martedì 18 giugno 2013

RECENSIONE: “Sirene” di Patty Dann

Mi è capitato sottomano uno dei libri che molti anni fa mi aveva dato mia zia, che tra l’altro avevo già letto quando avevo quindici o sedici anni. Ho deciso di rileggerlo, e ora sono qui, pronta a recensirlo.

Questa recensione è basata solo ed esclusivamente sul mio punto di vista, che ovviamente non è da ritenersi vincolante.
Aggiungo che nel 1990 da questo romanzo è tratto un omonimo film che però non ho mai visto.

Prima impressione: titolo difficilmente spiegabile e trama che, a priori, potrebbe non colpire.
Impressione a posteriori: titolo legato a un piccolo episodio che capita nel corso del romanzo ma totalmente insignificante per la trama, che invece di fatto è (forse) più elaborata di quanto potrebbe sembrare inizialmente.

La trama
Gli ingredienti di questo romanzo sono una madre single che non si occupa delle figlie ma soltanto dei molteplici uomini che ha avuto e che ha la spiccata propensione di trasferirsi altrove non appena le figlie si stanno ambientando, una quindicenne (Charlotte) che vorrebbe farsi suora ma che allo stesso tempo inizia ad essere attratta dagli uomini e infine una bambina più piccola (Kate) che non desidera altro che partecipare ad allenamenti e gare di nuoto.
Quando la famiglia si trasferisce per l’ennesima volta, Charlotte è molto soddisfatta dal fatto che la loro nuova abitazione si trovi nei pressi di un monastero cattolico. L’unico problema è che, mentre attende invano un segno che le indichi che diventare suora sia la sua strada, si invaghisce di Joe, trentenne di bell’aspetto che vi lavora come giardiniere o comunque come tuttofare, dal quale anche sua madre sembra essere attratta.
Charlotte trascorre il proprio tempo disorientata dal fatto di non sapere quale sia il suo futuro, abbandonata quasi a se stessa da sua madre e incapace di divenire un punto di riferimento per la sorellina. Ed è proprio a causa della sua cotta per Joe che la piccola Kate si ritroverà in pericolo...

Testo, struttura, ambientazione, personaggi e trama: commenti
Il testo è sempre fluido, i capitoli si susseguono, uno dopo l’altro, spezzando le scene proprio come dovrebbero essere spezzate. Questo permette che un arco temporale molto lungo (circa un anno) possa trovare il proprio spazio in meno di 160 pagine senza che il lettore sia disorientato. Questo è senz’altro positivo.
Dal punto di vista dell’ambientazione, invece, sono rimasta un po’ perplessa: scritto nel 1986, il romanzo è ambientato tra il 1963 e il 1964. Mi è sembrato che l’autrice non abbia fatto alcuno sforzo per fare intuire quale sia il periodo, se non far sì che la gente parli di continuo, per due capitoli, dell’omicidio di Kennedy.
Non tutti i personaggi sono caratterizzati bene allo stesso modo, alcuni lo sono, altri meno, e anche tra quelli caratterizzati alcuni risultano credibili e altri meno.
Ditemi voi se è credibile che una ragazzina riesca a comportarsi in modo più infantile della sorella di sette anni e allo stesso tempo guardare il vicino di casa che ha il doppio dai suoi anni con uno sguardo da maniaca sessuale... È credibile quasi come un trentenne che non ha mai avuto rapporti sessuali ma che ritiene socialmente accettabile portarsi a letto una quindicenne ubriaca solo perché vestita con gli abiti della madre sembra più adulta.
Anche la storia d’amore (se così si può chiamare) tra questi due soggetti mi sembra decisamente poco credibile: lei si rende conto che forse lui non è il suo uomo ideale perché gli intravede polsini bianchi, che a lei non piacciono, sotto la giacca, lui si trasferisce per evitare pettegolezzi e prende a mandarle cartoline...
Penso che sia Charlotte sia Joe (a.k.a. l’uomo attraente ma inutile) non solo non abbiano avuto alcuna maturazione nel corso del romanzo, ma che in certi momenti siano piuttosto regrediti. Gli altri personaggi, invece, sono abbastanza piatti e spesso non sono fondamentali.
Per quanto riguarda gli eventi in sé, sinceramente penso che avrebbero potuto essere sviluppati meglio: le scene che si susseguono sono spesso poco più che un mero susseguirsi di scene, tra le quali talvolta il filo logico è poco presente. Di fatto non posso far altro che dedurre che l’autrice volesse mostrare, tramite gli occhi di una ragazzina, la società americana di paese degli anni ’60. Il risultato, a mio avviso, seppure non disprezzabile non è stato nemmeno dei migliori.

Valutazione finale: 2,5/5
Come lettura serale, per chi faticasse a prendere sonno, può andare. Per chi volesse leggere qualcosa di coinvolgente ed emozionante, invece, non lo consiglio.

domenica 16 giugno 2013

Recensione: "Tutto bene" di Paolo Ruffini

Questa è una di quelle recensioni che sicuramente fanno discutere. Nella mia ignoranza in fatto di TV, quando mi sono ritrovata tra le mani questo libro (regalo di compleanno della mia amica che già mi ha regalato altri romanzi che ho recensito per il blog) non avevo idea di chi fosse l’autore. Si tratta di un personaggio televisivo, quindi ovviamente il mondo si spacca in due: ci sono quelli che lo elogiano a priori e quelli che lo denigrano a priori.

Premessa
Non ho idea di che ruolo televisivo ricopra l’autore e sinceramente non me ne frega niente di chi sia: credo di essere in grado di valutare – ovviamente basandomi sul limite del mio personale punto di vista, che non vuole influenzare quello degli altri – un romanzo senza avere pregiudizi su chi sia l’autore.

Prima impressione
Quando ho letto la quarta di copertina la trama non mi ha detto granché. Per chiarirci: se avessi dovuto essere io a scegliere quel romanzo, non so se l’avrei scelto. Dato che qualcuno ha scelto per me, però, ho pensato che valesse la pena di leggerlo, almeno per poter vedere se mi sbagliavo oppure no. A posteriori l’impressione che ho avuto... beh, la troverete nelle valutazioni.

La trama in breve
Steve Nigiotti è un attore trentenne che soffre di attacchi di panico, che cambia una ragazza al giorno e che non vorrebbe mai crescere o prendersi delle responsabilità.
Le responsabilità, però, gli piovono addosso da un momento all’altro, quando alla sua porta suona una sconosciuta che lo informa che una ragazza che conobbe in un locale, anni prima, e con la quale ha avuto una relazione durata soltanto una notte, ha avuto una figlia. La bambina, di sette anni, è figlia sua; ma soprattutto Michi, la madre, è finita in carcere per traffico di droga.
La vita di Steve cambia radicalmente: la piccola Sara è figlia sua e lui non può abbandonarla. Non gli resta che prenderla in casa e cercare di trasformarsi in un buon padre. Non è un compito facile, ma Steve si renderà conto ben presto che anche lui, dalla convivenza forzata con la figlia che gli è “piovuta dal cielo”, può imparare molte cose e finalmente riuscire a risolvere i propri problemi.

Struttura, testo e personaggi: commenti
Sarò sincera: non ho apprezzato il testo in quanto tale. È scritto in un linguaggio estremamente colloquiale. È vero che l’autore deve raggiungere il lettore, ma a mio parere non significa farlo in questo modo. Un romanzo è un romanzo, non è una conversazione, e rivolgersi al lettore in modo troppo diretto può significare raccontargli una storia anziché fargliela vivere. Per quanto riguarda i capitoli, niente da dire, invece: mi sembrano suddivisi con un criterio abbastanza logico; talvolta hanno dei titoli che non mi sembrano poi così comprensibili, ma è questione di gusto personale sul quale si può essere d’accordo oppure no.
Passando oltre devo notare come talvolta il testo venga utilizzato, tramite il punto di vista del protagonista, per fare una sorta di predicozzo dal quale si evince che il male del mondo sono Justin Bieber, Lady Gaga, gli One Direction, la gente che non usa la punteggiatura, blog che “denigrano” grazie all’anonimato, eccetera... Premetto che sulla punteggiatura e sul linguaggio SMS sono d’accordo (sulla musica un po’ meno: ognuno è libero di ascoltare quello che gli pare e, a meno che uno non arrivi al livello dell’ultrà, onestamente non me ne può fregare di meno di che cosa ci sia nel lettore MP3 della gente che ho intorno, non vado certo a pensare che chi ascolta cantanti che a me non piacciono o troppo “commerciali” sia una persona peggiore di me), mentre sui blog che denigrano possiamo parlarne. È vero che certi blogger ci vanno giù molto pesante e che sembra che scrivere un blog al solo scopo di denigrare, ma credo che sia limitativo suggerire che utilizzino l’anonimato al solo scopo di denigrare. Io stessa non metto il mio nome e cognome in quello che scrivo, perché non sono obbligata a farlo e perché non voglio che le persone che mi conoscano “dal vivo” possano, tramite Google, fare ricerche sui miei veri dati e scoprire quello che scrivo. D’altronde per parlare di un libro o di un film non credo di avere bisogno di esporre la mia carta d’identità. Ritengo però che la sincerità sia d’obbligo: scrivere critiche costruttive, basati su elementi precisi, nei confronti di qualcosa non è né denigrare né sparare sentenze.
Per quanto riguarda i personaggi non sono originalissimi, ma nella trama in cui sono inseriti non sembrano sfigurare nel contesto in cui sono inseriti. Il romanzo è narrato in prima persona con il punto di vista di Steve, ma a mio parere è Sara quella che diviene ben presto il personaggio “principale”, intorno al quale ruota l’intera vicenda. Apprezzo molto la scelta dell’autore di avere scelto la prima persona: questo permette di mantenere lo stesso punto di vista per tutta la durata del romanzo, e questa è sicuramente una scelta che condivido.
Ciò che continua a non essermi chiaro è quale sia il pubblico target: la storia viene raccontata come una sorta di favola, e quindi sembrerebbe in questo adatta a un pubblico giovane, peri l quale potrebbero non essere particolarmente indicate le scene di sesso descritte in certi tratti. Da questo punto di vista c’è forse un po’ di confusione.

Valutazione: 2/5
L’ho letto mentre ero al mare, senza aspettarmi niente di particolare. Non credo di avere altro da aggiungere rispetto a quello che ho detto: la trovo una lettura da spiaggia, ma niente di più.
È una trama un po’ banale, ma che in certi momenti fa ridere ed emozionare. E, se questo romanzo non mi ha convinta su tutto il resto, non posso fare a meno di riconoscergli almeno questo: non sempre, ma in certi punti coinvolge, e questo è sicuramente un lato positivo.
Per concludere: ho letto sia di meglio sia di peggio. Se l’autore permette un consiglio da parte di una blogger sparasentenze, che in qualità di lettrice ritiene comunque di avere un minimo di voce in capitolo, gli suggerisco due cose:
1) evitare il linguaggio colloquiale nello scritto, perché può risultare fastidioso (quasi quanto il linguaggio SMS e l’assenza di punteggiatura);
2) fare maggiore chiarezza su quale sia il suo pubblico di riferimento.

sabato 15 giugno 2013

Recensione: "La lista dei desideri dimenticati" di Robin Gold

Meglio tardi che mai... mi appresto proprio ora a recensire il romanzo “La lista dei desideri cancellati” di Robin Gold, libro che mi è stato regalato dalla stessa amica che mi regalò il libro “La collezionista di ricette segrete” che ho già recensito qualche tempo fa. Dico meglio tardi che mai perché è un regalo che mi ha fatto per la laurea, e che sono già passati circa sei mesi da allora.
Si ricorda che questa recensione è realizzata con il mio punto di vista e che non ho intenzione di influenzare nessuno.

Prima impressione
Il primo effetto che mi ha fatto questo romanzo quando ho letto la quarta di copertina? Sarò sincera: mi aspettavo un romanzo strappalacrime, cosa che mi ha fatto rimandare un po’ la lettura, perché di deprimermi proprio non ne avevo voglia. Non posso fare a meno, a posteriori, di realizzare che mi sono sbagliata.
Segnalo che il titolo originale era “One upon a list”, che suona bene in inglese, ma tradotto letteralmente avrebbe suonato da schifo, detta come va detta.

La trama in breve
Clara, perennemente depressa da quando è rimasta prematuramente vedova, si appresta a tornare a casa di sua madre in occasione della celebrazione della festa del Ringraziamento.
Proprio a casa di sua madre riceve un pacco postale: glielo ha spedito la sua maestra delle elementari, contiene un lavoro fatto quando aveva dieci anni, nel quale è inclusa una lista di desideri che si poneva di realizzare entro il suo 35esimo compleanno, in quanto credeva che fosse quella l’età massima che avrebbe potuto raggiungere, dal momento che suo padre aveva soltanto 35 anni quando morì a causa di un attacco di cuore.
Clara aveva ovviamente dimenticato quella lista di desideri, alcuni dei quali sono decisamente infantili. L’ultimo della lista è quello di riuscire a baciare il ragazzino che le piaceva all’epoca. È proprio incontrando quest’ultimo, ora ultratrentenne, in una bottega, che Clara istintivamente lo bacia, riuscendo a realizzare uno dei suoi desideri di un tempo. Quell’azione la fa sentire più viva di quanto avrebbe potuto immaginare e, spinta anche dal fratello, decide di realizzare tutti i suoi desideri entro il 35esimo compleanno, al quale mancano ormai pochi mesi.
Al suo fianco, a sostenerla in questa impresa, sono sempre presenti non solo suo fratello Leo, ma anche il suo amico d’infanzia Lincoln (anch’esso rimasto prematuramente vedovo).

Struttura, testo e personaggi: commenti
Il testo, scritto in terza persona, è sempre scorrevole, anche se ho avuto l’impressione che in certi momenti l’autrice pasticciasse un po’ con il punto di vista, che è pressoché sempre quello di Clara... a parte in certe occasioni in cui si passa ad altri personaggi. Questo, comunque, non dovrebbe essere un problema: è che io con certi dettagli ultimamente sono fissata!
La suddivisione dei capitoli, 36 in totale, tutti piuttosto brevi, mi sembra sempre ragionevole: non mi sono mai ritrovata, nel corso della lettura, a ritenere che qualche passaggio da un capitolo all’altro fosse poco coerente.
La trama, in generale, potrebbe sembrare abbastanza banale, ma l’autrice è riuscita a renderla interessante sia tramite l’ironia che utilizza sia grazie a una protagonista ben caratterizzata, che si evolve in maniera notevole nel corso del tempo.
È interessante anche il personaggio di Lincoln, mentre c’è da dire che gli altri fungono più da “contorno” piuttosto che essere veramente rilevanti per la trama. Quelli più importanti sono ovviamente i meglio caratterizzati, mentre l’autrice non si spinge molto in là con la caratterizzazione di quelli secondari, tranne che per poche eccezione. Approvo comunque il fatto che l’autrice non abbia appesantito la narrazione dando troppo spazio a personaggi non troppo connessi alle vicende.

Valutazione: 3/5
Ritengo che, nel complesso, questo romanzo sia stata una lettura piuttosto piacevole e scorrevole, dopo averlo iniziato e averne letto una cinquantina di pagine, per leggere le restanti circa 300 pagine ci ho messo poche ore senza mai trovarlo stancante.
Non sarà un capolavoro della letteratura ma, pur essendo un romanzo pressoché sconosciuto, a mio parere è sicuramente migliore di alcuni romanzi ben più celebri. Rimane però un punto a sfavore: mi sembra tutto abbastanza scontato e, fin dal primo momento in cui la protagonista si ritrova a interagire con Lincoln, si intuisce fin da subito dove si andrà a parare.