domenica 19 maggio 2013

RECENSIONE: “Remember” di Vania Previte

È tempo di una nuova recensione e stavolta voglio occuparmi di “Remember” di Vania Previte. Ho scoperto questa autrice per caso, su forumcommunity, e dal momento che la trama del suo romanzo mi sembrava interessante le ho chiesto di leggerlo, allo scopo di recensirlo per il blog. Devo dire che è stata una buona idea, anche se per un motivo o per l’altro mi è stato difficile non farla aspettare. Quindi Vania, ti chiedo scusa per avere impiegato così tanto tempo.
Ma andiamo con ordine... Vania è una giovane autrice emergente (è più giovane di me) e “Remember” è il suo primo romanzo, di genere paranormal romance.

Prima impressione
La copertina è meravigliosa, il titolo è un po’ arcano (soltanto verso la fine del romanzo ho capito a che cosa si riferisca)... in generale non so dire se, vedendo il libro in libreria, l’avrei comprato, ma l’unica cosa che posso dire, a posteriori, è che non si tratta soltanto di una bella copertina, ma c’è qualcosa di più!

La trama
Elly è una liceale sognatrice e molto introversa, che non riesce a costruire rapporti con le persone (a parte con l’invadente fino allo sfinimento amica Tiana). Le cose cambiano, però, quando conosce Danny, un nuovo compagno di scuola che allo stesso tempo la affascina e le suscita, per qualche verso, repulsione (perché, almeno in apparenza, sembra frequentare persone con le quali Elly non è in buoni rapporti).
Quello che sembra essere destinato ad essere un amore non corrisposto che non porterà da nessuna parte, se non all’immaginazione (Danny appare in molti sogni di Elly), le cose cambiano: i due, che prima erano due estranei, prendono a frequentarsi, inizialmente come semplici amici, quando vengono scritturati come co-protagonisti nello spettacolo teatrale della scuola, in cui dovranno interpretare rispettivamente Elin e Dragon, il cui amore fu ostacolato sia dai figli dell’acqua a cui la ninfa Elin appartiene sia dai figli del fuoco a cui appartiene Dragon.
Elly inizia a frequentare anche la casa in cui Danny vive con il suo tutore, un luogo che trova piuttosto insolito... ma del resto la vita di Elly è sempre stata abbastanza insolita... perché lei è proprio la reincarnazione di Elin e Danny non è altro che Dragon, il suo amore perduto.

I personaggi
A mio avviso i personaggi di questo romanzo sono talvolta un punto di forza, specie tenendo conto che il romanzo si incentra in prevalenza sui personaggi stessi, ma in altre circostanze tendono a lasciare un po’ di perplessità. Talvolta, infatti, specie all’inizio, sono troppo incentrati su stereotipi da teendrama (come ad esempio essere di bell’aspetto, vestirsi bene e avere gusti simili a quelli di altre persone è inteso come indice di crudeltà; mentre sono invece buone tutte le persone di aspetto meno bello, che scelgono di fare cose diverse dagli altri solo perché ciò che piace agli altri deve essere per forza disprezzabile e che invece di indossare vestiti che valorizzano il loro aspetto si vestono in modo sciatto e trasandato). Questo aspetto, talvolta un po’ sgradevole, svanisce però quando la trama passa oltre e il mondo in cui Elly è abituata a vivere passa in secondo piano.
Valutando che l’autrice è al primo romanzo si può dire che, nel rendere i personaggi caratterizzati abbia ottenuto un buon risultato, ma che per i suoi lavori futuri ci sia un margine di miglioramento.

Testo e struttura: commenti e impressioni
Dal punto di vista grammaticale il testo è molto scorrevole, e a questo contribuisce anche il fatto che non stravolga, come talvolta accade anche nello scritto tendendo a trasporre su carta una lingua troppo “parlata”, le regole della sintassi. Apprezzo sicuramente questo lato, ma non posso fare a meno di notare come, dall’altro lato, il testo non sia sempre impeccabile: ci sono vari errori ortografici o di battitura e in taluni casi anche errori sintattici.
Un’altra cosa che non mi torna è questa:
“Scricciolo era il soprannome che mi aveva dato mio fratello perché sosteneva che somigliassi ad un vero e proprio scoiattolo.”
La protagonista somiglia a un piccolo roditore e viene paragonata a uno scricciolo ovverosia un piccolo uccello? Se tra le due cose c’è un nesso, sinceramente non riesco a capire quale.
E purtroppo oltre a questa ci sono anche altre piccole imprecisioni (compresa la protagonista che a un certo punto bussa al campanello, andando a casa di Danny).
I fattori appena analizzati mi portano a pensare che, se da un lato il romanzo è scritto in maniera molto curata - dopotutto errare è umano - dall’altro lato appare evidente che chi invece doveva occuparsi dell’editing e aiutare l’autrice a sistemare il proprio romanzo non ha utilizzato la stessa attenzione - errare è umano, perseverare anche, ma se fossi al posto dell’autrice cambierei editor, per un prossimo ipotetico romanzo! ;-)

Originalità
Mi è difficile dare un giudizio univoco sull’originalità di questo romanzo: da un lato non avevo mai letto romanzi urban fantasy che avessero ninfe o altre creature classiche tra i loro personaggi, da un altro lato il continuo reincarnarsi in un’umana di Elin e di incontrare l’immortale Dragon mi ha ricordato moltissimo i protagonisti di “Fallen” di Lauren Kate (serie che tra l’altro ho amato moltissimo e divorato in una settimana e di cui ho già parlato).
Per concludere possiamo dire che è abbastanza originale, un po’ di più per certi aspetti e un po’ di meno per altri.

Valutazione finale: 3/5
Il mio parere sul romanzo è positivo: accanto a elementi non sempre originalissimi, la trama si sviluppa in modo comunque abbastanza originale.
Seppure non sia sempre impeccabile, la scorrevolezza del testo invoglia a proseguire la lettura e, considerando che si tratta di un primo romanzo, l’autrice ha fatto sicuramente un buon lavoro, sicuramente molto migliore rispetto a quello di chi collaborava con lei, come ad esempio eventuali editor.
Con queste premesse non posso far altro che essere ottimista per il futuro dell’autrice emergente Vania Previte, alla quale auguro una rosea carriera... alla quale suggerisco però di prestare alla correzione e alla revisione la stessa accurata attenzione che ha dimostrato di avere per la stesura del romanzo in quanto tale.

Concludo ringraziando Vania per avermi dato la possibilità di leggere il suo romanzo.

sabato 18 maggio 2013

RECENSIONE: “Occhi gialli-neri” di Paola Beatrice Rossini

Quest’oggi ho intenzione di parlarvi di un romanzo italiano, “Occhi gialli-neri” di Paola Beatrice Rossini. Stavolta, ancora più di quanto abbia fatto in altre occasioni, ci tengo a dire che si tratta di un giudizio puramente personale, legato al romanzo stesso che nulla ha a che vedere con l’autrice (non l’avevo mai sentita nominare prima di leggere questo romanzo).
Da questa premessa credo di avere lasciato intendere che non si tratta di un giudizio particolarmente positivo, e mi dispiace, dato che si tratta di un’autrice italiana, ma credo che, recensendo romanzi al solo scopo di condividere le mie impressioni ed eventualmente di consigliare altri lettori, la sincerità sia d’obbligo.

Prima impressione
La copertina è senza dubbio ben fatta (anche se, una volta dopo avere letto il romanzo, non sono riuscita a comprendere il nesso tra la trama e quella copertina), così come il titolo non si può dire che non mi abbia colpita: se non altro interrompe la tradizione dei titoli che iniziano per “Il bacio di...” e prima della lettura lascia spazio a molteplici potenziali interpretazioni.

La trama
Dafne è una giovane londinese che, dopo essere andata in un locale insieme a un’amica, nello stesso locale trova il suo ragazzo, che avrebbe dovuto essere a casa a guardare una partita di calcio in TV, insieme a un’altra ragazza.
La sua reazione è quella di scappare via dal locale e mettersi a vagare per strade isolate. Qui viene aggredita da due ubriachi e, proprio mentre questi stanno per violentarla, viene salvata da una sorta di lupo che uccide i due uomini davanti ai suoi occhi.
Questo lupo non è altri che Laghor, un demone dagli occhi neri con pagliuzze dorate (da cui il titolo) mandato dal diavolo in persona a uccidere Dafne, ma che per qualche ragione si rende conto di non poterlo fare. Si presenta comunque a casa di Dafne, i due hanno un incontro piuttosto focoso e da lì tra loro nasce una relazione, che sarà fatta di spostamenti nel tempo e nello spazio...

Personaggi, testo e struttura
Il testo è narrato in terza persona, alternando il punto di vista di Laghor a quello di Dafne, ma anche, in certe occasioni, ad altri personaggi. E se il testo si può definire scorrevole e corretto dal punto di vista grammaticale (insomma, non ci sono frasi lasciate a metà e non è scritto in modo talmente colloquiale da sembrare parlato), proprio i personaggi sono a mio avviso una delle più grandi pecche di questo romanzo: la loro caratterizzazione è pressoché nulla e, dal momento che alcuni di questi non fanno altro che una toccata e fuga, penso di poter dire che sono troppi.
Per quanto riguarda Dafne non mi sembra nulla di più di una Mary Sue: fa solo ed esclusivamente quello che dicono gli altri (non le piace il cibo indiano e non va in discoteca, eppure non fa una piega quando la sua amica la porta in un ristorante indiano e poi in discoteca, nonostante non avesse voglia di uscire) e passa tutto il tempo, anziché agire in prima persona, ad atteggiarsi a damigella che attende che il principe azzurro corra a salvarle la vita. Laghor, che avrebbe anche una storia interessante (seppure con qualche contraddizione – ma di questo ne parlerò più avanti), invece non è molto approfondito, l’autrice ha preferito lasciare spazio ai suoi spostamenti temporali (e in un primo tempo al disastro della piattaforma di petrolio, che a mio parere non solo non aggiunge nulla al romanzo, ma distoglie anzi da quello che è il vero filo conduttore).
Passiamo agli spostamenti temporali: sinceramente mi è parso che più che aiutare confondessero un po’ le idee, specie in un primo momento in cui vediamo Laghor in diverse situazioni che sembrano slegate l’una dall’altra.
E il finale... beh, il finale mi sembra alquanto frettoloso, e ancora una volta assistiamo ai due protagonisti che per salvarsi hanno bisogno dell’intervento apposito dell’arcangelo Michele col ruolo di deus ex machina.

Fonti di perplessità
Passiamo alle peripezie di Laghor [ATTENZIONE: SPOILER!], il demone, perché qualcosa che non mi è molto chiaro c’è: non siamo di fronte a un demone “classico”, questo un tempo era un uomo. Ci vuole la metà del romanzo per comprendere che si tratta di un tale che ha venduto l’anima al diavolo, ottenendone in cambio l’immortalità e l’eterna giovinezza (vedi Faust, vedi Dorian Gray).
Laghor era, un tempo, un soldato dell’esercito dell’Impero Romano nel primo secolo d.C., a cui vennero uccisi la moglie e il figlio (vedi Russel Crowe ne “Il Gladiatore”), e che trovava pace soltanto nel combattere e nell’uccidere. Qui potrei sollevare l’obiezione che se Laghor professava una religione questa era probabilmente quella greco-romana e di sicuro non prevedeva né l’esistenza del diavolo né tantomeno la dannazione dell’anima, ma tutto sommato posso lasciar correre.

Ciò che non lascio correre, invece, è questo (le frasi in corsivo sono citazioni del romanzo):
«Quanti anni hai?».
«Anni?», rise divertito. «Almeno due secoli, non ricordo». La sua voce ritornò più seria.
Errare è umano, perseverare anche:
«Perché una notte di due secoli fa, tu ti perdesti. Noi non facemmo in tempo ad aiutarti; qualcuno di veramente malvagio, che tu conosci bene, organizzò il rapimento, il sacrificio agli dei, tu sai bene a chi».
...ancora:
Per due secoli non aveva mai dubitato di Mefisto. Dopotutto, gli piaceva essere un demone.
...ancora una volta:
«No, adesso è finita. Basta. Due secoli sono troppi».
e infine per chi non ne avesse avuto abbastanza:
Un unico mese vissuto più intensamente di due secoli.
In tutti questi passaggi – e ci sono rimasta così: O.O – viene detto che sono passati due secoli da quando Laghor viveva la sua vita mortale. DUE SECOLI. Che corrisponderebbero circa a 2000 anni, in realtà. Mi sembra un errore grande come una casa che non si poteva non notare.
Per non parlare di:
«Siamo a Stonehenge, il 21 giugno del secondo secolo A. C.»
Nel secondo secolo avanti Cristo, dato che c’è un 21 giugno ogni anno, non dovrebbero esserci stati cento 21 giugno?

Altra perplessità: in discoteca con l’amica, Dafne viene aggredita due volte da un potenziale stupratore (al fine di far comparire Laghor nel ruolo di principe azzurro che accorre a salvare la vita alla donzella indifesa). Non so che idea abbia l’autrice delle discoteche, ma non credo che sia abbastanza improbabile che in un luogo in cui si trovano decine e decine di persone, oltre che addetti alla sicurezza (buttafuori e simili) qualcuno riesca a stuprare una donna a tre metri dalla pista. E trovo soprattutto improbabile che, dopo una situazione del genere, lei non si rivolga al personale di sicurezza, ma che vada al bar dove, con tanto di barista presente, il potenziale stupratore torna alla carica minacciandola con un coltello.

Valutazione finale: 2/5
Onestamente credo che, alla luce delle considerazioni fatte finora (piattezza dei personaggi, confusione nel passaggio da un capitolo all’altro, errori e scene inverosimili), la mia valutazione sia abbastanza comprensibile.

venerdì 17 maggio 2013

Recensione: “ASSENTI QUATTRO” di Travis MacRae


La recensione che propongo oggi è quella di un romanzo un po’ vintage che ho scoperto per puro caso: “Assenti quattro”, di Travis MacRae, vecchio volume del Giallo Mondadori degli anni ’60.
La quarta di copertina, di per sé, non mi diceva niente di eccezionale, ma l’idea di potermi leggere un giallo classico mi allettava. Non è stato tempo sprecato.

La trama
Il romanzo si apre con i coniugi Jim e Kate Harris in vacanza. Jim, affermato giornalista, sembra pentito della sua decisione di essersi preso una vacanza troppo lunga e si rimette al lavoro, per scrivere un articolo a proposito di un liceo aperto vent’anni prima. È proprio analizzando i diplomati del 1941, l’anno di apertura, che si rende conto che c’è qualcosa di strano: su venti diplomati, quattro sono morti... e non di morte naturale.
Complice il fatto che Jim e Kate sono grandi amici della signora Davidson, l’anziana madre di uno di essi, decidono di organizzare, a scopo promozionale, un raduno con gli studenti di quell’anno, contando anche sulla presenza di una di loro, Diana Flagg, divenuta a vent’anni di distanza una cantante affermata.
Sia la signora Davidson sia un ex studente di quella classe, Nicky Creighton, poi divenuto uno squattrinato attore teatrale, sembrano restare piuttosto sorpresi di così tante morti “inspiegabili”, come a conferma dell’ipotesi di Jim e Kate che vi sia qualcosa sotto.
Ed è proprio al raduno che la signora Davidson muore in circostanze misteriose... a questo punto è evidente che la spiegazione sta in ciò che accadde a suo tempo a tutti i ragazzi deceduti...

I personaggi
Sui personaggi c’è poco da dire. Non sono molto caratterizzati, a parte Diana Flagg che viene presentata come la star a cui importa soltanto l’apparenza e mettere quindi a tacere gli scandali, al fine di sposare un uomo ricco, e Nicky Creighton, che è il classico squattrinato che non fa altro che bere e che si lamenta se la moglie (che nel corso della trama lo lascerà per mettersi con un altro – il che sarebbe anche plausibile, se non fosse che lascia il marito per un tipo con cui ha parlato due volte in totale) si trova un lavoro per poter pagare i debiti fatti da lui.
Gli altri, compresi gli stessi giornalisti-detective protagonisti, non sono mai visti come personaggi a cui dare spazio nel vero senso della parola, ma più che altro come due macchine che risolvono misteri per il solo gusto di farlo.
Il punto di vista usato è spesso e volentieri quello del narratore, a parte qualche raro caso (per esempio quelli in cui compaiono Diana o la moglie di Nicky), e questo contribuisce ancora di più a far passare in secondo piano l’aspetto “umano” delle vicende.

Testo e struttura: commenti
Già nel corso del primo capitolo, dopo un paio di pagine in cui vengono presentati Kate e Jim, il lettore viene messo subito di fronte a quello che sarà l’oggetto del romanzo, e questa scoperta la fa per bocca di Jim:

«Ciò che mi sembra piuttosto strano è che uno è stato ucciso a revolverate, un altro è affogato, Eddie Davidson, come hai detto tu stessa, è morto in un incidente e un altro ancora è deceduto in un incidente d'auto. Nessuno è morto di malattia e neppure in guerra, benché, come ricorderai, alcuni di quei ragazzi abbiano combattuto.  (...)  Ciò significa che il venti per cento degli studenti di quella classe è morto di morte
violenta.»

Tutto arriva troppo veloce? Non direi. È un giallo, è breve, ed è opportuno arrivare subito al punto. In una guida per scrivere gialli che lessi molto tempo fa, ricordo di avere letto che, per scrivere un giallo efficace, bisogna ritrovarsi subito con un cadavere. Qui ce ne sono addirittura quattro, morti in circostanze più o meno misteriose e in apparenza non connesse l’una all’altra.
Se c’è qualcosa di disorientante è piuttosto che, nei capitoli immediatamente successivi, si passa a Nicky e alla moglie Marzia, oltre che a Diana Flagg e al suo agente. Il lettore, in un primo momento, può restare spiazzato dall’improvviso cambio di scena. C’è comunque da dire che, nel corso del tempo, ci si fa l’abitudine.
Il problema è (non so se sia solo mio, che da quando avevo 12 anni sono abituata ai magistrali enigmi di Agatha Christie e a confronto tutto mi sembra una trovata da dilettante) che fin dal terzo capitolo, non appena viene accennata l’esistenza di un certo Ronnie, sia visibile lontano un miglio chi sia questo Ronnie in realtà e che si capisca subito che è proprio intorno a questo personaggio – seppure di per sé irrilevante – che sia sorto l’intrigo che ha portato alla morte della signora Davidson. A proposito della signora Davidson, peraltro, mi sembra ben poco originale il fatto che, dopo avere scoperto qualcosa di inaspettato, le donne in giovane età debbano essere sul punto di svenire mentre quelle anziane (come la signora Davidson) sfiorino l’attacco di cuore. È a mio avviso un tipico stereotipo da gialli, e non da gialli di primo livello.
Trovo inoltre un po’ banale e scontato che in un primo momento tra le “morti misteriose” venga inclusa anche quella di Sally, una ragazza che poi si scopre essere morta accidentalmente in un incidente stradale che non aveva niente di anomalo. Se voleva essere un tentativo di sviare il lettore non lo ritengo molto riuscito: avviene in un momento in cui il lettore non ha ancora le idee ben chiare su che cosa sia effettivamente successo.
È inoltre – forse legato alla mentalità dell’epoca, dopotutto è un romanzo scritto cinquant’anni fa – abbastanza agghiacciante per il lettore ritrovarsi davanti a un tizio che [ATTENZIONE: SPOILER!] racconta con aria innocente che lui e i suoi amici dell’epoca delle superiori erano bravi ragazzi, la cosa peggiore che hanno fatto dopotutto è stata soltanto l’azione innocente di far ubriacare una loro compagna di scuola allo scopo di stuprarla in branco, ma in fin dei conti la colpevole è lei, che andava alle feste insieme a loro ma non l’ha mai data a nessuno, nonostante la sua reputazione di ragazza facile. O.O
Fino all’ultimo capitolo la trama mi è sembrata abbastanza banale e scontata (e i due giornalisti-detective che agiscono in coppia mi hanno ricordato Tommy e Tuppence di Agatha Christie... o quantomeno quello che sarebbero stati Tommy e Tuppence se avessero avuto a che fare con assassini seriali anziché con agenti segreti dell’est europeo), ma devo dire che nelle ultime pagine è arrivato un colpo di scena notevole. Peccato che, anche in questo caso, ci sia qualcosa che stona: generalmente in un giallo il colpevole dovrebbe essere un personaggio che appare stabilmente nel corso degli eventi, non una comparsa da tirare fuori al momento più opportuno.

Valutazione: 3/5
Se volete leggere un romanzetto breve per passarvi il tempo, tutto sommato ve lo posso anche consigliare... ma se pensate di essere di fronte a un capolavoro del giallo, potreste sbagliarvi di grosso! ;-)

giovedì 16 maggio 2013

Recensione: “Il lago delle lingue morte” di Carol Goodman


Il thriller “Il Lago delle Lingue Morte”, pubblicato nel 2002, è il romanzo d’esordio di Carol Goodman, nonché il suo primo romanzo ad essere pubblicato in Italia.

Prima impressione
La copertina è forse un po’ banale, e punta ad essere una rappresentazione del luogo in cui si svolgono le vicende. Guardando le cose così come stanno, però, non sembra poi così precisa: si parla di un lago ghiacciato e quello della copertina non lo sembra.
Il titolo, invece, è un titolo che colpisce. È anche la traduzione letterale del titolo originale, “The Lake of Dead Languages”.

La trama
Jane Hudson, vedova, ormai vicina alla quarantina e con una figlia piccola, è un’insegnante di latino che viene assunta in un collegio femminile, nel nord degli Stati Uniti, situato accanto a un lago quasi perennemente ghiacciato.
Jane trascorse la propria adolescenza in quella scuola, come studentessa, e si rende conto immediatamente di come le cose siano cambiate negli ultimi vent’anni: un tempo si trattava di un prestigioso istituto, al quale lei e la sua migliore amica Lucy erano riuscite ad accedere grazie a una borsa di studio, attualmente è una scuola che accoglie ragazze “problematiche”: ex tossicodipendenti, autolesioniste e ragazze con problemi psicologici.
Jane ha fin da subito un rapporto piuttosto conflittuale con Candace Lockhart, la psicologa della scuola che spesso critica il suo operato, mentre in compenso viene accolta bene dalle sue studentesse, che sembrano rendersi conto che, nonostante l’apparenza, la loro professoressa ha alle spalle una brutta storia tanto quanto loro. In particolare stringe un buon rapporto con Atena e, in parte, con le sue amiche Vesta e Afrodite (durante le lezioni le ragazze vengono chiamati con nomi classici, e durante la narrazione, col punto di vista di Jane, vengono chiamate così anziché con i loro veri nomi).
La tranquillità viene però presto sconvolta: qualcuno ha trovato il diario di Jane, sul quale scriveva nell’ultimo anno prima del diploma e che aveva smarrito, le fa ritrovare vecchie pagine di questo diario e sembra intenzionato a farle rivivere l’incubo che visse a suo tempo. Al penultimo anno di scuola Jane e Lucy, infatti, strinsero amicizia con una ragazza un po’ strana, Deirdre, che ha molta influenza su di loro, spingendole al consumo di droghe e alla frequentazione con alcuni ragazzi (compreso Matt, il fratellastro di Lucy, del quale Jane e Deirdre sono entrambe innamorate) che incontrano di nascosto di notte accanto al lago per praticare riti a sfondo erotico. La situazione si fece più intensa dopo l’estate: Jane, che era tornata a casa per assistere la madre gravemente malata, tornò a scuola trovando la situazione molto cambiata e, dopo avere aiutato Deirdre e Lucy a coprire quello che avrebbe potuto diventare uno scandalo, si ritrovò ad affrontare il presunto suicidio, in circostanze non ben chiarite, di Deirdre, che si buttò nel lago (o venne buttata nel lago?) dove affogò. Alla morte di Deirdre seguì poi quella di Lucy e di suo fratello: durante un’accesa discussione Lucy i due scivolarono infatti nel lago ghiacciato.
Jane, che già convive a fatica con i segreti in cui venne coinvolta suo malgrado dalle amiche di un tempo, si rende conto che possono diventare più pericolosi, non solo per lei, ma anche per le sue studentesse: chi ce l’ha con lei, infatti, non si fa scrupoli di fare del male anche a loro pur di consumare la propria vendetta; specie dopo avere notato come Atena, Afrodite e Vesta siano un trio di amiche che per certi versi ricordano Jane, Lucy e Deirdre.

Struttura e testo: commenti
Il romanzo è narrato in prima persona, con il punto di vista di Jane. Si suddivide in tre parti, la prima e la terza che narrano i fatti del presente (con narrazione al presente), la seconda un lunghissimo flashback sull’adolescenza di Jane e sui fatti in cui fu coinvolta insieme alle sue amiche (narrato stavolta al passato remoto).
Se da un lato la scelta di una suddivisione in tre parti, di cui un immenso flashback centrale, può essere utile per tenere ordinato l’evolversi della trama, dall’altro fa sì che non tutto ciò che potrebbe essere un colpo di scena si riveli come tale. Sarebbe stato probabilmente più d’effetto se, anziché con una lunga digressione, i fatti del passato fossero stati lasciati scoprire poco per volta. È vero che qualche sorpresa viene lasciata per la terza parte, ma tutto sommato l’autrice avrebbe potuto ottenere più suspense, dall’inizio alla fine, con una scelta diversa.
È forse un po’ labile inoltre il confronto Jane/Lucy/Deirdre vs. Atena/Vesta/Afrodite e, dal punto di vista di queste ultime, l’etichetta di “bad-girls” a loro attribuita: queste saranno anche ragazze con dei problemi di natura psicologica, ma le studentesse-distinte-e-raccomandabili che un tempo frequentavano la scuola non sono facilmente riconoscibili in Deirdre e Lucy.

I personaggi
JANE: è una donna ormai vicina ai quarant’anni, che non convive facilmente con i propri ricordi, legati alla tragica perdita di persone a cui era molto legata. Quando si ritrova a rivivere la situazione, però, non si lascia scoraggiare e, anche se è afflitta dai sensi di colpa per quello che ha lasciato che succedesse e se nessuno sembra prenderla sul serio, si rivela essere più determinata di quanto potrebbe sembrare inizialmente.
ATENA: una delle studentesse, dovrebbe essere una “bad-girl”, così almeno viene presentata fin dalle prime righe, ma a parte i capelli tinti in modo vistoso e le cicatrici sui polsi si rivela essere ben diversa da come veniva descritta. È molto legata ad altre due studentesse, Afrodite e Vesta, le quali hanno però un ruolo minore rispetto a lei. Nel corso del romanzo tra lei e Jane si instaura un buon rapporto.
CANDACE: la psicologa della scuola, che fa qualche comparsa nel corso della storia, e che puntualmente si rivela più importante di quanto sembrava inizialmente, sembra la classica persona che sta lì per il puro gusto di mettere i bastoni tra le ruote a qualcuno. Dal punto di vista professionale, sarà anche una psicologa, ma sembra quasi che più che offrire il proprio aiuto alle studentesse le abbia già bollate a priori come “non salvabili”.
LUCY: la migliore amica di Jane, morta durante l’ultimo anno di scuola, si rivela essere a poco a poco ben diversa da come Jane l’aveva sempre creduta. Dopo avere conosciuto Deirdre, infatti, sembra essere una ragazza facilmente influenzabile... ma anche questa si rivela non essere una verità assoluta.
DEIRDRE: viene presentata, per qualche verso, come una ragazza senza scrupoli, che influenza le sue amiche in maniera spropositata e che può diventare molto dannosa per loro. Anche Deirdre, però, è stata almeno in parte sottovalutata.
ROY: è uno dei ragazzi che Jane, Lucy e Deirdre frequentavano ai tempi della scuola e che partecipava ai loro festini. Ricompare in versione quarantenne ed è disposto a dare un aiuto concreto, o quasi, a Jane, e si rivela più legato a lei di quanto Jane pensasse in realtà.

Valutazione: 4/5
Sebbene il romanzo non rasenti la perfezione, si può rivelare una lettura ottima sia per gli amanti del thriller sia per chi ama i romanzi introspettivi. Ne “Il lago delle lingue morte” questi due aspetti si intrecciano dall’inizio alla fine in un mix che talvolta lascia senza fiato: è vero che, a causa della struttura del romanzo, talvolta certi colpi di scena vengono evitati, ma quelli che vengono alla luce nei momenti più inaspettati sono ottimi.


Recensione scritta per il Corriere della Notte del mese di maggio del forum Scrittori della Notte.

mercoledì 15 maggio 2013

Recensione: “666 Park New York Avenue” di Gabrielle Pierce


“666 Park New York Avenue” è un romanzo di Gabrielle Pierce, un thriller paranormale per un pubblico adulto.

Prima impressione
La copertina non è ben rappresentativa della trama del romanzo, e probabilmente intende rappresentare la protagonista insieme al futuro marito, nonostante quest’ultimo abbia un ruolo pressoché marginale per buona parte del romanzo.
Il titolo inoltre non è particolarmente azzeccato: è l’indirizzo in cui la protagonista si trasferisce, e non è nemmeno il numero civico esatto: nonostante sia tra il 664 e il 668, non ha infatti numero 666, ma 665, probabilmente al fine di renderlo meno inquietante (così la pensa la protagonista, almeno).

La trama
Jane ha ventiquattro anni, è nata negli Stati Uniti, ma vive in Francia fin da quando era molto piccola: a occuparsi di lei era sua nonna Celine (che è appunto francese), dopo la morte dei suoi genitori in un incidente stradale. All’età di diciotto anni, per sfuggire alla presenza soffocante di sua nonna, Jane si è trasferita dall’Alsazia a Parigi ed è qui che, sei anni più tardi, incontra Malcolm.
Tra i due scoppia la passione al punto tale che, quando lui le chiede, di punto in bianco, dopo un mese di fidanzamento, di sposarlo e di seguirlo a New York lei accetta.
Prima di partire vuole però salutare Celine per l’ultima volta, e fa una macabra scoperta: trova infatti sua nonna morta e una lettera in cui le viene rivelato un pericoloso segreto di famiglia: Jane è infatti una strega e, con la morte di sua nonna, ha ereditato il suo potere. Inizia fin da subito, infatti, a leggere nella mente di alcune persone.
I poteri sembrano sparire, almeno momentaneamente, dall’altra parte dell’oceano, laddove Jane si ritrova a dover affrontare una futura suocera troppo invadente, Lynne. Ma Lynne non è soltanto una donna invadente e la sua famiglia nasconde molti segreti... segreti che anche per la stessa Jane potrebbero rivelarsi molto pericolosi.

I personaggi
Se c’è un vero punto debole in questo romanzo, sono indubbiamente i personaggi. Sono pochi quelli che contano davvero, ma l’autrice ne presenta una quantità smisurata, al punto che di tanto in tanto, leggendo un nome, dopo una dozzina di capitoli rispetto alla prima citazione, il lettore può ritrovarsi a chiedersi: “e questo chi sarebbe?”.
Anche non riuscendo a ottenere una risposta, però, il lettore può proseguire ugualmente. Questo significa che il tale personaggio non solo non è fondamentale per la trama, ma che non serve nemmeno come personaggio “di contorno”, dal ruolo minore. Di fatto, dei personaggi citati, una buona metà non ha il benché minimo ruolo.
Quelli che ce l’hanno, inoltre, si dividono in due gruppi: quelli ben caratterizzati (la minoranza) e quelli non troppo caratterizzati (o affatto caratterizzati).
Veniamo ad analizzare in poche righe i personaggi principali.

JANE: ha 24 anni, lavora come architetto e, almeno in linea teorica, è una ragazza che, stando a come ce la presenta l’autrice, è piuttosto sicura di sé e sa come affrontare la vita. Non è esattamente il tipo di persona, a mio parere, che dopo neanche un mese potrebbe sposare un quasi-sconosciuto trasferendosi dall’altra parte del mondo, ma a quanto pare la Pierce non la presenta così.
LYNNE: futura suocera di Jane, è una donna di mezza età dall’aspetto giovanile, molto invadente e pressante, che sembra voler decidere del futuro di suo figlio e della futura nuora. È un personaggio alquanto esasperante e seccante; e in questo non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che Lynne sta cercando di ingraziarsi Jane per i suoi reconditi scopi. Non il modo migliore di riuscirci.
MALCOLM: è un personaggio di una piattezza esagerata, da un lato è incapace di pensare con la propria mente e pende dalle labbra della madre, dall’altro quando non è con la madre pende dalle labbra di chicchessia. Sarà anche il classico uomo sexy e ricco che sbuca fuori dal nulla, ma permane un dubbio: come si può anche pensare di abbandonare la propria vita e il proprio lavoro per seguire un inetto del genere di là dall’oceano?
MAEVE: collega di Jane a New York, quando questa trova lavoro come organizzatrice d’eventi, è in apparenza una ragazza invidiosa di Jane, che la considera una raccomandata e che crede che Jane sia giunta a ottenere quel lavoro solo per intromissione da parte della sua famiglia. Il modo in cui le due diventano amiche è per buona parte inspiegabile. Il ruolo di Maeve, comunque, viene ridimensionato non appena questa viene investita da un’auto e sparisce di scena per un po’ (o meglio, definitivamente, dal momento che di lì in poi Jane si porterà un’altra amica al seguito).
HARRIS: è il fratello di Maeve, agli occhi di Jane è un individuo sexy (guarda caso...) per il quale ha una certa attrazione, ma che sembra non essere interessato a lei, o meglio, il suo interesse non va oltre l’amicizia. Fa qualche comparsa di tanto in tanto nella seconda parte del romanzo, senza aggiungere nulla che già non ci sia.
DEE: fa l’aiuto-pasticcera, Jane la conosce per caso nel negozio che dovrà occuparsi della torta nuziale, e per prima cosa nota per caso che porta un simbolo wiccan al collo; Dee è convinta che la stregoneria sia ereditaria e, naturalmente, questo basta, di lì a qualche capitolo, per farle diventare grandi amiche. Sembra avere una certa attrazione – ricambiata – per Harris, cosa che infastidisce lievemente Jane. Dee e Harris, a sprazzi, aiutano Jane a rendersi consapevole dei propri poteri e a utilizzarli.
YURI: l’autista di Lynne, non è un vero e proprio autista, sembra più che altro un torturatore di donne, non ha una personalità ben definita, ma con lui avranno a che fare Jane e Dee.

Testo e struttura
Il romanzo si compone di 49 capitoli particolarmente brevi, tutti quanti di pochissime pagine. Il testo è, tutto sommato, abbastanza scorrevole, anche se talvolta non è ben chiaro il passaggio da un capitolo all’altro: la “scena” cambia spesso radicalmente all’inizio del nuovo capitolo e qualche volta è difficile avere un percezione lineare di come si svolgano gli eventi.
Dal punto di vista del testo in sé, invece, si può dire che sia molto scorrevole e, se da un lato la suddivisione tra capitoli può rallentare la comprensione, il linguaggio molto diretto è spesso d’aiuto per non perdere il filo degli eventi.
Per quanto riguarda gli eventi, in effetti, talvolta lasciano alquanto desiderare. A questo proposito ritengo però che sia meglio fare alcuni esempi.
> Siamo a New York, città di milioni di abitanti. La conseguenza dovrebbe essere che difficilmente TUTTE le persone che incontri finiscano per essere collegate, direttamente o indirettamente, a te e alla tua famiglia. E invece no! Jane si destreggia in una New York che sembra un paese di cento abitanti, in cui chiunque le capiti davanti è connesso alla storia.
> Lo squilibrato rinchiuso in soffitta. Non solo è poco connesso alla trama in sé (allo squilibrato viene dato, sul finale, il compito di stuprare Jane, ma lui rinuncerà perché lei facendogli gli occhi dolci gli promette un regalo – un orsetto di peluche), ma l’autrice sembra avere preso fin troppo spunto dalla donna squilibrata tenuta nascosta nella soffitta di “Jane Eyre”.
> L’uso della magia. Ti accorgi di essere una strega, c’è chi vuole ucciderti... e che cosa c’è di meglio che usare la magia per una serie di utilissime attività? Eccone un repertorio:
– far tornare come nuove un paio di scarpe non impermeabili rimaste inzuppate da un temporale;
– far sbattere contro uno spigolo una sconosciuta che secoli fa, prima che tu lo conoscessi, usciva con il tuo attuale fidanzato;
– far mettere una canzone lenta al DJ di una discoteca, in modo che Dee e Harris possano ballare avvinghiati l’uno all’altra.
Fortunatamente ci sono un paio di colpi di scena che non deludono. Ciò che delude, invece, è il finale, che sembra lasciare in sospeso qualcosa per cui il lettore gradiva senz’altro una conclusione.

Valutazione: 3/5
C’era un buon potenziale, poteva esserci una trama avvincente, ma sembra che l’autrice non abbia saputo sfruttare la situazione nel migliore dei modi. È una lettura che in certi momenti può intrattenere, ma che difficilmente riesce a dare molto di più.


Recensione scritta per il Corriere della Notte del mese di maggio del forum Scrittori della Notte.