazzo di Missy, ha un aspetto molto fascinoso e Ellie ha la tendenza a incontrarlo ovunque senza una ragione ben precisa. Ma naturalmente la ragione ben precisa c’è, per chi avesse ancora qualche dubbio...
DANIEL e HANNA: i genitori di Ellie, seppure siano figure centrali per lo svolgimento del romanzo, sono spesso lasciati da parte e sono poco caratterizzati. Di loro si sa solo che partecipano a molte iniziative di beneficienza e che il padre è una persona cordiale, mentre Hanna ogni tanto tende a incavolarsi... del resto in certi momenti chiunque, eccetto un santo, lo farebbe. È comunque sorprendente che Ellie abbia un padre, di solito le protagoniste di urban fantasy sono figlie di vedove o di ragazze madri. È sorprendente anche che la madre, quando scopre che la figlia frequenta un suo compagno di scuola, non si convinca magicamente che lui è un delinquente soltanto vedendoli parlare davanti a casa. Ma credo che dipenda dal mezzo di trasporto che usa: in genere nei romanzi/film/telefilm americani i ragazzi che si presentano a casa della loro ragazza a bordo di una moto vengono considerati dei delinquenti, mentre quelli che arrivano in auto si risparmiano questa reputazione.
RAFE: compare magicamente nel secondo romanzo, come collaboratore di un’iniziativa di beneficienza a cui Ellie partecipa. Si capisce fin da subito che se è lì è lì per conoscere Ellie, e infatti è colui che aiuterò Ellie e Michael a partecipare allo scontro tra bene e male che segnerà la fine dei tempi.

Testo e struttura: commenti
Il romanzo è scritto molto bene, il testo fila liscio, la suddivisione in capitoli è piuttosto sensata... ma la suddivisione in due volumi? Non direi. Il secondo inizia esattamente dove finisce il primo, i primi capitoli riprendono pari pari quello che succedeva nel capitolo finale del primo romanzo. Dunque, considerando la lunghezza non eccessiva dei due libri, era sicuramente più coerente farne uno unico, che sarebbe stato di lunghezza compresa tra le 500 e le 550 pagine.
Inoltre ci sono molte altre cose che non mi convincono, all’interno delle vicende narrate, che andrei ad analizzare.
1) Angeli o vampiri? Posso capire il voler fare qualcosa di originale, ma che si mescolino gli angeli con i vampiri, mettendo in un calderone il fatto di essere angeli (più o meno: è bastato prendere qualche nome dalla Bibbia e dire “sì, tanto sono angeli” e puntualmente sono diventati angeli) con il nutrirsi, in qualche modo, di sangue... beh, mi sembra una scelta un po’ innaturale, e la spiegazione “sì, ma tanto è fantasy” non mi convince.
2) Per scoprire profezie basta che il primo venuto si metta a leggere la Bibbia? Nel secondo romanzo Ellie e Michael si ritrovano a dover scoprire chi sono e a comprendere quali siano i segnali dell’Apocalisse. Ingaggiano quindi Ruth per fare queste ricerche, che loro non possono fare in prima persona. Dunque ecco che Ruth scopre che la fine è vicina... e come lo scopre? Nientemeno che mettendosi a leggere la Bibbia e ritrovandosi magicamente tutto (comprese le congetture corrette) sotto il naso! Ma dato che per scoprire questi misteri bastava soltanto leggere la Bibbia, Ellie e Michael non erano in grado di farlo da soli? Ma forse Ellie non aveva mai sentito parlare della Bibbia, a quanto si evince nel primo romanzo in cui si scopre che in sedici anni non ha mai sentito parlare nemmeno una sola volta del Diluvio Universale e di Noè.
3) Gelosie varie nel bel mezzo dell’Apocalisse? Il mondo sta per finire e che cosa succede? Beh, in primo luogo Ellie si ingelosisce perché nel bel mezzo di una partita di football americano Michael si mette a parlare con tre ragazze, peraltro loro compagne di scuola. Poi, addirittura mentre stanno combattendo contro gli angeli caduti, Michael ha come principale pensiero il fatto che Ellie possa avere provato, per qualche istante, attrazione nei confronti di Rafe! A proposito, mi sembra abbastanza inspiegabile anche il fatto che Rafe sia innamorato di Ellie, ma dal momento che questo occupa tipo mezza pagina direi di non soffermarmi troppo.
4) Dando al co-protagonista il nome Michael, la Terrell voleva cercare di sviarci (dato che il nome di buona parte dei personaggi sembra avere un significato) sulla sua vera identità o pensava che le nostre conoscenze bibliche fossero paragonabili a quelle di Ellie (che non aveva mai sentito parlare del Diluvio universale, il che è anche abbastanza discordante con il fatto che si scopra essere appassionata di arte, dal momento che è stato rappresentato da numerosi artisti)? Alla fine, quando ho scoperto che il nome di Michael non aveva un significato ben preciso, ma che a quanto pareva era stato messo così, a caso, ci sono anche rimasta male.
5) Piper, Missy e la prof di letteratura... Non hanno alcuno scopo nel romanzo, anche se devo ammettere che avevo sospettato a lungo che Missy si rivelasse essere l’Anticristo e che quindi la sua presenza fosse giustificata. Credo comunque che la Terrell abbia dato a questi personaggi troppo spazio, scegliendo magari di andare troppo velocemente su altre cose.
6) Ma... cosa succede nel finale? La profezia si compie, Ellie e Michael si dichiarano il loro amore, un altro personaggio sta in disparte a reggere la candela... e tutti gli altri che fine hanno fatto? Stranamente, però, il fatto di non sapere non mi turba: erano personaggi che colpivano talmente poco che posso tranquillamente non saperlo.
7) Perché il 2012? Possibile che questa dannata fine del mondo Maya debba essere citata ovunque? Aggiungo inoltre una cosa: dato che tra le sette calamità (terremoti, carestie, epidemie, crisi economica, guerre, persecuzione dei cristiani, guida da parte dell’anticristo) si verificheranno nel corso del tempo soltanto terremoti, carestie ed epidemie, ma dalla crisi economica in poi non si verifica niente la Terrell avrebbe fatto meglio ad ambientare il suo romanzo in un’altra epoca che magari non fosse il 1929 o il 1973, possibilmente (a scanso di equivoci: il romanzo è uscito prima del 2012, ma la crisi economica globale che stiamo attraversando adesso è in atto ormai da quattro-cinque anni).
In ogni caso qualche lato positivo l’ho trovato, anche se devo ammettere che i lati positivi solo molto minori di quelli negativi: ho trovato abbastanza emozionante la parte conclusiva del primo romanzo (incontro con un certo professore – per quanto io abbia trovato abbastanza banale il modo in cui Ellie scopre della sua esistenza) e mi è sembrata un’intuizione geniale quello che accade a un certo punto del secondo romanzo (per non spoilerare troppo, dico soltanto che riguarda la Cappella Sistina).

Valutazione: 2.5/5
Alla fine 3 stelline su 5 gliele volevo anche dare, ma non ne ero convinta a pieno. Può essere una lettura piacevole, sì... ma credo che ci possa essere anche qualcosa di molto migliore, anche rimanendo sempre nell’urban fantasy o paranormal romance: magari qualcosa in cui i vampiri sono vampiri o gli angeli sono angeli, in modo da evitare confusione. Vi consiglio di leggerlo? Sinceramente, se avete la possibilità di leggere qualcosa di meglio, no.

giovedì 21 marzo 2013

Recensione: “Innocenti bugie”, Elizabeth Chandler

“Innocenti bugie” si inserisce in una sorta di serie come secondo volume dopo “Sekrets, le visioni di Megan” a cui ho già dedicato una recensione, ma ha ben poco a che vedere con il romanzo precedente, se non che è ambientato nello stesso luogo, Wisteria.

ATTENZIONE: questa recensione, scritta sotto il mio punto di vista, che non vuole intendersi come vincolane, potrebbe contenere piccoli spoiler sul romanzo.

Prima impressione
La copertina è un po’ un mistero: dopo la lettura mi è abbastanza chiaro che l’enorme fiore sui capelli della protagonista(?) c’entra ben poco con la trama, mentre anche le decorazioni alle sue spalle mi sembrano poco coerenti con il romanzo.
Per quanto riguarda il titolo, forse è stata un’impressione mia, ma mi aspettavo una storia un po’ diversa.

La trama
Lauren è la figlia diciassettenne di un leader politico, mentre sua madre è morta da sette anni, il suo cadavere fu ritrovato in un fiume vicino alla casa della madrina della ragazza, dove trascorrevano le vacanze insieme.
Lauren ha diciassette anni quando Jule, la sua madrina, la invita a trascorrere le vacanze da lei e dalle sue figlie, Holly e Nora; dove Lauren si rende conto fin da subito che quest’ultima è una ragazza con dei seri problemi psicologici, che però Jule e Holly ignorano o quantomeno fingono di ignorare. Qui rivede anche Nick, suo amico d’infanzia che la intriga fin da subito, ma scopre che lui ha una relazione(?) con Holly.
I problemi iniziano ad arrivare fin da subito: proprio come sua madre, che nei giorni prima di morire trovava i suoi oggetti che si annodavano da soli, questo inizia a succedere anche a Lauren, che viene minacciata di morte con un biglietto, rinchiusa più di una volta nella serra in cui Nora coltiva le sue piante, nonché coinvolta in un incidente stradale praticamente davanti agli occhi di Frank, lo zio di Nick.
A Lauren basta poco per convincersi che qualcuno voglia ucciderla e pensa di sapere di chi si tratti: Nora, perché i suoi disturbi mentali sono evidenti... Ma ben presto si rende conto che non può davvero fidarsi di nessuno e che forse Nora non è l’unico problema che deve affrontare...

Struttura e testo
Il romanzo, a livello di testo, è abbastanza breve e scorrevole; è inoltre un romanzo piuttosto breve e, a mio avviso, lo spazio dedicato agli eventi è più che sufficiente, ma non credo di poter dire molto altro di positivo in proposito, in quanto “Innocenti bugie” mi ha alquanto delusa per diversi motivi.
Gli eventi ricordano molto quelli del romanzo precedente di cui ho parlato all’inizio della recensione (dove, ricordiamolo, un’adolescente andava in vacanza a Wisteria a casa della nonna e conosceva immediatamente un ragazzo che le piaceva magicamente fin da subito senza un motivo ben preciso) e la piattezza dei personaggi (vedi prossimo paragrafo) è in certi casi davvero avvilente.
Fin dalle prime righe Lauren sembra la classica Mary Sue, l’orfanella impacciata che arriva da non-si-sa-bene-dove, a cui non sono mai interessati i ragazzi ma a cui puntualmente basta incontrare un ragazzo per strada (che ancora più banalmente si rivelerà essere il suo amico d’infanzia – ed entrambi sono cambiati talmente tanto che nessuno dei due riconosce l’altro fino al momento delle presentazioni) per far capire dove si vuole andare a parare.
A quel punto, dato che è stata nominata anche una veggente già incontrata nel romanzo precedente che aveva preannunciato disgrazie e che è stato preannunciato che la madre della protagonista prima di morire trovava oggetti che si muovevano da soli (questo capitava anche nell’altro romanzo) si capisce che probabilmente accadrà qualcosa di paranormale. La sensazione aumenta quando una delle due figlie della madrina viene descritta come una ragazza “particolare”. L’altra, invece, sta per diplomarsi e invece di studiare pensa agli annuari scolastici e ai balli, e anche questi mi sembrano gli stereotipi tipici della ragazza americana da film e da telefilm.
Soltanto ben oltre la metà la protagonista sembra evolversi un minimo, così come gli eventi che fino a quel momento erano abbastanza fermi. Di fatto di tutto il romanzo ho trovato avvincenti in particolare due momenti:
1) Lauren presa di mira, nel fiume, dai compagni di scuola di Holly e Nick;
2) Lauren chiusa dentro la serra insieme a un’altra persona che non cito per non fare spoiler.
Sono rimasta delusa inoltre anche dall’attrazione tra Lauren e Nick, non tanto perché questa sia improbabile (anche se di fatto lo è) ma perché la sua connessione con la trama è completamente assente e sembra che sia stata messa lì tanto perché c’era chi voleva trovarla.
Infine, ultimo motivo di delusione che voglio citare, l’uso del soprannaturale che sembra essere messo totalmente a caso: di fronte a un mistero che ha una soluzione che di paranormale non ha niente, i fatti soprannaturali che capitano mi sembrano un punto di distrazione, messo soltanto per aumentare la suspense.

I personaggi
LAUREN: la protagonista è, per buona parte del tempo, un personaggio banale e scontato, senza un minimo di iniziativa e totalmente succube della situazione che ha intorno; anche la scena in cui al ballo della scuola a cui è stata invitata (per il quale puntualmente non aveva né il vestito né le scarpe adatte, che deve farsi prestare dopo una consultazione familiare per decidere che cosa le sia più adatto e al quale non voleva andare, ma non aveva il coraggio di dire di no) mette a terra il tizio che la importuna mi fa pensare a un comportamento da Mary Sue. Soltanto sul finale inizia un po’ ad agire, specie perché costretta a farlo, ma anche qui non riesce mai a cavarsela da sola, ha sempre bisogno del supereroe di turno (in una circostanza addirittura il cane di Nick) per salvarsi.
JULE: della madrina di Lauren si sa poco e niente, se non che non lavora, non ha un soldo, ma ha un terreno che non vuole vendere, perché le sta antipatico il potenziale compratore (Frank), e che sembra non essere molto soddisfatta di ricordarsi di Sondra, la madre di Lauren, che è morta a pochi passi da casa sua e che peraltro le passava dei soldi ogni mese. Il suo comportamento nei confronti di Lauren è molto lunatico e la rivelazione finale su di lei non mi ha convinta affatto.
HOLLY: un tempo non apprezzava Lauren, ma adesso le cose tra loro sembrano cambiate... certo, forse non si può dire che le due siano grandi amiche, ma dopotutto è normale considerando che non si vedevano da anni. È una ragazza di bell’aspetto, che pensa soltanto alle feste, agli annuari scolastici... e a Nick, oltre che a gestire i pochi soldi che sua madre possiede. Sostiene che Nora non abbia niente che non va quando è davanti alla madre, ma con Lauren si comporta diversamente e cerca di metterla in guardia nei confronti della sorella.
NORA: è una ragazza strana, terrorizzata da quanto accaduto a Sondra e convinta che tra le acque del fiume lo spirito di Sondra sia ancora lì in attesa di riprendersi sua figlia. Si dedica alla coltivazione di piante, mentre sua madre e sua sorella insistono sul fatto che non abbia bisogno di cure psichiatriche.
NICK: è il classico amico d’infanzia che si è trasformato in un ragazzo dannatamente sexy, del quale Lauren di fatto si innamora a prima vista. Il suo ruolo nel corso dei capitoli è quello di comportarsi, alternatamente, prima in modo gentile e poi bruscamente con Lauren, e il suo cane ha più personalità rispetto a lui.
FRANK: lo zio di Nick è un ricco avvocato che vorrebbe comprare la proprietà di Jule, ma a cui Jule rifiuta di venderla, prevalentemente per motivi di antipatia personale nei confronti di quest’uomo che, di fatto, sembra essere uno dei pochi personaggi che non hanno un’avversione repressa nei confronti di Lauren.

Valutazione: 2/5
Mi dispiace per il voto così basso, ma non credo che “Innocenti bugie” possa meritare di più. Se non avessi letto “Sekrets”, forse, potrei dargli un voto più alto, ma il fatto che Elizabeth Chandler abbia scritto un romanzo che, di fatto, è molto simile a quello precedente ha contribuito molto a questa valutazione un po’ deprimente. Se non altro, inoltre, in “Sekrets” c’erano dei personaggi più caratterizzati e si vedevano meno atteggiamenti da Mary Sue.

martedì 19 marzo 2013

Maxi-Recensione: TRILOGIA DELLE GEMME (Red, Blue, Green) di Kerstin Gier



Si ringrazia Dany the Writer per avermi suggerito questa serie.

La serie, urban fantasy incentrata sul tema dei viaggi nel tempo, è costituita da tre romanzi, strettamente legati l’uno all’altro:
1) Red;
2) Blue;
3) Green.

PRIMA IMPRESSIONE
A parte il fatto che la copertina della versione originale non incontra il mio gusto, sono rimasta piacevolmente sorpresa dai meravigliosi titoli “Rubinrot”, “Saphirblau”, “Smaragdgrün”, tradotti nella versione italiana come “Red”, “Blue” e “Green”.
Puntualizziamo: forse pretendere di lasciare i titoli originali era troppo (tedesco = lingua sconosciuta ai più in Italia = lingua che non si presta a rimanere in copertina), ma un “Rosso rubino”, “Blu zaffiro” e “Verde smeraldo” non suonava forse meglio? Che senso ha mettere titoli in inglese quando questi non sono i titoli originari (e nella versione inglese, peraltro, non sono nemmeno quelli: sono le traduzioni letterali in inglese). 
Tornando all’originale: “Liebe geht durch alle Zeiten” (l’amore va attraverso tutti i tempi) come sottotitolo, se così si può definire, non mi sembra la cosa più azzeccata. Seppure vi sia una storia d’amore, questa non è sicuramente il fulcro del romanzo.
Dal punto di vista solamente grafico preferisco di gran lunga le copertine dell’edizione italiana, se non fosse che in ogni romanzo urban fantasy che si rispetti in copertina c’è una ragazza mora girata di spalle vestita con stile antico e mi sembrano tutt’altro che originali, oltre che poco coordinate con quello che succede (non mi è chiaro il significato del cancello in “Red”, del balcone e della luna piena in “Blue” e soprattutto dello strapiombo e del presunto velo da sposa di “Green”).

LA TRAMA
Gwendolyn ha sedici anni e mezzo e vive in una famiglia decisamente fuori dal comune; in questa famiglia, inoltre, è presente il gene dei viaggiatori nel tempo, dodici in totale nel corso dei secoli... ed è proprio Gwen ad averlo ereditato, contrariamente a quanto sembrava inizialmente.
Per controllare i propri spostamenti temporali i Guardiani, una sorta di setta in cui riporre fiducia potrebbe non essere l’ideale, la sottopongono al controllo del cronografo, uno strumento che, grazie al sangue dei dodici viaggiatori nel tempo, potrebbe rivelare un segreto che potrebbe cambiare il destino dell’umanità.
Esistevano due cronografi, ma uno è stato rubato da Lucy (cugina di Gwendolyn) e dal suo fidanzato Paul (zio di Gideon), entrambi viaggiatori nel tempo che hanno portato con loro nel passato, da cui non potranno più tornare indietro, il cronografo che conteneva tutti i campioni di sangue eccetto quello di Gwendolyn e Gideon.
I due protagonisti, a questo punto, hanno il compito di tornare indietro nel tempo per prelevare il sangue dei precedenti viaggiatori, e in particolare avranno spesso a che fare con un impostore che si spaccia per conte, nel Settecento, che potrebbe rivelarsi più pericoloso (o no? Si rimane con il dubbio fino alla fine) delle apparenze.
La vita di Gwendolyn è naturalmente sconvolta dalla scoperta di poter viaggiare nel tempo, lei che non è stata addestrata per cavarsela nel passato, in quanto tutti credevano che la viaggiatrice nel tempo della famiglia fosse invece sua cugina Charlotte. Per fortuna al fianco di Gwen ci saranno, nel corso dei tre romanzi, molti alleati: il fantasma settecentesco James che soltanto lei può vedere, l’amica e compagna di classe Leslie, un demone sotto forma di doccione di nome Xemerius, ma anche la sua prozia Maddy, il maggiordomo di casa e, a sorpresa, anche Raphael, il fratello minore di Gideon.

I PERSONAGGI
Vista la vastità dei personaggi incontrati tra le oltre 900 pagine della serie ritengo sia opportuno concentrarsi soltanto su quelli principali.

GWENDOLYN: è una studentessa forse un po’ troppo svogliata e non ha il benché minimo interesse per i viaggi nel tempo... finché non scopre che è lei la portatrice del gene che la fa sbalzare in altre epoche. Nel corso dei tre romanzi si evolve, in qualche modo, e di certo dimostra di avere spirito di iniziativa. Peccato che in certi momenti sia forse un po’ troppo infantile e irrazionale.
GIDEON: ha diciannove anni, è uno studente di medicina che però non frequenta l’università quasi mai, dal momento che è sempre impegnato con gli spostamenti temporali, e l’autrice ha cercato forse di non farci capire fin da subito se fosse da considerare un alleato di Gwendolyn o un suo antagonista; purtroppo però ce l’ha spesso fatto passare per un individuo più lunatico di una zitella quarantenne con la sindrome premestruale.
CHARLOTTE: cugina di Gwendolyn nonché sua coetanea (le due ragazze, si scoprirà, sono nate lo stesso giorno), è una ragazza antipatica e invidiosa nei confronti di Gwendolyn. Avendo sempre creduto di essere lei la predestinata viaggiatrice nel tempo di famiglia, non riesce a sopportare il fatto che sia l’altra ad avere avuto il “dono”. Sua madre Glenda, altrettanto antipatica e invidiosa, e la dispotica nonna Lady Arisa sono palesemente schierate dalla sua parte.
LESLIE: la migliore amica di Gwendolyn per una volta si dimostra un personaggio “attivo”, diversamente da molte amiche di protagoniste di romanzi urban fantasy che non hanno un ruolo ben preciso. È Leslie a fare ricerche a proposito dei viaggi nel tempo e di tutti i misteri in cui Gwendolyn si trova implicata, prima in modo più “rudimentale” (ricerche su Google), poi migliorando decisamente la propria tattica.
MR. WHITMAN: professore di letteratura, ammirato da buona parte delle ragazze per il suo bell’aspetto, viene considerato un individuo invadente da Gwendolyn e Leslie, che lo chiamano tra loro “lo scoiattolo”. Fa parte della setta dei Guardiani ed è al corrente del segreto di Gwendolyn e della sua famiglia.
XEMERIUS: è il fantasma di un demone-doccione, Gwendolyn lo incontra in una chiesa durante il suo primo bacio con Gideon. Quando lui si accorge che Gwen può vederlo, decide di “adottarla” e si trasferisce a casa sua.
IL CONTE: personaggio che Gwendolyn e Gideon incontrano più volte nel passato, si dimostra più pericoloso di quanto sembrerebbe nel momento in cui è sul punto di strangolare Gwendolyn usando la forza del pensiero. Ciò nonostante la ragazza sembra nutrire in lui più fiducia di quanto dovrebbe. In “Green” riserverà una sorpresa notevole, sempre che non siate già arrivati da soli prima del tempo a capire di che cosa si tratta.

TESTO, STRUTTURA, EVENTI: COMMENTI
Il modo in cui la Gier scrive è a mio parere fantastico: suscita ilarità, strappa più di un sorriso e fin dalle prime pagine è forse più l’ironia a conquistare, rispetto ai fatti che vengono narrati, sui quali si può dire che per almeno tre quarti delle circa 900-1000 pagine che costituiscono “Red”, “Blue” e “Green” non sia poi così tanto chiaro il fulcro della trama.
Giusto per dovere, ritengo che Kerstin Gier mi abbia conquistata fin dall’inizio, in un tratto del primo capitolo di “Red”:

Di qualsiasi epoca si trattasse, il passato era comunque spaventoso. C’erano sempre guerre, epidemie e peste e bastava dire una parola sbagliata per finire sul rogo accusata di essere una strega. Inoltre esistevano solo le latrine e tutti avevano i pidocchi e al mattino rovesciavano il contenuto dei vasi da notte dalla finestra, senza curarsi se in quel momento passava qualcuno per strada.

Questo passaggio mi ha fatto innamorare della sua ironia spiccata, ma non è certo il solo, in quanto anche i fatti narrati spesso sono piuttosto divertenti... in prevalenza, però, ad essere divertenti sono quelli “secondari”, che seppure connessi alla trama principale fanno un po’ da contorno, senza mai rivelarsi, a conti fatti, troppo dispersivi (è vero che inizialmente il lettore può essere propenso a chiedersi quale sia l’utilità, ai fini della trama, del fantasma della scuola James e del demone-doccione Xemerius, ma specie in “Green” anche questi piccoli nodi iniziano a venire al pettine e si capisce che non sono stati messi a caso).
Il testo è comunque scorrevole, almeno in prevalenza, anche se talvolta risulta forse un po’ confusionaria la suddivisione dei capitoli.
E qui ho iniziato a introdurre anche i lati negativi. In particolare, però, ancora più che la suddivisione dei capitoli (in cui di fatto si ritrovano di seguito eventi non connessi l’uno con l’altro, oppure eventi che si susseguono vengono spezzati da un capitolo all’altro senza dare al primo dei due capitoli in questione un finale che faccia salire la suspense), il difetto davvero lampante è a mio parere un altro: la suddivisione in tre romanzi. Non ho una grande esperienza nelle serie, ma in quelle che ho letto finora il passaggio tra un romanzo e l’altro, seppure labile, aveva una sua coerenza. Qui non c’è, l’unica ragione alla base della suddivisione tra un romanzo e l’altro sembra sia stata questa: “bene, abbiamo già trecento pagine scritte, chiudiamo il primo volume e iniziamo il secondo, pronti a fare lo stesso tra altre trecento pagine, riepilogando tra le pagine i fatti capitati nel romanzo precedente”. Risulta ben evidente, di fatto, che l’aver dato vita a una trilogia sia una mera scelta editoriale, in quanto di fatto non si tratta di tre romanzi, ma di un solo lungo romanzo uscito in tre volumi, ciascuno dei quali con il suo prologo e il suo epilogo.
A questo proposito, peraltro, già dall’epilogo del secondo romanzo ho capito distintamente quale fosse il “mistero” legato alla nascita di Gwendolyn, uno dei vari misteri che si trovano tra le pagine, ma che cadono nel dimenticatoio.
Vorrei inoltre azzardarmi a bocciare inoltre un paio di scene che mi hanno fatto davvero storcere il naso per diversi motivi, quella delle studentesse in mensa e quella di Xemerius che cerca di attirare l’attenzione di Gwendolyn.
1) Studentesse in mensa: queste ogni santo giorno si lamentano che il cibo (qualsiasi cibo, come se non ci fosse mai nulla di commestibile), il primo capitolo di “Red” inizia le lamentele sul cibo si ripetono almeno una dozzina di volte nel corso di “Red”, “Blue” e “Green”. Mi sembra una vera esagerazione e un vero abuso di una scena rivista e rivista, specie nei film americani (nonché scena stereotipata fino allo sfinimento). Nel romanzo ambientato a Londra di un’autrice tedesca, inoltre, stona ancora di più.
2) Xemerius che canta canzoni strane per attirare l’attenzione di Gwendolyn, quando si accorge che lei può vederlo, ma lei non vuole rispondergli, è una scena stupenda e di per sé fa sorridere. Peccato che mi sia sembrato qualcosa che avevo già visto: mi sembra molto una scopiazzatura del primo incontro tra Patrick Swayze e Whoopi Goldberg in “Ghost”, quando lei neanche se lo filava e lui, pur di farsi ascoltare, è rimasto a cantare tutta la notte nella sua stanza.
Infine ho dei dubbi sul fatto che l’autrice abbia optato per infilare una storia d’amore idealizzato in un contesto urban fantasy. Niente da dire su questo di per sé, il paranormal romance e l’urban fantasy spesso vanno avanti l’uno accanto all’altro, ma il rapporto tra Gwendolyn e Gideon mi pare alquanto improbabile e mi sembra in apparenza un po’ una forzatura, tanto più che non era del tutto necessaria (forse per niente necessaria) in questo contesto: per intenderci la nascita di un rapporto di amicizia tra i due protagonisti sarebbe stata molto più credibile, a mio avviso, rispetto a una storia d’amore. Parliamo infatti di due persone che non si fidano l’uno dell’altra, che in certi momenti si trovano tutt’altro che simpatici... ma che si mettono a limonare nei momenti più improbabili ogni volta in cui ne capita l’occasione e che, dopo una decina di giorni che si conoscono arrivano a sostenere che per ciascuno dei due senza l’altro la vita non avrebbe senso. Il fatto di voler far mettere insieme per forza due persone che non hanno la benché minima affinità, solo per il fatto che hanno pochi anni di differenza e che sono un ragazzo e una ragazza, mi pensare a un’incoerenza, che però potrebbe permettere di conquistare un pubblico di ragazzine. A questo proposito aggiungo che soltanto un pubblico di ragazzine potrebbe trovare realistico, a un certo punto di “Blue”, il fatto che Gwendolyn, quando si convince che Gideon la stia raggirando, abbia maturato questa convinzione preferendo credere a un quasi-sconosciuto che ha tentato di strangolarla tramite telecinesi piuttosto che al suo ragazzo.

Valutazione: 4/5
Si tratta di una lettura sicuramente leggera e piacevole, come ho già accennato è scritto in maniera piuttosto ironica e porta il lettore a farsi ben più di una risata. A questo però si associano anche i difetti che vi ho riscontrato, in particolare quello di spezzare in tre romanzi, facendo diventare il testo ripetitivo (di fatto, per chi legge i romanzi uno dopo l’altro non c’è alcun bisogno che la voce narrante riepiloghi di volta in volta cos’è capitato prima), quello che di fatto è un romanzo unico. Nell’attribuirne la valutazione ho deciso di chiudere un occhio e di mettermi una benda davanti all’altro a proposito della (enorme) pecca che vi riconosco.
In ogni caso ringrazio Dany the Writer per avermi fatto conoscere Kerstin Gier e la Trilogia delle Gemme: sono felice di avere ascoltato il suo suggerimento di lettura e, se avete voglia di passarvi il tempo e volete leggere qualcosa che vi faccia anche divertire, sono io a suggerire questa serie a voi.

lunedì 18 marzo 2013

RECENSIONE: "Princess" di Lauren Kate



Lauren Kate è autrice della celebre serie urban fantasy – paranormal romance “Fallen”, composta da quattro romanzi e da uno spin-off degli stessi.
Il suo romanzo d’esordio, però, è il meno famoso “Princess, o “The Betrayal of Natalie Hargrove” [traduzione: “il tradimento di Natalie Hargrove”] che si distingue dalla serie per essere, in linea generale, di altro genere.
“Princess” infatti si colloca tra lo Young Adult e il Thriller.

Prima impressione
L’edizione italiana, di Rizzoli, mostra immediatamente due punti di debolezza: titolo e copertina.
Il titolo in inglese, plausibile se fosse stato lasciato quello originale, stona se è stato cambiato radicalmente. È per qualche verso collegato alla trama, ma forse in misura minore rispetto a quanto potrebbe essere spontaneo pensare. Il titolo originale, invece, ha un legame sicuramente maggiore con i fatti narrati, anche se tradotto in italiano renderebbe forse meno che in lingua originale (ed è un titolo alquanto lungo e forse ostico per chi non conosce l’inglese per poter essere lasciato in lingua originale in un’edizione italiana).
La copertina, inoltre, è di dubbia interpretazione: raffigura infatti una ragazza avvolta in un ampio mantello rosso, la cui connessione con la protagonista è sfortunatamente inesistente.
Un punto a favore è sicuramente quello della copertina dell’edizione originale: rappresenta appunto una ragazza dai capelli neri, in linea con la descrizione della protagonista, che indossa un elegante abito d’altri tempi, in linea con la descrizione che viene data di lei in occasione della festa in cui accadrà quello che di fatto costituisce il punto centrale del romanzo.

La trama
Natalie è una studentessa americana, giunta all’ultimo anno delle scuole superiori. È la sua ultima occasione per diventare reginetta del ballo scolastico e sa di avere buone possibilità per riuscirci. Il suo più grande desiderio è che il suo fidanzato Mike – giocatore di football, bello, ricco e che non sa niente a proposito del suo passato vissuto nei bassifondi della città, prima che sua madre diventasse ricca grazie a un matrimonio d’interesse – possa divenire la sua controparte femminile. Il titolo di Mike, però, è conteso da Justin, compagno di squadra di Mike. Se per Mike il titolo non è una priorità, lo è per Natalie, e per lei è prioritario che lo vinca anche Mike.
A questo proposito Natalie ha un’idea: far sì che Justin si renda ridicolo davanti a tutti in modo da influenzare l’esito del voto. È così che, dopo una festa di carnevale, convince Mike ad aiutarla a far ubriacare Justin e, quando questo rasenta i limiti del coma etilico, lo trasportano nel piazzale della chiesa. Natalie decide di legarlo, in modo che sia costretto a rimanere lì, travestito da prostituta, finché non arriverà la gente per la messa del mattino seguente. In una tasca Justin tiene un flacone di pillole e, pensando che si tratti di droga, Natalie le porta via; non sapendo che si tratta di pillole salvavita, a causa della cui assenza Justin morirà nel corso della notte.
L’esistenza di Natalie e Mike a quel punto cambia radicalmente, la consapevolezza di quello che è accaduto li sconvolge, seppure in modo diverso l’uno dall’altro, fino all’imprevedibile – e forse inevitabile – epilogo.

Testo e struttura
Il romanzo è suddiviso in capitoli narrati in prima persona, eccetto prologo ed epilogo; mentre l’epilogo sembra essere abbastanza coerente, il prologo sembrava invece non essere particolarmente invitante e meno travolgente della storia che viene narrata a partire dal primo capitolo.
In questo contesto, però, si innesca quella che è probabilmente la più grande pecca di “Princess”. La protagonista, Natalie, è un personaggio piuttosto stereotipato (l’adolescente americana bella e ricca che mette al centro della propria esistenza la reputazione davanti ai compagni di scuola e la possibilità di essere eletta reginetta del ballo scolastico); questo di per sé non è negativo visto il modo in cui Lauren Kate ce la propone.
Il primo capitolo, infatti, inizia così:

Quella sarebbe stata la settimana più importante della mia vita. Mancavano dieci minuti alla campanella. Ciondolavo con aria indifferente accanto al bagno delle ragazze del secondo anno, intenta a perfezionare una delle attività che mi riuscivano meglio. Oh, origliare è una parola talmente orribile! Soprattutto quando io la trasformo in arte raffinata. [...]

Si intende fin da subito un’ironia alquanto marcata, che trascina i lettori nel corso dei capitoli, dal quale si intende che presumibilmente l’autrice non intende presentarci Natalie come un personaggio di spiccata originalità, ma appunto trovare un modo efficace per proporre quella che, almeno in apparenza, è una vicenda trita e ritrita.
Il problema è che, dopo la già citata morte di Justin, questa ironia si perde all’improvviso, creando quasi una spaccatura sul “prima” e sul “dopo”. Se da un lato ci sono capitoli ironici in cui Natalie ha il titolo di reginetta della scuola come priorità, dall’altro c’è una Natalie – descritta con serietà – preoccupata non tanto per avere causato la morte di una persona tanto quanto per la possibile perdita della sua reputazione, perché lei un tempo abitava in una roulotte con un padre violento e alcolizzato poi finito in carcere, e soltanto grazie al secondo matrimonio di sua madre – a cui ne è seguito poi un terzo e sta per seguirne un quarto – è diventata ricca e ha acquistato potere agli occhi di tutti.
La fine dell’ironia lascia cadere le considerazioni antecedenti: la vicenda inizia a non essere più vista e rivista, ma da un lato la protagonista che prima era già stereotipata, viene inserita in un contesto in cui anziché ridere degli stereotipi si finisce per essere infastiditi dagli stereotipi.

I personaggi e l’intreccio tra personaggi
A parte Natalie, gli altri personaggi – forse per scelta dell’autrice che voleva dare risalto in particolare alla protagonista? – tendono ad essere incolori e spesso insignificanti per la trama: sono molti infatti quelli che appaiono specie nei capitoli introduttivi, per poi non fare più il loro ingresso fino alla conclusione. Lo stesso Mike, che occupa abbastanza spazio nella storia, tende a non essere un personaggio molto memorabile e poco caratterizzato.
Per quanto riguarda gli intrecci esistenti tra i personaggi questi non sono molto intricati; resta comunque un lato positivo in quanto, fino al capitolo finale, non si scopre la ragione dell’odio in apparenza ingiustificato che Natalie prova nei confronti di Justin. Questo è però un lato sia positivo sia negativo: se da un lato mantiene la sorpresa fino alla fine, dall’altro il lettore potrebbe essere propenso a chiedersi “tutto qui?” e a perdere quella poca stima – se per caso ancora ne aveva – nei confronti di Natalie.

Valutazione: 3/5
Siamo di fronte a una trama non geniale, dei personaggi non geniali, ma un testo che, a conti fatti, prende e travolge il lettore fino al finale, che però proprio dal finale potrebbe essere infastidito: si ha come la sensazione, infatti, che tutto corra troppo in fretta.
“Princess” è un romanzo da leggere con la consapevolezza che ha dei limiti, ma che tutto sommato si può rivelare una lettura piacevole.


Recensione scritta per il “Corriere della Notte”, numero di marzo 2013, del forum Scrittori della Notte.

domenica 10 marzo 2013

MAXI-RECENSIONE: Lauren Kate, serie “Fallen”



Di Lauren Kate avevo già letto il romanzo “Princess” – per certi motivi che al momento non posso citare la recensione, seppure già pronta, arriverà tra un po’ – e mi sono dedicata, in questa settimana, alla serie “Fallen”, che ho letteralmente divorato.

La serie, pubblicata tra il 2010 e il 2012, si compone di quattro romanzi e uno spin-off:
1) Fallen;
2) Torment;
3) Passion;
3.5) Fallen in Love*;
4) Rapture.

* Il romanzo “Fallen in Love” è uno spin-off strettamente correlato al romanzo “Passion” connesso soltanto in parte con il resto dei romanzi.

Si ricorda che la recensione è scritta sotto il mio personale punto di vista e che non ho intenzione di influenzare nessuno.
NB. È possibile che siano presenti PICCOLI SPOILER; ma ovviamente mi asterrò dallo svelare il finale dei romanzi.


PRIMA IMPRESSIONE
Le copertine sono magnifiche e, di fatto, abbastanza connesse con la trama. Anche se la ragazza della copertina potrebbe non somigliare totalmente a Luce (vedi taglio di capelli) potrebbe essere maggiormente somigliante alle sue “antenate”.
Sono i titoli, al massimo, a parte “Fallen” e “Fallen in Love”, ad essere talvolta un po’ fuori luogo – questa almeno è la mia impressione; magari il problema è solo mio, che come al solito non riesco a capire le cose così come stanno.

LA TRAMA IN BREVE
Lucinda, detta Luce, è una diciassettenne come tutte le altre, almeno finché il suo ragazzo non muore in un incendio divampato misteriosamente mentre si trovava insieme a lei. Da quel momento Luce è guardata con sguardo accusatorio e viene consigliato alla sua famiglia di farla internare in una specie di riformatorio, lo Sword & Cross, nel quale avrà modo di conoscere un ragazzo che le piacerà fin da subito, Daniel.
Daniel, però, sembra non degnarla di uno sguardo e talvolta anche scocciato dalla sua presenza, mentre invece Luce riceve le attenzioni di un altro compagno di scuola, Cam. È in questo contesto inoltre che fa amicizia con Arriane, una ragazza un po’ fuori dal comune, e Penn, una nerd-fino-allo-sfinimento con la quale Luce si trova molto in sintonia.
Ma presto Daniel rivela un interesse per lei, dal quale tenta di sfuggire senza troppi risultati, per via del legame indissolubile che li lega: Luce, infatti, è la sua anima gemella, che ha incontrato in molte vite passate, ma con la quale non ha mai avuto la possibilità di stare veramente insieme...
Il primo romanzo si conclude lasciando intuire uno scontro tra bene e male, ma allo stesso modo lascia comprendere come bene e male siano molto sfaccettati e non siano bene identificabili, in quanto anche fazioni contrapposte sembrano unirsi di fronte a un nemico comune.
Nel secondo romanzo troviamo Luce che abbandona la Sword & Cross per trasferirsi in un collegio che somiglia molto a un villaggio vacanze, dove il suo rapporto con Daniel sarà complicato dalla vera natura di lui, ma i due riusciranno a riunirsi, almeno finché Luce – nel terzo romanzo – non sceglierà di tornare indietro nel tempo per scoprire le sue identità passate.
Il romanzo conclusivo vede andare in scena – tra rivelazioni più o meno sorprendenti – quello che sembra essere uno scontro finale, al termine del quale non solo Daniel, ma anche Luce, dovranno prendere un’importante decisione, che potrebbe cambiare radicalmente l’esistenza del mondo... o almeno la loro (e questo potrebbe deludervi oppure lasciarvi estasiati).

I PERSONAGGI
A mio avviso in questa serie buona parte dei personaggi sono strutturati e caratterizzati in maniera abbastanza positiva (magari non perfetti, ma neanche così tanto criticabili quanto ho letto in altre sedi), e ho apprezzato molto una protagonista che si evolve con il passare del tempo e che agisce in prima persona, invece di rimanere lì a piangere e a lamentarsi in attesa che capiti un miracolo.
Veniamo ad analizzare i principali.

LUCE: è una ragazza che fin da piccola è stata tormentata dalla visione di ombre che, a suo parere, non hanno alcun significato, e la sua situazione peggiora quando, dopo essere uscita con un amico, lo bacia e lui muore nell’incendio che si scatena subito dopo. A seguire Luce finisce in una sorta di riformatorio, in cui appunto iniziano le sue intricate vicende. Specie nei romanzi che seguiranno Luce si rivelerà determinata e, in certe circostanze, sicuramente in grado di badare a se stessa.
DANIEL: nonostante si trovi alla Sword & Cross, l’autrice ci tiene a non farlo passare per un bad-boy fin da subito, al massimo per un ragazzo un po’ rozzo (vedi gestaccio nei confronti di Luce quando ancora non si conoscono), ma comunque non sicuramente un tipo da evitare. Questo è a mio parere un’ottima scelta, in quanto Daniel come bad-boy non sarebbe stato credibile nemmeno per un attimo.
PENN: presente soltanto in “Fallen”, è la tipica nerd, con gli occhiali e non di bellezza esaltante, più o meno l’unica persona che di tanto in tanto pensa allo studio! È una ragazza in apparenza piuttosto cordiale, che seppure non abbia legami di amicizia molto forti, all’interno della Sword & Cross, mantiene comunque buoni rapporti con tutti. A differenza dei suoi compagni non è finita lì per motivi legati al suo passato, ma è arrivata semplicemente in quanto figlia di un dipendente della scuola, che morì lasciandola in affidamento al preside.
ARRIANE: fin dall’inizio sembra un po’ pazzerella, ma nonostante questo con Luce va d’accordo fin da subito; si può dire alla Sword & Cross, dopo Penn sia la persona con la quale la protagonista allaccia il rapporto d’amicizia più stretto. È una ragazza solare, che fa spesso battute sarcastiche anche un po’ a sproposito, alla quale per fortuna è dedicato il giusto spazio.
CAM: nel corso del primo romanzo è un corteggiatore di Luce, che a Luce sembra anche interesse abbastanza, nonostante il suo vero amore sia Daniel. Fin da subito viene presentato almeno velatamente come il cattivo della situazione – senza scendere nello scadente con gli stereotipi tipici da bad-boy – anche se poi, per quel poco che appare nei romanzi successivi, si scopre che non è proprio come appare. Il mio parere è che questo personaggio avrebbe potuto avere molto potenziale, ma che l’autrice l’abbia tenuto un po’ troppo in secondo piano – da “Torment” in poi fa soltanto fugaci apparizioni... ma è bellissima a mio parere quella del suo sé del passato in “Passion” – in un modo tale da sembrare una forzatura. Personalmente sono ancora delusissima dal finale di “Rapture”, in cui non viene svelato che fine abbia fatto!
GABBE: è la classica bella ragazza che sembra attirarsi le simpatie del sesso maschile e che inizialmente viene detestata nonostante non abbia fatto nulla per farsi detestare; ad un certo punto del primo romanzo Luce sostiene che una come Gabbe non potrà mai diventare sua amica – pensiero dettato prevalentemente dal fatto che Gabbe sembra avere una storia con Daniel... sembra, appunto – ma nel corso del tempo le cose cambiano.
ROLAND: amico di Daniel e Arriane, seppure per buona parte della serie sia un personaggio secondario mi è piaciuto parecchio e mi è rimasto impresso, anche per lo spazio che gli è dedicato in “Fallen in love”, ma non solo. È uno di quei personaggi a cui avrei gradito che fosse stato riservato un po’ più di spazio.
MOLLY: per tutto il primo romanzo, dove è comunque un personaggio abbastanza secondario, interpreta il ruolo dell’antipatica di turno – finalmente un’antipatica che non corrisponde allo stereotipo ricca-sexy-amante dello shopping! Epic win! – che vuole mettere i bastoni tra le ruote a Luce. L’unica cosa che posso aggiungere, al fine di evitare di spoilerare troppo, è che nel corso dei romanzi si rivela un po’ diversa dalle apparenze iniziali.
MISS SOFIA: è l’insegnante di religione alla Sword & Cross, praticamente l’unica insegnante a cui è dato abbastanza peso; agli studenti sta tendenzialmente abbastanza simpatica (diversamente dagli altri professori ha infatti un atteggiamento molto meno da inquisitrice) e sembra avere informazioni a proposito di Luce che questa ignora. Appare in “Fallen” e poi ricompare in “Rapture” e il suo ruolo riveste una certa importanza.
SHELBY: appare in “Torment”, romanzo in cui ha un ruolo di primo piano, che sarà poi secondario nei romanzi successivi (eccetto nello spin-off “Fallen in love”), è una ragazza che Luce si ritrova come compagna di stanza al momento del suo trasferimento nel collegio pseudo-villaggio turistico all’inizio del secondo romanzo. Nonostante la sua personalità – Shelby è piuttosto scorbutica e all’inizio sembra preannunciarsi per lei un ruolo da impicciona antipatica – finisce ben presto per stringere amicizia con la protagonista.
MILES: anche lui, come Shelby, appare in “Torment” e il suo ruolo, primario in quel romanzo, diminuisce in quelli successivi (a parte “Fallen in love”, appunto), è uno delle prime persone con cui Luce fa amicizia nella nuova scuola. Insieme a Shelby si può dire che sia il suo amico più intimo nella nuova scuola; e inizialmente sembra molto attratto da lei seppure sappia del legame esistente tra Luce e Daniel. In “Fallen in love” si avrà modo di vedere che il suo interesse si sposta su un’altra ragazza.

I personaggi che, a mio parere, avrebbero potuto essere approfonditi meglio, sono in particolare Phil (di “Torment” e “Rapture”) che mi sembra abbastanza piatto e poco caratterizzato, Annabelle (importante soprattutto in “Rapture” ma già comparsa in “Fallen” e “Passion”) di cui a parte il fatto dei capelli rosa viene detto poco e niente, ma soprattutto Dee (in “Rapture”) che seppure importante mi sembra la più piatta di tutti.

TESTO, STRUTTURA, EVENTI: COMMENTI
Il testo è molto scorrevole e, a mio parere, avendo già letto un romanzo di Lauren Kate comunque me lo aspettavo.
La serie è suddivisa in quattro romanzi e uno spin-off in cui, di fatto, non c’è troppo di utile ai fini della trama, eccetto il fatto che viene spiegato come Arriane si sia procurata una cicatrice sul collo. Nello spin-off ho apprezzato particolarmente la prima parte, dedicata a Shelby e Miles, e anche le altre tutto sommato non erano male, però a mio parere avrebbero potuto essere incluse, magari con accenni, in “Passion”, invece di dover comportare un romanzo a sé (peraltro ambientato completamente nel Medioevo – epoca che detesto... che sia questo il motivo per cui l’ho trovato un po’ noiosetto in certi punti?). Per il resto gli altri quattro romanzi, sulle 400 pagine – forse più – ciascuno, non mi sono sembrati troppo lunghi, nonostante l’effettiva lunghezza.
Ciò che apprezzo di meno è il fatto che ci sia qualche piccolo dubbio – quello al punto 4 in realtà non è proprio piccolo, ma è uno di quei dubbi in grado di far imbufalire un’orda di lettori – che non è stato chiarito:
1) relativamente a “Fallen”, si dice che Penn è piuttosto freddolosa e porta fino a sei maglioni l’uno sull’altro... credevo che avesse qualche spiegazione, invece Penn era davvero soltanto freddolosa?
2) Jules e Phillip (chi è il maschio e chi la femmina? Mistero...), la coppietta messa in punizione nella scuola-riformatorio per avere tentato di fuggire (“Fallen”), di cui nessuno ha più notizie, che fine ha fatto?
3) i parenti presenti al Giorno dei Genitori (“Fallen”) chi caspita erano?
4) Ma soprattutto che fine ha fatto Cam?! Senza voler spoilerare, nell’epilogo c’è questo piccolo accenno a lui:

«Qualcuno ha notizie di Cam?» chiese Shelby. Per qualche istante tra le nuvole calò il silenzio. Poi Shelby si schiarì la voce e si rivolse a Miles. «Be’, a proposito di cose che non sono eterne... l’orario della babysitter è quasi scaduto. La scorsa settimana ci ha fatto pagare un extra quando la partita dei Dodgers è finita ai supplementari.»

Ma non mi sembra che sia sufficiente per capire che cosa gli sia successo. Detto tra noi, ho letto qua e là qualche commento dei fan in internet – la maggior parte ragazze inferocite per non sapere che fine abbia fatto Cam (che è un figo, punto e basta, ma che dal secondo romanzo in poi nella parte del cattivo non è più credibile e infatti finisce, in modo comunque abbastanza coerente e sensato, per cambiare ruolo) – e le interpretazioni date a questo passaggio sono molto concordanti l’una con l’altra... ehm, forse non proprio!
Ecco le interpretazioni di cui ho letto, relative alla fine che fa Cam:
1) Cam si è schierato con il male ed è finito all’inferno (il che sarebbe in contrapposizione con il fatto che gli angeli schierati dalla parte del male fino a quel momento andavano in giro per la Terra sotto le mentite spoglie di studenti e professori);
2) Cam si è schierato con il bene e ora si trova in paradiso (peccato che per gli angeli schierati dalla parte del bene valgano le stesse considerazioni di cui sopra);
3) Cam non è schierato da nessuna parte per mantenere l’equilibrio cosmico (anche per gli angeli non schierati, comunque, valgono sempre le stesse considerazioni);
4) Cam è stato ucciso (potrebbe essere plausibile, in effetti... ma da chi? e per quale motivo?).

Dall’altro lato c’è una cosa molto positiva in questo romanzo: c’è una variante fondamentale rispetto alla maggior parte dei romanzi appartenenti al genere! Di solito nel paranormal romance la protagonista si innamora del bel protagonista maschile un nanosecondo dopo averlo visto “perché sì, questo è fantasy e non ho bisogno di dare spiegazioni, gli eventi capitano senza un motivo ben preciso”, mentre qui si innamora di lui per effetto di una maledizione, proprio come le era accaduto in tutte le sue vite precedenti.
È sicuramente ottima anche l’ambientazione in una specie di riformatorio, di sicuro non molto canonica nei romanzi appartenenti a questo filone.

FALLEN VS. HUSH HUSH?
La serie “Fallen” di Lauren Kate è da molti lettori paragonata a “Hush hush” di Becca Fitzpatrick. Perché? Essenzialmente perché parla di angeli caduti. La realtà, però, è che la serie della Fitzpatrick è ben diversa da quella di Lauren Kate; e a mio parere è la serie di Lauren Kate ad uscire vincitrice da questo confronto.
Che cosa intendo con queste parole? È molto semplice: la serie “Fallen” è incentrata sull’amore tra Lucinda e Daniel, ma è concentrata anche sui personaggi con cui questi interagiscono, che hanno ciascuno (chi più, chi meno – vedi paragrafo dedicato ai personaggi) una propria personalità; per “Hush hush” non è così, c’è poco oltre ai protagonisti.... solo qualche personaggio peraltro piuttosto stereotipato.
Diciamo le cose come stanno; “Hush hush” si basa sulle seguenti assunzioni:
1) il nuovo arrivato nella scuola superiore, sul quale la pseudo-nerd mette gli occhi;
2) il nuovo arrivato – anche quando nessuno ancora lo conosce – ha la fama del bad-boy;
3) se sei ricca, magra e appassionata di shopping, allora sei una stronza e lo resterai fino alla fine dei tuoi giorni anche nei confronti di persone che con te non si comportano male;
4) se sei bionda e grassottella, non hai altro interesse che le diete;
5) se sei un’adolescente di sesso femminile, tua madre minaccerà di ucciderti solo perché parli con un ragazzo (per giunta tuo compagno di scuola);
6) la gente va nei locali in cui si gioca a biliardo non per giocare a biliardo ma per picchiare e/o accoltellare qualcuno;
7) se hai origini italiane, sarai visto come un mafioso dai tuoi vicini di casa;
8) se seduci un ragazzo tanto perché ti va e all’ultimo ti tiri indietro e non gliela dai, lui sarà colpevole di avere ipotizzato che volessi portartelo a letto e sarà malvisto per questo;
9) se davanti a casa tua parlerai con un ragazzo (peraltro tuo compagno di scuola) tua madre si incazzerà a morte, mentre se scapperai di casa ripetute volte nel cuore della notte tua madre neanche ci farà caso;
10) se per salvare il mondo il tuo ragazzo dovrà chiedere un consiglio a una sua ex a cui non è più interessato, sarà normale che tu ti preoccupi non del mondo che rischia di essere distrutto ma di fargli delle ridicole scenate di gelosia.
Non sono forse stereotipi da teen-drama americano? Ebbene sì, in “Hush hush” – seppure dotato di una trama che coinvolge – c’è tutto questo. In “Fallen” no. Se mai questa serie deve avere un punto di debolezza nei confronti dell’altra è piuttosto la continuità tra romanzi. Se dopo avere letto il primo romanzo di “Hush hush” non hai voglia di continuare, hai raggiunto una conclusione. Con “Fallen” non è così: di fatto il primo romanzo sembra tutto tranne che una storia autoconclusiva e tra l’altro sembra abbastanza slegato dal secondo. Fortunatamente io ho scoperto questa serie dopo che già era conclusa e ho potuto leggere tutto in una settimana.
Altro punto di vantaggio di “Hush hush”: la Fitzpatrick non si propone di riscrivere la Bibbia a suo piacere. È anche vero che “Fallen” non ti pone le cose dal punto di vista “è fantasy, quindi dico quello che mi pare”, ma dà anche una spiegazione. Guardando le cose da un altro punto di vista, si potrebbe elogiare la fantasia di Lauren Kate.
Veniamo inoltre a un’ulteriore differenza: sebbene sia “Hush hush” sia “Fallen” siano incentrate su una sorte di guerra (Angeli caduti vs. Nephilim nel primo caso, Bene vs. Male ma con sfaccettature varie nel secondo), la serie della Fitzpatrick è forse più apprezzata da chi ama maggiormente gli spargimenti di sangue, mentre “Fallen” da chi non li ama particolarmente.
Il punto in comune che forse lascia più l’amaro in bocca è però il seguente: entrambe le serie fanno fare una brutta fine a qualche personaggio amato dai lettori.
Veniamo comunque alla conclusione. Di fatto in che cosa si somigliano queste due serie? Direi nei seguenti due punti:
- ci sono angeli caduti;
- c’è un amore idealizzato per il quale si rinuncia a tutto il resto (famiglia e amici compresi).
Considerando che siamo nel contesto paranormal romance, non ci vedo niente di così sconvolgente. Le differenze, tutto sommato, mi sembrano molte di più rispetto alle somiglianze.

Valutazione: 4/5
Forse è esagerato come voto, visti i punti di debolezza che ho già citato sopra, non lo so. Ha influito molto anche il 3,5 che a suo tempo ho attribuito a “Hush hush”, una serie a mio parere avvincente, ma troppo legata agli stereotipi dei film americani per adolescenti. Ha influito anche, nella mia valutazione, il fatto che comunque questi romanzi mi abbiano coinvolta parecchio.
Come la maggior parte dei paranormal romance, comunque, ho l’impressione che possa essere apprezzato più dalle ragazze che dai ragazzi.

sabato 9 marzo 2013

RECENSIONE: “Chi perde un amico” di Margaret Millar


“The Soft Talkers”, è questo il titolo originale, è uscito nel 1957 e fa parte della vasta produzione di Margaret Millar, la giallista che ho già citato qualche tempo fa. Sono riuscita a procurarmi alcuni suoi romanzi e questo è il primo che ho avuto occasione di leggere.
Ho pensato naturalmente di arricchire il blog con una recensione in proposito.

La trama
Ron Galloway è atteso per una breve vacanza tra amici, a base di pesca, alcolici e lontananza dalle mogli, con scarsa soddisfazione da parte della sua consorte Esther.
I suoi amici, però, lo aspettano invano, in quanto Ron non si presenta. L’ultima persona ad averlo visto sembra essere Thelma, la moglie di Harry, uno dei suoi amici. Pare che Ron si sia presentato lì perché in origine aveva in programma di andare via insieme a Harry, ma che abbia trovato solo Thelma in quanto Harry era già partito.
Stando a quanto dichiara Thelma, al telefono con Ralph, un altro degli amici di Ron, quest’ultimo ha lasciato casa sua per dirigersi al loro raduno, ma risulta che non si sia mai presentato. A Ralph, inoltre, Thelma confida inoltre che lei e Ron hanno una relazione e che quando lui si è presentato a casa sua, qualche ora prima, lei gli ha rivelato di essere incinta e che il padre del bambino è proprio lui.
Da allora nessuno ha più visto Ron, anche se pare che, prima di scomparire, abbia telefonato a Dorothy, la sua prima moglie con la quale non aveva più alcun contatto, altro punto che sembra non avere una spiegazione...

I personaggi
Una pecca di questo romanzo è, a mio parere, la scarsa caratterizzazione della maggior parte dei personaggi; la cosa più strana è che Ron, che compare soltanto nei primi capitoli, sembra essere uno di quelli meglio caratterizzati, mentre quasi tutti gli altri si perdono a poco a poco nel romanzo.
Ron: si intuisce fin da subito che è il classico playboy che non ragiona con il cervello ma con il... sì, insomma, avete capito. Ha sposato un’ereditiera, Dorothy, presumibilmente per interesse, per poi lasciarla non appena Esther gli è capitata davanti, convinto che fosse questa la donna della sua vita. Visto come si mettono le cose tra lui e Thelma, però, sembra che non gliene importi un bel nulla neanche di quella che doveva essere la donna della sua vita.
Thelma: eccetto il fatto che questa è rotondetta e fisicamente non corrisponde agli stereotipi della classica oca svampita, Thelma per buona parte del romanzo sembra essere abbastanza vicina al ruolo dell’oca svampita, che si mescola con quello della donna un po’ tonta che non sa bene che cosa stia facendo. Sembra inoltre essere praticamente ossessionata da Ron. Non temete: riserverà una sorpresa!
Harry: la cosa che rimane impressa sicuramente più di tutto il resto – a parte il fatto che sembra avere le fette di prosciutto davanti agli occhi e non accorgersi che la moglie lo tradisce – è il fatto che sia fissato con i medicinali. Lavora infatti per una casa farmaceutica e a quanto pare se ne va in giro con un kit di farmaci, dal momento che ogni volta che qualcuno ha qualsiasi tipo di malanno, lui gli offre sempre pillole adatte al caso.
Ralph: è indubbiamente il classico individuo che non c’entra nulla con quello che accade, ma che viene tirato in mezzo da tutti, in primo luogo da Thelma che gli fa le sue confidenze. È successivamente destinato ad avere un’importanza minima per buona parte del romanzo, per poi avere il suo momento di gloria nel finale, quando incredibilmente è lui a risolvere il caso.
Esther: è la classica donna cieca che si è messa insieme a un uomo già sposato e che, quando lui ha lasciato la moglie, pensava che non potesse farlo di nuovo. L’unico problema è che, non appena scopre che non è così, diventa acida come uno yogurt scaduto... e dal momento che sospetta una relazione tra Ron e Thelma fin dal primo capitolo, potete immaginarne le proporzioni.
Dorothy: compare in un capitolo e rimane impressa; è un’ipocondriaca che è convinta di essere gravemente malata, sempre circondata di infermiere, in attesa di una morte che a suo dire è vicina. Seppure sia un personaggio abbastanza insopportabile, mi sembra che sia uno di quelli che possono rimanere meglio impressi.

Testo, struttura e considerazioni
Credo che sia opportuno partire dagli evidenti – a mio parere – punti di debolezza, che si possono schematizzare come segue:
1) Testo non troppo scorrevole: il punto di vista cambia ripetutamente, anche da una frase all’altra; naturalmente non voglio sindacare sulla correttezza o scorrettezza di questa scelta – la scrittura non è una scienza esatta – ma in certi punti è molto disorientante.
2) Il romanzo va troppo lento all’inizio: ci vuole almeno metà del romanzo affinché venga trovato il cadavere di Ron. Seppure io non sia una fanatica delle regole fisse, una delle regole non scritte del giallo classico è: il lettore vuole un cadavere, ma non solo... lo vuole subito. Un giallo è tale perché c’è un mistero da risolvere e, finché non sai com’è morto il morto (appunto), è molto difficile iniziare a farsi delle idee.
3) Strettamente collegato al punto precedente, ci sono troppe digressioni che appunto rallentano la trama: mentre se ne andava Ron ha investito il cane di un’anziana signora e le ha dato in cambio un portafoglio pieno di soldi? una bambina ha trovato il berretto di Ron su una spiaggia mentre andava a scuola? Dunque, non si poteva riassumere in poche parole, tutto ciò? Questi personaggi sono tutt’altro che legati alla trama. Perché mettere un capitolo intero – e neanche breve – in cui l’anziana discute con la figlia a proposito del portafoglio? E perché narrare vita, morte e miracoli della bambina e della sua maestra, oltre che addirittura elencare le diverse confessioni religiose a cui appartengono le famiglie dei compagni di classe? La trama perde buona parte della sua linearità e il lettore può esserne disorientato.
4) Il romanzo va troppo veloce alla fine: se all’inizio scorre troppo lento, nel finale si presenta invece l’esatto opposto. La morte di Ron – neanche a dirlo – è passata per un suicidio e naturalmente la vita degli altri personaggi continua. Trascorrono mesi e mesi, trascorre più di un anno... c’è chi si trasferisce, c’è chi diventa irrilevante... tutto questo accade nel giro di pochi capitoli. Unito alla lentezza con cui la storia parte, questo è uno dei fattori che mi hanno convinta di meno.

Questo romanzo è solo lati negativi? Sicuramente no. L’intreccio tutto sommato non è affatto male, la trama non è troppo scontata per il genere (un giallo è un giallo, e generalmente qualcuno muore; e inoltre nella maggior parte dei gialli classici, specie quelli che coinvolgono gente comune, la vita sentimentale non troppo tranquilla è la seconda principale causa di morte dopo faccende legate all’eredità – questi sono i presupposti e chi si mette a leggere un giallo sa che l’originalità non sta nei fatti in sé, ma nei dettagli) e soprattutto il finale è abbastanza sorprendente e ti fa pensare “no, non ho sprecato il mio tempo”.

Valutazione: 3/5
Non è un capolavoro del giallo (ma forse avendo iniziato a divorare i romanzi di Agatha Christie a dodici anni sono troppo esigente), ma tutto sommato si legge volentieri; sarà anche che è breve, ma ci ho messo davvero pochissimo. Personalmente mi ha invogliata a leggere anche qualcos’altro della stessa autrice e, dal momento che sono tutti romanzi abbastanza “datati”, in rete potete trovare facilmente dei PDF free dei suoi romanzi.