giovedì 6 novembre 2014

Recensione: i primi tre romanzi della serie "Shadowhunters, the Mortal Instruments" di Cassandra Clare

Era da un bel po’ di tempo che non mi concentravo su qualche lettura strappalacrime per adolescenti in cui ci fosse qualche quindicenne rommmmmantica pronta a gettare al vento la propria vita per il suo grande ammmmmmmore, generalmente dieci minuti dopo averlo conosciuto. Se non altro, e questo posso dirlo, con queste letture non è andata così e, seppure ci sia un grande ammmmmmore che nasce magicamente dal nulla, se non altro: 1) il grande ammmmmmmore occupa una parte marginale, 2) la protagonista non si innamora di uno stalker, 3) mentre sta per essere uccisa, la protagonista non si mette a pensare a quanto sia fashion il suo amato.
Oggi è il quarto giorno della prima di due settimane di ferie e, dopo avere incominciato a leggere lunedì sera la serie “Shadowhunters, the Mortal Instruments” di Cassandra Clare, mi ritrovo ad avere finito i primi tre romanzi:
1) Città d’ossa (2007);
2) Città di cenere (2008);
3) Città di vetro (2009).

Gettiamoci subito nel mondo degli Shadowhunters, pronti a scoprire che il mondo è diviso in tre categorie di persone:
1) i mondani, AKA gente del mondo, che ignorano di non essere gli unici e che vivono nel mondo reale (in questo contesto, la New York dei giorni nostri);
2) i Cacciatori / Shadowhunters / Nephilim: sono mortali con sangue angelico che scorre nelle loro vene, che combattono contro i demoni;
3) i Nascosti (fate, stregoni, vampiri e licantropi): hanno sangue demoniaco nelle loro vene, ma discendono dagli umani e, in quanto tali, diversamente dai demoni possiedono un’anima, perciò i Cacciatori non li combattono, a meno che non stiano dalla parte del male.



Trama
Clary ha 16 anni, vive con la madre Jocelyn e non ha mai conosciuto il proprio padre. Simon è il suo migliore amico, porta gli occhiali, gioca a scacchi e suona in una band scolastica, quindi è un nerd. I due vanno insieme in un locale, il Pandemonium, in cui Clary vede gente con strani tatuaggi mentre uccide un ragazzo che, non appena è morto, scompare nel nulla. È l’unica testimone: gli altri, compreso Simon, non hanno visto quelle persone.
Qualche giorno dopo, in seguito a una lite con la madre, che non le dà spiegazioni sul loro imminente trasferimento, Clary esce insieme a Simon e, mentre è fuori, riceve una telefonata da Jocelyn (che poi sparirà nel nulla), che la prega di non tornare a casa: Clary torna e soltanto l’intervento del “killer” visto nel locale la salva dall’attacco di una creatura soprannaturale. Il killer è Jace, un Cacciatore alquanto scorbutico ma affascinante, che nel locale ha ucciso un demone che appariva in forma umana. La porta all’Istituto, luogo in cui vivono i Cacciatori, dove Clary farà la conoscenza dei suoi fratellastri Alec e Isabelle oltre che il loro tutore.
Clary si ritrova improvvisamente catapultata, e Simon con lei, in un mondo che non conosceva: anche sua madre era infatti una Cacciatrice, che lasciò gli Shadowhunters per sfuggire al suo ex marito, un Cacciatore assetato di potere che voleva eliminare tutti i Nascosti e abbattere il Conclave, istituzione che governa i Cacciatori. L’ex marito Valentine è il padre di Clary ed è stato lui a rapire Jocelyn, nel tentativo di trovare uno degli “strumenti mortali”, la coppa in cui fu versato il sangue dell’Angelo Raziel e coloro che ne bevvero il sangue divennero Shadowhunters. In questo modo vuole creare dei propri Cacciatori per costituirsi un esercito, per poi proseguire nella ricerca degli altri strumenti mortali: una spada angelica e uno specchio che nessuno sa cosa sia e dove sia.
A peggiorare la situazione, dopo essersi legata a Jace, Clary scoprirà che anche lui è figlio di Valentine e per dimenticarlo cercherà di allacciare una relazione con Simon che durerà finché lui non si accorgerà che Clary è di fatto innamorata del proprio fratello. Simon rimarrà comunque al suo fianco, specie dopo che a causa di un “incidente” accaduto nel secondo romanzo si trasformerà in un vampiro.
Contrastare lo spietato Valentine si rivelerà difficile per i dissapori interni al Conclave, ma nel terzo romanzo si giungerà a un accordo e i Cacciatori (tra cui la madre di Jocelyn, uscita dallo stato di coma in cui era volontariamente sprofondata per sfuggire a Valentine) e i Nascosti (tra cui il licantropo Luke, amico inseparabile di Jocelyn che ha fatto da padre a Clary, presenza costante di tutti e tre i romanzi) si alleeranno contro Valentine, ormai pronto a tutto per sferrare il proprio attacco ed eliminare una volta per tutte gli Shadowhunters... ma c’è qualcosa che Valentine non può sottovalutare, ovvero che Jace e Clary hanno poteri maggiori rispetto a tutti gli altri Cacciatori, a causa di un’azione da lui stesso intrapresa...

I personaggi principali
CLARY: è una 16enne abbastanza indipendente, inizialmente un po’ troppo stressata da una madre troppo assillante che sembra nasconderle qualcosa. È molto legata a Luke, amico della madre, e al proprio amico Simon, che conosce fin dalla prima infanzia. Scoperto di essere una Cacciatrice, affronta fin da subito la situazione, senza mai piangersi addosso. Per intenderci, non è come Bella Swan, ma è una badasssss!
SIMON: grande amico di Clary, è segretamente innamorato di lei da sempre, ma è consapevole del fatto che lei lo consideri solo un amico. Pur essendo il “classico nerd”, a mio parere è un personaggio ben caratterizzato, proprio per il suo essere simpaticamente nerd.
JACE: è un Cacciatore più grande di Clary di appena un anno, da sempre è stato addestrato nel combattimento, dove eccelle. È un ragazzo scontroso, rimasto orfano quando era ancora bambino e poi adottato dalla famiglia Lightwood.
ALEC: è il più vecchio dei fratelli Lightwood, ha 18 anni, ha frequenti sbalzi di umore e in un primo momento tratta malissimo Clary e Simon. È segretamente innamorato di Jace, che però ignora la sua omosessualità. Successivamente allaccerà una relazione con Magnus Bane.
ISABELLE: è una gnokka stronza che in fin dei conti non si rivela neanche poi così stronza... è semplicemente un po’ invidiosa della vita dei mondani, perché seppure non abbia mai conosciuto altra vita oltre la sua le pesa la situazione di costante pericolo a cui la sua famiglia è esposta.
MAGNUS: è uno stregone dai lineamenti asiatici ed è... mhm... un mito? Posso definirlo con questo termine? Direi di sì. I Cacciatori lo chiamano ogni volta in cui ha bisogno e lui accorre sempre, con la scusa che lo pagano o per amore di Alec. In realtà sembra che sia seriamente interessato al destino dei protagonisti.
VALENTINE: tutti lo credevano morto da 15 anni, ma in realtà non è affatto morto ed è tornato con la speranza di poter finalmente realizzare le sue ambizioni. È un uomo arrivista e disposto a tutto, ma in qualche sprazzo dimostra di non essere del tutto immune dal provare sentimenti. Purtroppo i sentimenti negativi sono più di quelli positivi...
LUKE: amico inseparabile della madre di Clary, da sempre innamorato di lei, era un Cacciatore prima di essere contagiato dal morso di un licantropo e di divenire un Nascosto. Ha l’aria trasandata, è sempre stato seriamente legato a Clary e da molti anni non vive più tra i Nascosti ma si finge un mondano.

Struttura
Contrariamente a molte serie urban fantasy, in questa i romanzi hanno un inizio e una fine ben definita e il secondo e il terzo sono semplicemente sequel: per intenderci, non troviamo una scena che si spacca a metà tra un libro e l’altro.
In ciascun romanzo i capitoli sono piuttosto lunghi e spesso ci sono stacchi dalle vicende di un personaggio a quelle dell’altro. In certi casi ho trovato che la suddivisione dei capitoli e, peggio ancora, il titolo attribuito a ciascuno di loro, non fossero poi così azzeccati.
I romanzi sono narrati in terza persona e il punto di vista prevalente è quello di Clary, anche se si alternano, specie nel terzo romanzo, i punti di vista di più personaggi, che però sono sempre gestiti in modo molto ordinato e coerente.

Valutazione finale: 4,5/5 (ma solo arrotondando per eccesso!)
Questi romanzi li ho trovati QUASI al livello di “Shadowhunters - le Origini”, e credo che il quasi dipenda da una spiacevole osservazione di Clary nel secondo romanzo (mi ha urtato i nervi un suo pensiero, specie da parte di un personaggio come lei: durante una discussione con Jace, pensava che lui volesse picchiarla, e paragonava l’eccitazione di quel momento all’eccitazione sessuale, cosa che mi è sembrata molto legata all’“indottrinamento” classico degli young adult, in cui si lascia spesso velatamente intendere che l’uomo che commette abusi sulla donna lo fa perché lo ama e lei lo deve non solo giustificare ma anche ringraziare per l’amore che le dimostra in tal modo) oltre che dal fatto che nessuno dei personaggi maschili sia intrigante tanto quanto Jem!
Sono curiosa di sapere come proseguirà la serie, anche perché il terzo romanzo mi sembrava abbastanza autoconclusivo (tranne per il fatto che, nell’epilogo, Clary ha provato un senso di familiarità nel vedere una sconosciuta con capelli castani chiari che parlava con Magnus, di cui non ci è stato detto più nulla - ho un sospetto su chi possa essere, avendo già letto Le Origini) e voglio vedere che cosa si sia inventata la Clare per proseguire...
Stay tooned, perché prima o poi arriverà un’altra recensione! ;-)


mercoledì 5 novembre 2014

Cassandra Clare, are you kidding me?????

Da Shadowhunters #2, "Città di Cenere":
"Si chiese per un momento se potesse davvero balzarle addosso, che effetto le avrebbe fatto se l'avesse colpita, l'avesse atterrata o le avesse afferrato i polsi. Per Jace combattere era come per gli altri fare sesso. Il pensiero di lui che la toccava a quel modo le fece salire un flusso ardente di sangue alle guance."

What the fuck?! o.O
Clary (protagonista di Shadowhunters, da notare come il suo nome sia una variante del cognome dell'autrice...), che finora si è dimostrata un personaggio per niente in stile Bella Swan, prova eccitazione nel pensare all'ipotesi che il suo innamorato proibito possa picchiarla, quando peraltro lui non ne ha mai mostrato l'intenzione (e, incredibile ma vero, pur avendo milioni di difetti non è uno stalker, contrariamente ai protagonisti dei romanzi urban fantasy)?! O.O

Mi chiedo, dobbiamo per forza indottrinare queste ragazzine che leggono romanzi young adult a pensare che l'uomo che commette abusi nei confronti della propria compagnia sia un figo? o.O
Tra l'altro, ho letto Shadowhunters Le Origini mesi fa, e l'ho anche apprezzata molto come lettura, e la protagonista ottocentesca non si sarebbe mai sognata di fare un pensiero simile.

La serie ambientata ai giorni nostri mi sta piacendo (anche se forse non ai livelli de Le Origini), ma questa l'ho trovata un bel po' fuori luogo...

sabato 18 ottobre 2014

RECENSIONE: "Ogni giorno" di David Levithan

"Ogni giorno", titolo originale "Every Day" è un romanzo urban fantasy di David Levithan pubblicato nel 2012, che mi è capitato davanti per caso quando l'ho visto, un po' di tempo fa, su uno scaffale della biblioteca del mio paese. E' arrivato in Italia nel 2013 e non ne avevo mai sentito parlare. Ho letto la trama e mi è sembrata interessante. Credo di avere fatto bene a leggerlo.

LA TRAMA
A. non ha un corpo: ogni giorno si risveglia dentro una persona diversa, da 16 anni, ovvero da quando è venuto alla luce. Ogni giorno entra nel corpo di qualcuno, sia un ragazzo sia una ragazza, che ha la sua stessa età. Nulla è mai cambiato, da un giorno all'altro, almeno finché non entra nel corpo del 16enne sbruffone Justin e s'innamora della ragazza di quest'ultimo, Rihannon.
Nonostante passi con lei solo una giornata, capisce di non poter vivere senza di lei e decide di rivederla, anche se gli sarà difficile farsi riconoscere visto che dovrà apparirle in corpi molto diversi. Eppure Rihannon sembra avere notato qualcosa di diverso in Justin, il giorno in cui A. ha preso possesso del suo corpo. A. e Rihannon si rivedono: lui ha di volta in volta altri corpi, eppure Rihannon riesce a credere alla sua storia.
Modificare le vite delle persone che lo ospitano nel proprio corpo, però, ha i suoi lati negativi: Nathan, uno dei ragazzi a cui A. ha "preso in prestito" il corpo, si lancia al suo "inseguimento" grazie all'indirizzo email di A., di cui ha conservato traccia, e questo causerà non pochi problemi ad A...

PUNTI DI FORZA:
- la trama è a mio parere molto originale e le tematiche trattate sono parecchio diverse rispetto a quelle che si trovano spesso nei romanzi urban fantasy dedicati a un pubblico adolescente;
- è uno young adult narrato da un punto di vista maschile (o meglio, A. sostiene di non essere né maschio né femmina, ma appare più come un personaggio maschile che femminile) e quindi ci risparmiamo molte saghe mentali da ragazzina follemente innamorata;
- nel finale nessuno vuole farci credere che le relazioni impossibili siano in qualche modo possibili e il finale, pur non essendo un happy ending convenzionale, può essere visto quasi come un happy ending in quanto A. riesce finalmente a ricominciare la propria "vita".

PUNTI DI DEBOLEZZA:
- la vita sentimentale degli adolescenti nei cui corpi entra A. è a mio parere poco credibile: a 16 anni sono praticamente tutti fidanzati a parte i disadattati sociali, inoltre la percentuale di gay e di lesbiche dichiarati è di gran lunga superiore alla media;
- certe volte ci sono personaggi un po' stereotipati, con i tipici stereotipi da teen drama americano (es: la vamp boriosa che tratta male chiunque, l'obeso che nessuno considera, i ragazzini spacconi circondati da ragazze...);
- nessuno si degna di spiegarci che cosa sia esattamente A., scopriamo che ce ne sono altri come lui, ma non scopriamo assolutamente perché non abbia un corpo proprio ma entri giorno dopo giorno in quello degli altri.

Valutazione: 4/5
E' stata una lettura che ho apprezzato, che ha avuto lati positivi e lati negativi. In generale sono stata piuttosto interessata allo svolgersi degli eventi, anche se in certi momenti ho trovato la trama leggermente scontata.
Nonostante sia uno young adult, a mio parere potrebbe interessare anche a un pubblico di lettori più adulti.

giovedì 16 ottobre 2014

RECENSIONI: "Le cose che sai di me" di Clara Sanchez

"El cielo ha vuelto" in lingua originale è diventato "Le cose che sai di me" in italiano ed è un romanzo del 2013 di Clara Sanchez, di cui a suo tempo ho parlato, avendo recensito un paio di suoi romanzi. Questa è una lettura risalente alla scorsa settimana e il libro l'ho preso in prestito in biblioteca nel mio paese. Ho letto la quarta di copertina, mi è sembrato che potesse essere interessante e il libro è venuto a casa con me. Mi sono anche detta che prima di restituirlo avrei scritto una recensione... ed eccomi qui, pronta a deludere chi pensa che io abbia apprezzato profondamente questa lettura.

TRAMA
Patricia è una giovane modella, ha un lavoro che le piace, è spesso in giro per il mondo ma di tanto in tanto torna a casa dal marito pittore depresso.
Un giorno in aereo conosce una donna bizzarra, che la informa che qualcuno la vuole morta. L'aereo rischia di precipitare e solo in extremis la vita di tutti quanti viene risparmiata. Patricia rimane segnata da questo evento... ma forse non troppo. Successivamente iniziano a capitarle altri strani incidenti in cui spesso e volentieri rischia di morire, scopre che quel qualcuno che la vuole morta è vicino a lei e, con l'aiuto della pseudo-veggente dell'aereo, cerca di andare per esclusione, nella speranza di scoprire di chi si tratta per eliminare la minaccia.

FORMA E STRUTTURA
Il romanzo è narrato in prima persona e la suddivisione dei capitoli mi è sempre sembrata abbastanza coerente. Il testo mi è sembrato piuttosto scorrevole, almeno dal punto di vista della forma... e il fatto che non fossi invogliata a proseguire la lettura non dipende da questo.

PUNTI DEBOLI
Veniamo al punto dolente: seppure gli altri due romanzi della Sanchez mi fossero sembrati un po' lacunosi nella trama ma comunque molto coinvolgenti, non ritengo di poter dire lo stesso de "Le cose che sai di me". Perché? Beh, in primo luogo perché non si è rivelato per nulla in linea con le aspettative che avevo, dal punto di vista della trama: seppure la previsione della pseudo-veggente lasci intendere che un lato soprannaturale ci sia, mi aspettavo un vero e proprio thriller. La minaccia di morte, invece, deriva dal malocchio, o qualcosa del genere. Quelli che mettono in pericolo Patricia sono pedine su una scacchiera e non capiamo nemmeno come siano manovrate. Le spiegazioni lasciano desiderare.
Infine, il finale, a tarallucci e vino, anche se Patricia mi era sembrata tutto fuorché una da far finire le cose a tarallucci e vino.

Valutazione: 2,5/5
Potrà avere anche i suoi lati positivi, ma sinceramente non sono riuscita a coglierli. Tra i romanzi che ho letto di Clara Sanchez, sinceramente è quello che mi è piaciuto di meno.

martedì 16 settembre 2014

RECENSIONE: Patricia Highsmith, "Acque profonde"

Pubblicato nel 1957, “Acque profonde” è un romanzo di Patricia Highsmith, autrice di cui ho già avuto modo di parlare tempo fa, dopo avere letto e recensito qualcos’altro di suo.

La trama
Direi che non c’è inizio migliore della quarta di copertina, che riporterò testuale qui di seguito:

Victor è un marito ideale, l’uomo che tutte vorrebbero. Bello, colto, posato, ma amante della compagnia. Melinda è invece la donna che nessun uomo vorrebbe: la classica mogliettina insipiente, carina ma sciatta, superficiale e con pochi interessi, sempre pronta a flirtare con chi si mostra anche solo vagamente disponibile. Nonostante tutto, il loro menage familiare sembra solido e destinato a durare, forse per quegli strani equilibri che si creano all’interno delle coppie. Un giorno però l’equilibrio si spezza, senza preavviso. La razionalità, che aveva sempre guidato Victor, sembra imboccare altra via, e Victor si trasforma in un killer freddo e determinato pronto a farsi giustizia da sé. Un affascinante viaggio nei meccanismi più reconditi dell’inconscio che ci svela come talvolta l’autocontrollo sia solo la più infida delle nevrosi, capace di mutare un uomo apparentemente tranquillo in uno psicopatico omicida.

Vic è il titolare di una piccola azienda, o almeno così mi pare di capire. Melinda è una donna dedita all’alcool che non fa un accidente dalla mattina alla sera, a parte bere. I due hanno una figlia di sette anni, di cui soltanto Vic si occupa. Vic e Melinda in realtà più che una coppia vera e propria sembrano essere separati in casa. Lui la mantiene. Melinda ha una sfilza interminabile di corteggiatori altrettanto propensi all’alcolismo e altrettanto privi di spessore.
A una festa, dopo avere bevuto qualche bicchiere di troppo (nei romanzi della Highsmith TUTTI bevono come spugne) si diverte a far credere a un corteggiatore di Melinda di avere ucciso, in passato, un amante della donna, che è effettivamente morto. Qualcuno ci crede, ma sono di più quelli che non ci credono. Infatti si scoprirà, poco dopo, che quel tizio era stato assassinato da qualcun altro.
Poi, a un certo punto della narrazione, infastidito dalla presenza di un corteggiatore di Melinda particolarmente volgare e insulso, Vic lo affoga in piscina a una delle molteplici feste in cui tutti bevono come spugne. Melinda dà di matto e lo accusa di essere il colpevole, ma la morte passa per accidentale. Di fatto questo è solo l’inizio di un susseguirsi di eventi, che sfoceranno in un imprevisto(?) finale.

Considerazioni varie
In sintesi abbiamo Vic e Melinda, i personaggi principali, che non mi sembrano tanto diversi dai soliti personaggi della Highsmith.
Lui è un uomo che dovrebbe apparirci completamente normale, anche se nel corso del romanzo si lascia dietro tre cadaveri. Come tipico dei romanzi della Highsmith, il protagonista ritiene perfettamente normale lasciarsi dietro tre cadaveri.
Lei è una delle tante oche svampite che si incontrano nei romanzi della Highsmith stavolta più tendente all’alcolismo che di solito: di fatto la maggior parte degli psicopatici hanno mogli oche, nei suoi romanzi.
Di fatto ho avuto l’impressione, seppure finora abbia letto soltanto una minima parte della sua produzione, che la Highsmith abbia la tendenza a mettere in gioco elementi molto simili, tra un romanzo e l’altro.

Valutazione: 3,5/5
Il romanzo è scorrevole e rapido da leggere (l’ho iniziato ieri e, di fatto, l’ho letto soltanto nelle pause al lavoro, a parte stasera), ma a mio parere ha la pecca di farci capire molto in fretta dove l’autrice voglia andare a parare.
Il finale, inoltre, che forse avrebbe dovuto apparirci spiazzante, mi è sembrato non dico scontato, ma quantomeno prevedibile.
I personaggi, inoltre, dal primo all’ultimo mi sono apparsi, seppure ben caratterizzati, un tantino grotteschi e molto poco credibili.


martedì 2 settembre 2014

I Deja-vu dei nipoti della Zia Agatha

Avevo appena 12 anni il giorni in cui “Assassinio sull’Orient Express” mi trascinò nella tana della zia Agatha e fui abbastanza scaltra da evitare la tazza di cianuro corretto con tè che mi sono ritrovata davanti. Credo, circa quattordici anni più tardi, di avere letto circa i due terzi dei romanzi di Agatha Christie e devo dire che si suddividono in due categorie:
- i capolavori del giallo con trama brillante e soluzione brillante;
- i romanzi in cui le trame sono tutto un copia-copia di quelli precedenti in un'altra salsa, che però hanno una soluzione ugualmente brillante.
Questa vuole essere una raccolta di quelli che io chiamo i “cliché della zia Agatha”, che spesso e volentieri più che infastidirmi mi fanno un po’ sorridere.

GLI INGREDIENTI DEL ROMANZO:
- Uomo benestante (leggi: ricco sfondato) di mezza età che vive in una megavilla, generalmente è vedovo e almeno uno dei suoi figli è morto;
- parenti di ogni grado che vivono a sue spese o che vengono invitati a soggiornare a casa sua per un periodo minimo di sei mesi;
- parenti diseredati che vengono comunque invitati a casa sua;
- almeno una delle parenti donne è rimasta vedova prima dei trentacinque anni.

CARRIERA PROFESSIONALE:
- se sei ricco non lavori ma vivi grazie a una non precisata rendita;
- se sei povero/a lavori come maggiordomo / governante / giardiniere / autista / cuoca / cameriera e nel 95% dei casi sei tonto;
- se rientri nel 5% dei non tonti, sei una donna tra i trenta e i trentacinque anni e riceverai molte proposte di matrimonio;
- le uniche altre professioni esistenti sono: medico, agente di Scotland Yard, detective privato.

IL TESTAMENTO:
- l’attività preferita dei ricchi è cambiare di continuo il loro testamento, facendo fare da testimoni a membri del personale di servizio analfabeti;
- il motivo principale per cui diseredano i loro discendenti è che anziché farsi mantenere a vita preferiscono andarsene di casa e lavorare.

FORME DI CORTESIA:
- Ciascuno dà del lei o del voi ai propri amici intimi e a qualsiasi parente oltre il primo grado.

GENTE CHE SI SPACCIA PER QUALCUN ALTRO:
- Qualunque sconosciuto venga ospitato nella casa del ricco benestante, potrebbe nascondersi sotto una falsa identità;
- Gli uomini portano in casa la propria amante spacciandola per la sorella;
- Se un uomo e una donna, fratello e sorella, sono gli unici sopravvissuti a un bombardamento, in realtà lei non è la sorella, ma la cameriera che è anche l’amante di lui e si spaccia per la sorella.

INTENTO OMICIDA:
- Se vuoi uccidere qualcuno e ti presenti a casa sua armato quando è da solo, con tutta probabilità arriverai e scoprirai che è già morto;
- nella situazione di cui sopra, invece di dare l’allarme ti metterai a toccare tutto quello che trovi in giro, facendoti sorprendere con l’arma del delitto in mano proprio mentre sopraggiunge qualcuno.

ALIBI:
- il modo migliore per costruirsi un alibi fasullo è far credere che il delitto sia stato commesso prima o dopo rispetto a quando è stato commesso in realtà;
- il modo migliore per riuscire nell’intento di cui sopra è rompere l’orologio della vittima in modo che si fermi in quella che dovrebbe essere l’ora del delitto.

SCENA DEL DELITTO:
- la scena del delitto viene camuffata ad arte spargendo oggetti di proprietà di chi si vuole che venga accusato del delitto.

ARMA DEL DELITTO:
- nel 90% dei casi le donne avvelenano;
- nel 90% dei casi gli uomini strangolano, ma solo se devono uccidere una donna.

LE INIZIALI:
- tutti hanno oggetti con le loro iniziali, che possono smascherarli come ipotetici colpevoli del delitto;
- non raramente si scopre che l’oggetto in questione è di proprietà di qualcuno di nazionalità russa o di altro paese dove si usa l’alfabeto cirillico e che l’iniziale significava tutt’altro.

RELAZIONI SENTIMENTALI:
- è normalissimo che un uomo faccia una proposta d’amore a una donna che ha appena conosciuto e con cui ha scambiato poche parole;
- è normalissimo che la donna che riceve una proposta d’amore da un uomo che ha appena conosciuto la accetti;
- se una donna è particolarmente sveglia, generalmente riceve almeno tre proposte di matrimonio una di seguito all’altra e generalmente da membri della stessa famiglia.

NAZIONALITÀ:
- Se sei nato in un qualsiasi paese europeo che si affaccia sul Mediterraneo, sei il colpevole;
- Se sei nato in un qualsiasi paese avversario del Regno Unito in una delle guerre mondiali, sei ugualmente il colpevole;
- Se sei belga, ogni tre parole ne devi pronunciare una in francese.


Milly Sunshine per Scrittori della Notte.

giovedì 24 luglio 2014

Riflessioni su "Lolita" di Vladimir Nabokov

Lolita, luce della mia vita
Sei così giovane ma sei troppo fi*a

A 12 anni col figlio dei vicini sco*avi,
Era scontato che poi me la davi...

Il mio amore per te non è peccato,
Eppure l'autrice del blog pensa che io sia un depravato!


***
Scusate, non sono riuscita a trattenermi.
Ho letto da poco questo celebre classico e, di fronte alla mentalità di molti dei commenti che ho letto su questo romanzo, che vuole descriverci il protagonista come una vittima e Lolita come colpevole, mi è venuto più volte il voltastomaco.
Lolita è una baby-zoccola, come dimostra la sua relazione col figlio dei vicini. Ma a 12 anni è stata con un 13enne, prima di conoscere il nostro "protagonista-vittima", che non è null'altro che un pedofilo stalker ricattatore che distrugge la vita di una bambina. Lolita risponde con le sue stesse armi, è vero... ma quali altre armi conosce?

sabato 28 giugno 2014

RECENSIONE: "L'ombra dell'ultima rosa" di Wolfram Fleischhauer

L'avevo già visto, in biblioteca, e avevo già letto la quarta di copertina. Avevo pensato che potesse essere interessante, ma non mi aveva convinta fino in fondo. La seconda volta ho deciso di dargli una possibilità...

La trama
Siamo a Berlino alla fine degli anni '90. Giulietta è una ballerina di danza classica, una di quelle che vivono per la danza e che credono che tutto il resto sia da demonizzare. In un teatro berlinese incontra Damian, un ballerino argentino di tango, con il quale ha un'intensa quanto breve storia d'amore.
Poi lui fugge in Argentina... e fugge dopo avere aggredito e legato il padre di Giulietta a casa della ragazza, mentre lei era assente, e averle fatto capire che deve chiedere spiegazioni proprio al padre, e non a lui, per quello che è successo. Il padre, da parte sua, fin dal prologo sembra avere qualcosa da nascondere.
Giulietta, anziché fare quello che avrebbe fatto qualunque persona normale, lo rincorre a Buenos Aires, dove Damian sembra scomparso nel nulla e dove Giulietta si affida a perfetti sconosciuti per ritrovarlo, in primis la psicologa americana Lindsay.
Rivedendo vecchie performance di Damian, Giulietta si rende conto che c'è un codice segreto nei suoi balli, e che cerca di lanciare messaggi, che lei riesce a decifrare anche con l'aiuto della nuova amica psicologa.
E a poco a poco inizia a delinearsi uno scenario inquietante: ingredienti la Germania Est, la dittatura argentina, i figli dei desaparecidos... e un finale in cui Giulietta, ancora una volta, si comporterà in modo tutt'altro che normale.

Struttura
Il romanzo è narrato in terza persona, è coinvolgente e scorrevole... ma non sempre. All'inizio ci dobbiamo sorbire un buon centinaio di pagine, ovvero circa un quarto del romanzo, che narra la nascita della storia tra Giulietta e Damian, che in realtà si potrebbe descrivere così: i due si vedono, dopo mezz'ora vanno a letto insieme e continuano a vedersi. Inoltre, nonostante stiano insieme da pochissimo tempo, lui va e viene a casa di lei, con il suo mazzo di chiavi, così come se niente fosse, senza nemmeno avvertire.
Il punto di vista è quello di Giulietta... ma non sempre. Ci sono momenti in cui si intravede quello di altri personaggi, non tanto perché sia rilevante, ma perché, a mio avviso, il punto di vista non è gestito in modo esattamente impeccabile. Ma questa è stata solo una sensazione che ho avuto...

Personaggi
Non mi è sembrato di vedere personaggi stereotipati e, devo dirlo, la maggior parte di loro mi sono sembrati piuttosto interessanti, con una storia intrigante da raccontare. Li ho apprezzati parecchio, anche se ho spesso avuto l'impressione che si comportassero (specie Giulietta) in modo piuttosto inverosimile.

Valutazione finale: 4/5
A mio parere questo romanzo è stato un buon mix di mistero e storia recente; non l'ho apprezzato proprio al 100%, ma a un buon 90% posso dire di esserci arrivata. La mia valutazione non può essere altro che positiva.

venerdì 27 giugno 2014

RECENSIONE: "C'è un cadavere in biblioteca" di Agatha Christie [Miss Marple #2]

Siamo nel 1942 e "The Body in the Library" è il secondo romanzo (o terzo, se valgono le considerazioni che ho fatto a suo tempo) della serie con Miss Marple, ambientata nel paese di St. Mary Mead, dove quest'arzilla nonnina trascorre le proprie giornate a lavorare a maglia, bere tè, farsi i ca**i degli altri, spiare i vicini col binocolo e risolvere inesplicabili misteri...

La trama
Siamo nella tipica casa dei ricchi, abbiamo una coppia di ricchi anziani: il colonnello Bantry e la sua consorte, cara amica di Miss Marple che non fa altro che spettegolare (tra parentesi, i due sono proprio quelli a casa dei quali si svolgevano i raduni di "Miss Marple e i tredici problemi").
Nella loro casa c'è come al solito un intero esercito composto da personale di servizio e, in quello che sembrava un giorno come tanti, una delle tante cameriere tonte inizia a urlare a squarciagola che c'è una donna assassinata in biblioteca...
Ed è infatti così: una ventenne, adottata da un vecchio invalido, che lavorava in un hotel nelle vicinanze è stata assassinata e, per evitare pettegolezzi su una sua eventuale relazione con Bantry, i due padroni di casa si affrettano a chiamare in loro soccorso la loro amica Jane Marple, affinché possa scoprire come stavano davvero le cose e confermare che il responsabile del delitto sia un giovane sconclusionato che si è trasferito in zona di recente.
Ma Miss Marple ha qualche dubbio in proposito e le sue indagini la portano a scorgere un collegamento tra la morte della ragazza e la scomparsa di una sedicenne di ritorno da un raduno di boy scout, il cui cadavere verrà trovato all'interno di un'auto bruciata...

Struttura
Il testo è in terza persona, con narratore pressoché onnisciente in certi momenti, e punto di vista che salta da un personaggio all'altro in altri momenti. Il romanzo si legge molto in fretta, non tanto perché è breve, quanto perché il testo scorre bene, anche se rimango del mio parere e continuo a preferire quei romanzi in cui il passaggio da un punto di vista all'altro, se c'è, è più ordinato. Ma questa è una preferenza personale...

Personaggi
I personaggi sono ben delineati anche se, come spesso avviene nei romanzi della Christie, tendono ad essere leggermente stereotipati e a ripetersi da un romanzo all'altro: il ricco invalido con i figli già morti e una lunga distesa di parenti da mantenere, la giovane "ingrata" e "traditrice della famiglia" che prova attrazione per un ragazzo che alla famiglia non piace, le cameriere svampite, ecc...

Valutazione: 4/5
Per certi aspetti non è tra i romanzi migliori della Christie, ma la soluzione al mistero è mooooolto originale e il voto che avevo pensato, 3,5/5, risulterebbe non tenerne conto. Quindi diamogli quattro punti pieni.


sabato 21 giugno 2014

RECENSIONE: "La voce invisibile del vento" di Clara Sanchez

Clara Sanchez deve essere la risposta latina a Nicholas Sparks... non saprei in che altro modo definire questo romanzo, che ho letto perché la trama riportata sulla quarta di copertina mi dava l'idea di essere molto avvincente.

Spagna, località di Las Marinas. La luce si è ritirata verso qualche luogo nel cielo. Il buio della notte avvolge le viuzze del paese e il mare è nero come la pece. Julia ha perso la strada di casa: è circondata dal silenzio e sente solo la voce del vento che soffia dal mare, e profuma di sale e di fiori. Non ricorda cosa sia successo: era uscita a prendere il latte per suo figlio, ma sulla strada del ritorno all'improvviso si è ritrovata in macchina senza soldi, documenti e cellulare. In pochi minuti quella che doveva essere una vacanza da sogno si è trasformata in un incubo. Per le strade non c'è nessuno, le case sulla spiaggia sembrano tutte uguali e Julia non riesce a ritrovare l'appartamento nel quale l'attendono il marito Felix e il figlio di pochi mesi. Prova a contattarli da un telefono pubblico, ma la linea è sempre occupata. Tutto, intorno a lei, è così familiare eppure così stranamente irreale. Tra le vie oscure e labirintiche c'è solo una luce, quella di un locale notturno. A Julia non resta altra scelta che raggiungerlo, nella speranza di trovare qualcuno che l'aiuti. Qui, quasi ad aspettarla, c'è un uomo, un tipo affascinante, con la barba incolta e l'accento dell'Est Europa, che sembra sapere tante, troppe cose su di lei. Si chiama Marcus: Julia ha la sensazione di averlo già incontrato da qualche parte. Fidarsi di lui è facile. Eppure Marcus non è quello che sembra e nasconde qualcosa, come ha appena scoperto anche Felix, che sta cercando in tutti i modi di riavere Julia con sé. Ma la donna può affidarsi solo a sé stessa. Deve ascoltare il vento che continua a soffiare intorno a lei. Deve capire cosa sta accadendo. Perché è lì, nel suo istinto di sopravvivenza, che può trovare finalmente la strada di casa.

Io mi ero fatta i miei viaggi: Julia perde la memoria, ha a che fare con un pazzo/ stalker/ criminale/ ecc... e cerca di trovare un modo per liberarsi di lui e tornare alla sua vecchia vita di cui riesce comunque a ricordare qualcosa.
...
...
...
No, non è così. E, anzi, dalla quarta di copertina a mio parere la storia sembra ben diversa da quello che è.
La trama, infatti, è molto diversa. Julia ha un incidente in macchina, batte la testa e finisce in coma. Inizia a sognarsi di quel Marcus e di tanta altra gente, mentre per Felix inizia un lungo revival dei bei tempi andati, che forse non erano poi così tanto bei tempi, dato che Julia, mentre era già in attesa del loro figlio, andava a letto con quel Marcus di cui sopra che tra l'altro da lei si faceva mantenere.
Si sussegue il sogno di Julia, si susseguono le saghe mentali di Felix... e dopo circa 360 pagine vediamo il finale, dove finalmente Julia si sveglia dal coma nel modo in cui la gente si sveglia dal coma nei film.

Struttura
Il romanzo è narrato in terza persona, alternando capitoli col punto di vista di Julia e capitoli col punto di vista di Felix, anche se a mio parere la Sanchez pasticcia un po' e a volte scorge anche il punto di vista di altri personaggi.
Il testo è comunque piuttosto scorrevole e, nonostante la lunghezza del romanzo, sono riuscita a leggerlo molto in fretta.

Valutazione: 3/5
Ho idee un po' contrastanti a proposito di questo romanzo. L'ho letto in fretta e tutto sommato non mi ha annoiata (specie nella parte del sogno di Julia, perché quella di Felix non mi è sembrata affatto alla stessa altezza), anche se a mio avviso questo romanzo è totalmente privo di colpi di scena ed è piuttosto scontato.

venerdì 20 giugno 2014

RECENSIONE: "I due volti di gennaio" di Patricia Highsmith

“I due volti di gennaio” di Patricia Highsmith, uscito mezzo secolo fa, è stata, in questi giorni, una delle mie ultime letture.
Per quanto riguarda il genere, si colloca a metà tra il thriller e il noir, come ormai penso tutti i romanzi di questa autrice.

Trama
Direi che possiamo iniziare dalla quarta di copertina, che tutto sommato descrive abbastanza bene quella che è, in linea di massima, la trama di questo romanzo.

Un pomeriggio come tanti, tre esistenze si incrociano nel corridoio di un albergo greco. Quella di Chester, truffatore quarantenne americano, di sua moglie Colette, giovane, bella e inquieta, e di Rydal, un ragazzo in fuga dai fantasmi del passato.
In pochi minuti, quanto basta per nascondere il cadavere di un ispettore greco sulle tracce di Chester, le vite dei tre non sono più le stesse. Rydal, per noia e curiosità, si offre di aiutare Chester e Colette a nascondersi e a fuggire, ma in un crescendo di seduzione e fascinazione nessuno dei tre è più in controllo delle proprie emozioni e dei propri istinti. E quando Chester si rende conto che la moglie sta per cedere al fascino del giovane amico, prepara una terribile vendetta nel labirinto del palazzo di Cnosso...

Siamo alla fine degli anni ’50-inizio degli anni ’60 in Grecia, dove il truffatore di mezza età Chester si è rifugiato per non dare troppo nell’occhio in America, suo paese natale. Ha una moglie 25enne oca che si lascia maltrattare volentieri se questo significa essere ricca grazie agli introiti del marito. Nel tentativo di sfuggire a un agente lo uccide... e in quel momento sbuca fuori Rydal (un neolaureato con vari precedenti penali che non ha niente da fare dalla mattina alla sera) proprio mentre Chester si sta sbarazzando del cadavere. Naturalmente Rydal fa la cosa più normale in un romanzo della Highsmith, che è aiutarlo a nascondere il corpo, procurare passaporti falsi a lui e alla sua consorte e, come se non bastasse, seguirli nella loro fuga perché... mhm... perché... suvvia, c’è bisogno di un perché, dopo tutte le azioni insensate che ha già commesso? Direi di no.
I tre fuggono con false identità e Colette sembra molto attratta da Rydal, con il quale trascorre il proprio tempo mentre Chester non fa altro che bere, e che tenta di sedurre. Convinto che i due abbiano una relazione, Chester tenta di sbarazzarsi di Rydal prima pagandolo affinché se ne vada e poi tentando di lanciargli un pesante vaso in testa durante l’ennesima delle loro gite da finti turisti. Per fortuna di noi lettori il vaso arriva in testa a Colette, che muore sul colpo. Ci liberiamo quindi del personaggio più insulso e resta in vita l’unico vagamente interessante!
Chester reagisce con estrema freddezza all’omicidio involontario della moglie da lui commesso e si nasconde per non essere visto dal custode, che invece vede Rydal. Risultato: Chester ha intenzione di far sì che Rydal venga accusato del delitto, ma ha anche intenzione di liberarsi di lui e di procurarsi un’ulteriore identità. Rydal, nel frattempo, vuole vendicare Colette e progetta di eliminare Chester. Forse. Perché quali siano le intenzioni dell’uno e dell’altro non è poi così semplice capirlo...

Struttura
Il romanzo è narrato in terza persona, con i punti di vista dei personaggi che si alternano da un personaggio all’altro in quello che io definisco “modo disordinato”: capita anche da una frase all’altra, e non è esattamente la soluzione che prediligo.
Nonostante ciò il testo riesce comunque ad essere scorrevole quanto basta per consentirne una lettura rapida.

Valutazione: 3/5
Il romanzo tutto sommato è abbastanza interessante, ma non ci sono, a mio parere, molti colpi di scena e praticamente MAI la trama pare realistica.


martedì 17 giugno 2014

RECENSIONE: “Entra nella mia vita” di Clara Sanchez

Questo libro l’ho ricevuto in regalo per il mio compleanno, poco meno di tre settimane fa. L’ho letto in questi giorni e adesso sono pronta per condividere la mia esperienza.
Siamo nella Spagna degli anni ’90 e il dramma e il mystery si fondono...

Trama
Madrid. Il sole estivo illumina la casa piena di fiori. È pomeriggio e la piccola Veronica approfitta di un breve momento di solitudine per spiare tra le cose dei genitori. Apre una cartella piena di documenti, e scorge una foto. La estrae con la punta delle dita, come se bruciasse.
Non l’ha mi vista prima. Ritrae una ragazzina poco più grande di lei, con un caschetto biondo, una salopette di jeans e un pallone tra le mani. Veronica è confusa, ma il suo intuito le suggerisce che è meglio non fare domande, non adesso che la mamma è sempre triste.
Anno dopo anno, Veronica si convince sempre più che le discussioni e i malumori in casa sua nascondano qualcosa di cui nessuno vuole parlare. E che l’enigma di quella foto, di quella bambina sconosciuta, c’entri in qualche modo.
Ma quando diventa una donna, decisa e tenace, Veronica non può fare finta di niente. La malattia della madre la costringe a fare i conti con un passato di cui non sa nulla, un passato rubato che la avvicina sempre di più alla bambina misteriosa della fotografia. Ritrovarla è l’unica strada per raggiungere la verità. Una verità che, forse, ha un prezzo troppo alto. E quando Veronica trova la bambina, ormai donna anche lei, capisce che la strada è tutt’altro che percorsa, che il mistero è tutt’altro che svelato. Ma soprattutto capisce che c’è qualcuno disposto a tutto pur di ostacolarla nella sua ricerca. Non le rimane che affidarsi a sé stessa, al suo intuito e al suo coraggio. Perché districare il groviglio di bugie e manipolazioni sarà molto, molto pericoloso.

Questo è quanto dice la quarta di copertina dell’edizione pubblicata da Garzanti. È abbastanza significativa, se non per due dettagli.
Ma quando diventa una donna --> What?! Veronica ha 17 anni.
il mistero è tutt’altro che svelato --> Ri-what?! Sarà anche da svelare per Veronica, ma abbiamo tutto tra le mani fin dai primi capitoli.

Il romanzo si concentra sul mistero di Laura: Betty, madre di Veronica, ormai in punto di morte, è sempre stata convinta che sia sua figlia, ufficialmente morta alla nascita. Questa convinzione è stata per lei un’ossessione e ancora non si è rassegnata. Veronica decide di cogliere la sua eredità e di dimostrare che Betty non era una visionaria e che nelle sue convinzioni c’era un fondamento di verità...

Struttura
Il romanzo è narrato in prima persona, la maggior parte dei capitoli con il punto di vista di Veronica, alcuni con il punto di vista di Laura (cosa che non ho apprezzato più di tanto). Le due voci di questo romanzo sono pressoché identiche (cosa che ho apprezzato ancora meno), troviamo scritto soltanto in cima ai capitoli che si tratta di Veronica o di Laura. Nonostante questo dettaglio, nei capitoli con il POV di Laura ho faticato non poco, in certi momenti, a capire che la protagonista non era Veronica, ma lei stessa.
A parte questo “piccolo” inconveniente, il romanzo fila liscio e scorrevole, anche se in certi momenti ci sono state alcune divagazioni a mio parere un po’ troppo slegate dalla vicenda centrale, che offrivano ben poco alla trama.
Certi personaggi sono ben caratterizzati, mentre altri rimangono un po’ sullo sfondo, seppure siano abbastanza rilevanti.

Valutazione finale: 4/5
Il romanzo mi è piaciuto parecchio, non posso negarlo. Seppure come lettrice fossi già al corrente di fatti che Veronica ancora ignorava, ero comunque invogliata a leggere, perché volevo scoprire quale sarebbe stata la sua reazione quando ne fosse venuta a conoscenza. Da amante del mystery, però, avrei preferito un po’ più di vero mystery.

domenica 15 giugno 2014

RECENSIONE: "Passeggero per Francoforte" di Agatha Christie

Non tutti lo sanno, ma il giallo più puro e classico non è stato l'unico genere a cui Mrs Christie si dedicò. Ci furono anche alcune sue incursioni nel mondo dello spionaggio, e "Passeggero per Francoforte" è uno di questi romanzi, pubblicato per la prima volta nel 1970.

La trama
Abbiamo Stafford, un diplomatico quarantenne pseudo-nullafacente, di ritorno da un viaggio in Malesia. Sull'aereo una certa Mary Ann gli chiede in prestito il passaporto con l'intento di travestirsi da uomo e di spacciarsi per lui, che dovrà fingere di essere stato derubato, in modo da giustificare l'assenza del documento.
Sconcertato da quanto gli è accaduto, dopo essere tornato in patria, Stafford decide di incontrare di nuovo la donna, tramite un'inserzione su un giornale. Si ritrova così coinvolto in un intrigo internazionale, in cui sembra che un'anziana contessa, che fu compagna di scuola della zia di Stafford (la zia che è a mio avviso una sorta di alter-ego della Christie, che odia i non conservatori perché non sono conservatori, ma anche i conservatori perché sono troppo conservatori...), stia complottando per instaurare di nuovo il regime nazista circondandosi di bei giovani biondi e attraenti (mica scema la nonnina...), di cui uno potrebbe essere il figlio segreto di Hitler che in realtà sarebbe fuggito in Sudamerica dopo essere stato rimpiazzato da un sosia... E intanto ci sono degli scienziati che hanno tra le mani un'inquietante e importante scoperta scientifica...

BONUS: il romanzo finisce con un matrimonio.
Non c'è il doppio bonus: nulla lascia pensare che la sposa avesse ricevuto una proposta di matrimonio anche da un altro pretendente.

Struttura e considerazioni
Il romanzo è narrato in terza persona, con un narratore pressoché onnisciente, nonostante vengano seguite in primo luogo le vicende di Stafford.
Alla base ci sono numerose teorie del complotto, dettate a mio parere dall'impossibilità di una donna di 80 anni (tale era Agatha nel 1970) di accettare che il mondo degli anni '70 era diverso da quello degli anni '30 (il glorioso mondo delle tenute in campagna e dei tè con l'arsenico degli altri suoi romanzi XD)... Le critiche che Agatha pone nei confronti della società anni '70 sono più o meno quelle che mia nonna pone nei confronti della società di oggi!
Il problema è a mio avviso comune a quello di molti romanzi basati su teorie del complotto: non si cava un ragno dal buco. Infatti in questo romanzo troviamo uno scienziato assassinato a poche pagine dal finale, mentre è incerto il destino della nonnina nazista e dei suoi seguaci. Tradotto in parole povere: non mi sembra di aver capito dove si volesse andare a parare.

Personaggi principali
Almeno i personaggi saranno nuovi e mai visti prima nei suoi romanzi, si può pensare. Ma è davvero così?
STAFFORD NYE: uomo di mezza età, inconcludente che però si ritrova ad essere protagonista di una vicenda intricata e contorta. Mi ha ricordato, per certi versi, il medico voce narrante de "L'assassinio di Roger Ackroyd".
MARY ANN/ CONTESSA RENATA/ DAPHNE: non è ben chiara l'identità della protagonista femminile, ma abbiamo alcuni dati di fatto, ovvero che è una donna intrigante e che non si arrende di fronte al pericolo. E' un mix tra Tuppence (la MITICA Tuppence!) e le varie pseudo-protagoniste che in molti suoi romanzi hanno una partecipazione attiva alla scoperta del colpevole e ricevono nel frattempo dozzine di proposte di matrimonio.
LA CONTESSA VON... QUALCOSA: è vecchia, è dispotica ed è pronta a tutto. Mi ha ricordato un po' la vecchia despota de "La domatrice". Se avesse avuto una mezza dozzina di figli e nipoti intorno, le sarebbe sicuramente stato servito un tè con l'arsenico.
I GIOVANI BIONDI CHE LA CIRCONDANO: esistono, ma non hanno ruolo. Se fossero state donne anziché uomini, sarebbero stati un esercito di cameriere, cuoche e governanti dall'aria svampita.
LA ZIA MATILDA: è vecchia, rimpiange i bei tempi andati, è affranta dal fatto che i tempi siano cambiati. Insomma, è quello che sarebbe Miss Marple se non avesse l'insana abitudine di impicciarsi negli affari di chiunque.

Valutazione finale: 2,5/5
Sono abituata a standard migliori e, sinceramente, questo romanzo non mi ha detto granché, anche se le idee di partenza avrebbero potuto essere buone.
Credo che sia chiaro, ormai, che le idee buone di partenza che vengono perse per strada mi fanno venire l'orticaria...
Non è che non mi sia piaciuto, ma ho sempre collegato e collegherò sempre il nome di Agatha Christie a trame di maggiore livello. Lo consiglio solo a chi ha letto abbastanza romanzi di Agatha Christie da non lasciarsi influenzare da questo.


sabato 14 giugno 2014

RECENSIONE: "Un cavallo per la strega" di Agatha Christie

E' tempo di rendere nuovamente omaggio a Mrs Agatha, tramite la recensione di un suo romanzo.

Trama
"Un cavallo per la strega" è un romanzo del 1961: è quindi superata l'epoca del tè con l'arsenico nelle ville di campagna dei ricchi che si trovano nel raggio di qualche chilometro da dove si trova Hercule Poirot. Anzi, stavolta non c'è nemmeno Poirot. La voce narrante di questo romanzo, tale Mark Easterbrook, è un... mhm... uno che non ha niente di meglio da fare che riflettere sul senso della vita in un pub frequentato da giovani ricchi che hanno scelto di vivere come straccioni. Nel bel mezzo di una serata al pub Mark assiste a una lite tra due ragazze, una delle quali strappa i capelli all'altra. Quella a cui sono stati strappati i capelli morirà di lì a qualche tempo, di malattia.
Nel frattempo un prete viene assassinato in una sera nebbiosa, con un farmacista come unico testimone del delitto. Gli verrà trovata addosso una lista di nomi (al prete, non al farmacista, non so se sono stata abbastanza chiara), che gli è stata consegnata da una vedova irlandese in punto di morte alla quale ha dato l'estrema unzione. E' una lista di nomi di persone morte per cause naturali, tra cui troviamo anche la madrina di Mark e la ragazza del pub, che aveva qualcosa a che vedere con una locanda chiamata "Cavallo Pallido". E se queste persone non fossero morte per cause naturali?
Nel frattempo Mark si ritrova in uno di quei paesini di campagna in stile "La sagra del delitto", dove infatti troviamo la migliore amica di Poirot, Ariadne Oliver, anche se, come ho già detto, qui non c'è Poirot. Mark va a fare visita a tre donne che vivono laddove sorgeva la locanda, tre presunte streghe che fanno il malocchio alla gente, di cui una sostiene di poter uccidere a distanza. In questo paese, inoltre, c'è un ricco paralitico che, secondo il farmacista, è l'assassino. Peccato che, essendo paralitico, sia materialmente impossibile che abbia commesso il delitto.
Mark si convince che le vittime abbiano avuto a che vedere con il "Cavallo Pallido" e viene per questo scambiato per un visionario dalla sua fidanzata, e per questo motivo la loro relazione giungerà al capolinea. La sua ex verrà prontamente rimpiazzata da una certa Ginger, una ragazza del posto con cui Mark stringe un'alleanza, con lo scopo di scoprire la verità, alleanza che metterà Ginger in serio pericolo...

BONUS: tutto lascia intendere che Mark e Ginger si sposeranno, alla fine del romanzo.

Struttura
Il romanzo è narrato in gran parte in prima persona, con Mark che è sempre protagonista... a parte in certi capitoli, all'inizio, in cui Mark è assente e i fatti vengono esposti in terza persona, forse per il desiderio dell'autrice di svelarci qualcosa di più a proposito dell'omicidio del prete.
Sinceramente questa cosa non mi è piaciuta molto (non apprezzo particolarmente il passaggio da prima a terza persona o viceversa, senza un motivo apparente ben preciso e da un capitolo all'altro), ma devo ammettere che è l'unica cosa che non mi è piaciuta.

Valutazione: 4/5.
E' uno dei romanzi di Agatha Christie in cui il protagonista non è né Poirot né Miss Marple, e forse questo è un bene, in quanto la voce narrante, Mark, di per sé non ruba la scena alle vicende, come invece avrebbero fatto Miss Marple ma soprattutto Poirot.
La trama è interessante e si nota un adeguamento della Christie ai tempi che corrono: gli anni '60 non sono più l'epoca già menzionata degli avvelenamenti da parte di lontani nipoti e cugini nelle tenute di campagna. Qui troviamo un ambiente urbano anziché rurale, troviamo ricerche di marketing che di sicuro non esistevano negli anni '30 (piccola nota di colore: la prima volta che lessi questo romanzo, mancavano pochi giorni al mio esame di Marketing all'università!), troviamo personaggi che non sembrano semplicemente usciti dagli anni '30 e piazzati in un contesto di trent'anni dopo. Il passato, però, è passato fino a un certo punto, e si finisce sempre con la scoperta del mistero... e con un matrimonio annunciato nel finale!

domenica 8 giugno 2014

RECENSIONE: "Cercando Alaska" di John Green

Ecco a voi la recensione di uno degli ultimi romanzi che ho letto in questi giorni...

Trama
Miles Halter, solitario collezionista di Ultime Parole Famose, lascia la tranquilla vita di casa per cercare il suo Grande Forse a Culver Creek, una scuola prestigiosa in Alabama. È qui che conosce Alaska. Brillante, buffa, svitata, imprevedibile, sexy quanto lo si può essere, per Miles diventa un enigma, un pensiero fisso, una magnifica ossessione.

Dalla quarta di copertina si capisce tutto e niente, e dico sul serio. Si capisce tutto (cioè che sarà uno young adult con un protagonista maschile simil-nerd innamorato di una gnokka buona) e niente (cioè non è chiaro quale sia il resto della trama, se ce ne sarà una, e che cosa significhi collezionare Ultime Parole Famose).
Collezionare ultime parole famose, apprendiamo fin dalle prime pagine, significa sapere a memoria le parole pronunciate in punto di morte da qualunque personaggio storico, che è appunto l’hobby del nostro Miles, un secchione ammesso a studiare in un prestigioso college dove si fa di tutto tranne che studiare e che, contrariamente a qualunque altra scuola, per i corsi di religione si fanno relazioni di dozzine di pagine invece di non fare niente. Miles, neanche a dirlo, non aveva amici, non aveva nessuno che se lo filasse e non faceva nulla per fare amicizia con qualcun altro. Al college però gli va bene: diventa amico del Colonnello (in questo romanzo i soprannomi simil-Moccia si moltiplicano come funghi) e di tutti i suoi amici, ovvero un giapponese fuori di testa e una ragazza fuori di testa, ovvero Takumi e Alaska. Poi, inevitabilmente, ha per nemici gli snob della scuola, che a un certo punto lo legano e lo gettano in un lago, senza subire nessuna conseguenza (evidentemente il tentato omicidio in quella scuola è meno grave piuttosto che farsi beccare con una sigaretta accesa, come si evince nel corso delle pagine)
Dimenticatevi di Takumi, perché fa la comparsa di tanto in tanto, mentre Alaska... anche Alaska, però quando non c’è tutti parlano di lei.
Alaska è una vera riBBBBBBBelle, ma dato che è una secchiona riBBBBBBBBelle fa soltanto la metà delle cose che fanno le vere riBBBBBBBelli, ovvero fuma come una turca e beve come una spugna, senza avere bisogno di spaccare i timpani a chiunque ascoltando musica hard rock/ metal/ punk/ ecc... a tutto volume criticando chi non lo fa.
Miles si innamora di lei, ma dato che lei è già fidanzata con un ragazzo più grande, si mette insieme a una certa Lara che non ha nessun ruolo nella trama, se non quello di provocare un orgasmo al protagonista utilizzando la bocca fare la tappabuchi in attesa che Alaska si fili Miles.
E finalmente Alaska bacia appassionatamente Miles, prima di mettersi in macchina ubriaca e andare a schiantarsi contro un’auto della polizia ferma lungo la strada dopo l’incidente di un camion, morendo sul colpo dopo oltre 200 pagine di romanzo. Ne seguiranno un altro centinaio in cui tutti si chiedono se si è trattato di incidente o suicidio, senza arrivare a una conclusione.

Personaggi
Sono personaggi da teen-drama americano: il simil-nerd sfigato, l’amico ubriacone, la gnokka buona, gli snob, ecc... in cui tutti i protagonisti si vedono come vittime di un mondo crudele.
Secondo molte recensioni sono personaggi estremamente profondi... e non nego che un po’ lo siano, ma non ci noto niente di così eccezionale e di mai visto prima. In realtà mi sembra che si comportino sempre in modo abbastanza scontato o, nel caso di Alaska la pseudo-ribbbbbbelle, in modo insensato.

Valutazione finale: 2,5/5
Secondo me è un romanzo per ragazzini, punto e basta. Non ci vedo niente di innovativo, se non il fatto che non ci sono ragazze che agitano pon-pon al vento. A 26 anni suonati in una storia di questo tipo ormai ci vedo poco e niente... diversamente da altri young adult che comunque sono riusciti invece ad appassionarmi parecchio.
Inoltre ci ho messo parecchio tempo a terminarlo, sentendomi poco invogliata alla lettura.


sabato 31 maggio 2014

RECENSIONE: "Il bacio d'argento" di Annette Kurtis Klause

E' passato già un po' di tempo da quando ho letto questo romanzo, ma non è mai troppo tardi per condividere con voi ciò che penso.
Stiamo parlando di un romanzo urban fantasy scritto intorno al 1990, ovvero molto prima del boom di questo genere, di cui ormai si è detto tutto e il contrario di tutto. Siamo in un contesto young adult, anche questo molto prima del boom di young adult appartenenti al genere urban fantasy.

La trama
Per prima cosa partiamo dalla quarta di copertina, che descrive in modo poco preciso e poco accurato i fatti che capiteranno nel corso del romanzo.

La tristezza di Zoe non è il solito mal di vivere dell'adolescenza: da quando sua madre si è ammalata e suo padre si e dedicato esclusivamente ad assisterla, la vita sembra improvvisamente averle tolto tutto quello che serve a essere felici. In più Lorraine, la sua migliore amica, sta per trasferirsi lontano. La solitudine, l'incomprensione e il dolore avvolgono Zoe come una nebbia, da cui lei teme di non poter più uscire; finché un incontro casuale con un giovane strano e conturbante non le instilla un'inquietudine vaga, uno struggimento insolito, come una promessa di piacere. E così Zoe prova il turbamento del primo amore, un amore che Simon, il misterioso ragazzo, sembra condividere ma anche temere. Perché Simon porta con sé la maledizione di coloro che si nutrono del sangue dei vivi: sono vampiri, vivono per la caccia, e il loro desiderio è legato alla morte della loro preda. Ma Simon vuole davvero solo il sangue di Zoe? E lei potrà mai accettare di amare qualcuno che incarna quello che lei teme di più: una vita come una malattia, una notte senza fine, e senza mai la speranza di un riposo?

Ho parlato di poca precisione, ma non sarebbe il termine corretto. Non è mancanza di precisione, ma questa quarta di copertina a mio parere è volontariamente fuorviante, perché al giorno d'oggi sono di moda gli urban fantasy in cui il fatto che un personaggio sia un vampiro è solamente un optional, per renderlo più gnokko di quanto sarebbe se non lo fosse.

"Il bacio d'argento" non è un romanzo di stalker gnokki che si nutrono di sangue e a cui tutto è concesso perché si nutrono di sangue.
Zoe è in primo luogo una ragazza depressa, Simon è in primo luogo un vampiro depresso... e il loro incontro serve per far capire a entrambi che qualcosa deve cambiare.
L'amore, però, è molto marginale e non si traduce nel "passerò la mia vita a farmi saghe mentali su quanto sia gnokko il vampiro con cui mi sono messa insieme", ma "lo amo, quindi lo aiuterò a sconfiggere chi minaccia di fargli del male. E Zoe lo aiuterà, sia in quel momento sia nel momento in cui Simon prende una decisione che, nei romanzi del giorno d'oggi, sarebbe molto impopolare.

Struttura e personaggi
Il romanzo è narrato in terza persona, alternando il punto di vista da un capitolo all'altro da Zoe a Simon. In un romanzo del giorno d'oggi ci sarebbe stata presumibilmente una prima persona alternata che mi avrebbe causato una certa orticaria, quindi sono felice che l'autrice, a suo tempo, l'abbia strutturato alla vecchia maniera.
Zoe è una ragazzina, è infantile, nei primi capitoli, ed è normale che lo sia. Cresce e matura, nel corso del romanzo, ed è normale che sia così.
Simon è un giovane tormentato, ma la ragione del suo tormento c'è e la situazione è gestita in modo molto diverso. Il fatto che sia un giovane tormentato non gli dà una giustificazione per fare qualunque cosa desideri, ma piuttosto lo porta verso uno stato di quasi-depressione a mio parere abbastanza originale in un romanzo del genere.

Valutazione finale: 4/5
"Il bacio d'argento" è un urban fantasy young adult diverso dagli altri urban fantasy young adult che ho letto, complice anche il fatto che è stato scritto in un'epoca diversa, in cui certi stereotipi tipici del genere ancora non esistevano.
Poi ho apprezzato il finale tragico, anche questo inconsueto negli urban fantasy di oggi, dove quello che conta è che trionfi l'amore eterno tra la giovane sprovveduta e il gnokko che prende decisioni al posto suo.

venerdì 30 maggio 2014

Recensione: la serie "Remember me" di Christopher Pike

La serie “Remember me” di Christopher Pike, risalente alla fine degli anni ‘80(?) è una serie urban fantasy young adult nata molto prima che questo fenomeno divenisse di portata internazionale. Dentro di me, comunque, ho avuto l’impressione che, anno ’80, ’90 o presente, non cambia molto: in certi casi, dal secondo libro in poi, si ha la netta sensazione che l’autore abbia avuto l’intenzione di allungare il brodo.

La serie è così costituita:
1) Ricordati di me;
2) La morte può attendere;
3) Ancora tra noi.

Il primo romanzo fu pubblicato, una ventina d’anni fa, da una serie per ragazzini delle scuole medie che si chiamava Junior Mondadori. Lo lessi quando ero in terza media e tra l’altro una scena mi ispirò inconsciamente quando scrissi la prima bozza di un mio racconto, diversi mesi più tardi. Ma questo è un altro discorso.
Non sapevo che facesse parte di una serie... e devo ammettere che, tutto sommato, forse stavo bene anche senza saperlo. ;-)

Trama
Shari Cooper è una 18enne straricca, che vive insieme ai genitori straricchi, al fratello diabetico ventenne e, di tanto in tanto, ad Amanda, figlia della donna delle pulizie che sembra avere un rapporto piuttosto stretto con Jimmy, fratello di Shari.
Come in ogni romanzo americano per adolescenti, tutto inizia con una festa, i cui partecipanti sono, oltre ad Amanda e Shari:
- Beth, la festeggiata;
- Jeff, il ragazzo della festeggiata;
- Jo, la migliore amica di Shari segretamente innamorata di Jeff;
- Dan, il ragazzo di Shari che ha una relazione segreta con Beth.
Giusto per chiarire: queste relazioni sentimentali che fanno tanto versione young adult di “Beautiful” non hanno NULLA a che vedere con la trama.
Alla festa decidono di organizzare una seduta spiritica per mettersi in contatto con Peter, il fratello di Jeff defunto in un incidente, che a quanto pareva era un caro amico di Shari.
Shari, pensando che tutto sia un bluff, si allontana e si rifugia da sola in balcone. Qualcuno la butta giù e lei si risveglia fantasma, senza sapere di esserlo finché non vedrà il proprio cadavere all’obitorio.
C’è chi parla di suicidio, ma lei sa benissimo di essere stata assassinata da uno dei suoi amici. Seppure non sia semplice, inizia a indagare, con l’aiuto di un altro fantasma (proprio Peter, del quale finirà per innamorarsi) e perseguitata da una strana ombra, che sembra conoscere un segreto del suo passato che lei ignora, segreto per il quale è stata uccisa.

Questo per quanto riguarda il primo romanzo: nel secondo e nel terzo Shari e Peter, non si sa bene perché, si reincarnano in una giovane coppia di latino-americani drogati, ai quali devono salvare la vita. Ci sono nuovi misteri, ma sicuramente non al livello dei precedenti. Le Ombre, inoltre, hanno un ruolo, a mio parere, molto incoerente con quello che avevano nel primo romanzo.

Struttura
I romanzi sono narrati per larga parte in prima persona (a parte quando, nel secondo, viene narrata in terza persona la storia della disadattata sociale ispanica), talvolta con un linguaggio molto semplice e forse un po’ troppo colloquiale, come se la voce narrante stesse tenendo un comizio per un pubblico di tredicenni. Il testo scorre bene, ma avrei preferito, forse, che fosse un po’ più elaborato.
I romanzi sono tutti e tre piuttosto brevi e, per quanto riguarda il secondo e il terzo... beh, forse avrei preferito se non fossero mai stati scritti!

Valutazione finale: 3/5
È una serie che vi consiglio se avete meno di 15 anni. Se ne avete qualcuno in più secondo me è già troppo tardi per apprezzarla... specie come serie completa. Il primo romanzo, invece, tutto sommato potrebbe anche intrigare ancora un po’, se siete appassionati di gialli e di thriller... perché, sia chiaro, il primo non è null’altro che una sorta di giallo; con una detective dallo stato metafisico un po’ particolare, ma pur sempre un giallo.


mercoledì 28 maggio 2014

RECENSIONE: "Sconosciuti in treno" di Patricia Highsmith

Avevo già letto qualcosa di Patricia Highsmith, ma era stato molto tempo fa; più o meno dovevo avere 15 o 16 anni, quindi, facendo due rapidi calcoli, è passato un decennio da allora. L’idea che mi ero fatta era “lettura interessante, ma non molto leggera”. Adesso, a dieci anni di distanza, l’idea che ho non è del tutto diversa, dopo avere letto questo romanzo scritto nel 1950.

La trama
Guy è un uomo sulla trentina, si è sposato quando era molto giovane, ma il matrimonio è fallito. Vuole il divorzio da sua moglie, per potersi risposare, ma lei non ne sembra molto convinta.
Bruno ha venticinque anni, è alcolizzato ed è nato in una famiglia ricca, e non vede l’ora di liberarsi di suo padre, che detesta.
I due si incontrano per caso in treno e, durante il viaggio, iniziano a raccontare l’uno all’altro la storia delle loro vite. All’improvviso Bruno ha un’idea: il modo migliore per migliorare le loro vite è sbarazzarsi delle persone che vedono come ostacoli.
Mentre per Guy non è null’altro che un discorso fatto dopo avere bevuto qualche drink di troppo, per Bruno la cosa è diversa e inizia a pianificare il delitto della moglie di Guy. In cambio Guy dovrà, secondo lui, uccidere suo padre.
E infatti Bruno uccide Miriam, l’ex moglie di Guy. Il mistero intorno alla sua morte rimane insoluto e il delitto viene attribuito a un pazzo. In un primo momento Guy non sospetta di Bruno, ma quando lui inizia a tartassarlo di telefonate e lettere capisce che è lui il colpevole. Inoltre Bruno vuole che lui ricambi il favore. Inizia a perseguitarlo, minacciandolo di dichiararsi colpevole del delitto, ma di accusare lo stesso Guy di esserne il mandante.
In un primo momento Guy lo ignora. Quando la situazione diventa troppo ingestibile, però, lo asseconda: spara al padre di Bruno, dopo essersi introdotto nella loro casa, sperando in quel modo di liberarsi di Bruno. Era convinto che sarebbe stata la fine di un incubo, ma per lui è solo l’inizio.

Struttura
Il romanzo è narrato in terza persona e segue per la maggior parte le vicende di Guy, alternate con qualche capitolo in cui seguiamo quello che invece succede a Bruno.
Il punto di vista è generalmente quello di Guy (o quello di Bruno nei capitoli dedicati a quest’ultimo), anche se a volte, all’improvviso, il narratore diventa onnisciente, cosa che, vista la mia “fissazione” per il POV, devo ammettere che non mi è piaciuta granché.
I due personaggi ci vengono presentati, bene o male, come due opposti, specie quando, andando avanti nella lettura, scopriamo quale sia il loro stato d’animo dopo avere commesso i delitti. Bruno sembra appagato da quello che ha commesso, anche se non si capisce bene per quale motivo senta di avere un profondo legame con Guy. Guy, invece, non è affatto indifferente a quello che è accaduto e, fin dal momento in cui commette il delitto, sente di avere un peso sulla coscienza. In realtà in certi momenti i due protagonisti sembrano più simili di quanto potrebbe apparire.

Cos’ho apprezzato:
- l’originalità della trama;
- il fatto che riusciamo a intravedere i pensieri di entrambi i protagonisti.

Cosa non ho apprezzato:
- lo stile dell’autrice, a mio parere, è un po’ pesante;
- per buona parte del romanzo non c’è azione (ma c’è spazio solo per quelle che solitamente chiamo “saghe mentali”);
- le ragioni che spingono Guy ad assecondare Bruno sono, a mio parere, del tutto inverosimili.

Valutazione finale: 3,5/5
Mi sarebbe piaciuto andare oltre, ma in certi momenti la lettura non è che mi abbia presa più di tanto... alla luce di quanto ho già detto, non vado oltre il 3,5.

martedì 27 maggio 2014

RECENSIONE: "Il mistero del treno azzurro" di Agatha Christie

C’era una volta una vittima che veniva assassinata in treno... e c’era una volta, per la prima volta, Hercule Poirot che viaggiava sullo stesso treno.
Si tratta de “Il mistero del treno azzurro”, pubblicato nel 1928, qualche anno prima del celebre “Assassinio sull’Orient Express”, in cui per la seconda volta Poirot viaggiava sullo stesso treno in cui venne commesso un delitto.

La trama
Un ricco uomo di mezz’età con l’immancabile segretario che lo segue di continuo, che in questo caso risponde al nome di Mr. Van Aldin, regala un prezioso gioiello alla figlia Ruth, per consolarla dal suo matrimonio che sta collassando. Ruth è sposata con Derek, uno squattrinato che Van Aldin vuole togliersi di torno. Anche Ruth, in teoria, vorrebbe divorziare, ma ha paura che nasca uno scandalo, perché lei stessa frequenta un altro uomo, un certo conte De La Roche. Mr. Van Aldin, come ogni ricco uomo di mezz’età dei romanzi della Christie che ha una figlia non legata a un lontano parente, non apprezza gli uomini che girano intorno alla figlia.
A St. Mary Mead (paese di Miss Marple, che però non fa la propria comparsa, ed è un vero peccato, dal momento che mi sarebbe piaciuto moltissimo vederla indagare insieme a Poirot *-*) frattanto una certa Katherine, che faceva la governante, riceve in eredità un’ingente somma dalla padrona di casa defunta e va in Costa Azzurra. Si tratta dell’ennesimo prototipo di governante trentenne destinata a far innamorare di sé TUTTI gli uomini di età compresa tra i 30 e i 35 anni presenti nel romanzo, che naturalmente anziché un banale invito a cena le fanno direttamente una proposta di matrimonio.
Prima di arrivare alle proposte di matrimonio, comunque, in treno conosce Ruth, diretta in vacanza (anche se pare che in realtà debba incontrare l’amante), che le racconta le proprie sventure sentimentali. All’arrivo al capolinea, quando Ruth viene ritrovata morta, Katherine che ha parlato con lei viene chiamata a riconoscere il cadavere. Successivamente decide di aiutare Poirot nelle indagini, che si rivelano complicate in quanto esistono diversi possibili moventi.
L’assassino è forse De La Roche? O l’ex marito che nel frattempo ha fatto una proposta di matrimonio a Katherine (N.d.A: l’altro pretendente è il segretario di Val Aldin)? O l’amante di quest’ultimo? O magari un banale ladro di gioielli? Più la rete si stringe intorno allo squattrinato Derek, guarda caso entrato in possesso di un’ingente eredità, e più Katherine vuole vederci chiaro, anche se per motivi diversi rispetto a Poirot...

Piccola nota: l’inserviente sul Treno Azzurro (che fa una comparsa di non più di mezza pagina) è nientemeno che Pierre Michel, poi divenuto personaggio di “Assassinio sull’Orient Express”.

Struttura
Il romanzo è narrato in terza persona e abbiamo una panoramica su diversi personaggi; a mio parere nella fase iniziale un po’ troppi, di cui non riusciamo a comprendere che cosa c’entrino gli uni con gli altri. Ma niente paura, prima o poi tutto ci sarà chiaro, più o meno all’ultima pagina.
I personaggi, di per sé, non svettano particolarmente: abbiamo il ricco circondato da gente che lavora per lui, con una figlia infelice sposata con uno squattrinato che la tradisce, un nobile che in realtà si spaccia solo per nobile, una donna di servizio diventata improvvisamente ricca, vari parenti alla lontana che sbucano fuori dal nulla non appena c’è la possibilità di guadagnare soldi... L’“anomalia” rispetto allo standard è l’ambientazione, sul treno, che poi la Christie riproporrà nell’altro più celebre romanzo già citato.
Come al solito l’intreccio è eccellente e come al solito ci sono cascata: i dettagli sfuggono e il lettore non si fa le domande che avrebbe dovuto farsi... insomma, Mrs. Christie si rivela ancora una volta come la grande regina del giallo.

Valutazione finale: 3,5/5.
Il romanzo è scorrevole, la trama è interessante... ma tutto sommato, a parte l’ambientazione, c’è poco che spicca, nei confronti con gli altri romanzi della Christie. Dal confronto con “Assassinio sull’Orient Express”, però, ne esce nettamente perdente, nonostante la troppa teatralità (voluta dall’autrice) di quest’ultimo me l’abbia fatto apprezzare un po’ meno del solito, dopo l’ultima rilettura.

lunedì 19 maggio 2014

Recensione: "C'era una volta" di Agatha Christie

Correva il 1945 e usciva “Death comes as the end”, che in italiano si chiama “C’era una volta” (titolo pessimo a mio parere, ma neanche quello originale, a mio avviso, rendeva bene le idee), uno dei romanzi forse meno conosciuti di Agatha Christie. Di lei si conoscono soprattutto la serie con Poirot, la serie con Miss Marple e “Dieci piccoli indiani”. Questo romanzo è qualcosa di diverso... o meglio, per certi versi è molto diverso, per certi altri è la solita vecchia storia girata e rigirata in modo da apparire completamente diversa.
Abbiamo una famiglia ricca, un patriarca vedovo con un’amante giovane e sexy, un figlio privo di carattere, un figlio sexy e donnaiolo, una figlia vedova che riceve proposte di matrimonio da tutti gli uomini presenti e che si sente in dovere di accettarne una all’ultima pagina del romanzo, un ragazzino viziato e sbruffone, una nonna che parla a enigmi, una parente povera che odia chi la mantiene, un segretario giovane che non è esattamente il miglior partito per la figlia vedova, un vecchio amico di famiglia da sempre innamorato della figlia vedova che ha i soldi ma non appartiene a una famiglia importante, nonché dozzine di servi senza un ruolo ben preciso se non quello di far notare che si tratta di una famiglia ricca.
E allora dove sta la novità? Siamo a Tebe, anziché a St. Mary Mead. E siamo nel 2000 avanti Cristo, anziché negli anni ’40.
Vi ho incuriositi? Se la risposta è sì, procedete pure con la lettura della mia recensione, con la consapevolezza che NON ci saranno spoiler sul finale.

La trama
Sono passati otto anni da quando Renisenb, appena adolescente, si è sposata e ha lasciato la casa di suo padre Imhotep. Il marito è morto e adesso lei è tornata.
Nella tenuta di famiglia vivono:
- Imhotep, che spesso viaggia per questioni legate ai commerci della famiglia;
- il figlio maggiore Yamhose, con la moglie Satipy, tanto inetto lui in ogni ambito tranne in quello professionale quanto dominatrice lei;
- il secondogenito Sobek con la moglie Kait, lui sempre fuori casa per andare a donne, lei sempre a badare ai bambini litigando con la cognata Satipy;
- il figlio 16enne, di secondo letto, Ipy, un ragazzino estremamente viziato e sbruffone dalle cui labbra Imhotep sembra pendere;
- la nonna Esa, che ormai non ci vede più e fatica a reggersi in piedi, ma che sembra più sveglia di tutti gli altri componenti della famiglia messi insieme;
- l’anziana “parente povera” Henet, che non fa altro che spingere gli altri a litigare;
- l’amico di vecchia data Hori, che aiuta Imhotep nella parte più gestionale dei lavori e che è segretamente innamorato di Renisenb;
- un certo Kameni, un lontano cugino venuto dal nord, che a quanto capisco è una sorta di segretario o contabile e che è dichiaratamente innamorato di Renisenb;
- una quantità random di lavoratori e personale di servizio dal ruolo pressoché nullo.
In questa Inghilterra degli anni ’40 delocalizzata nell’Egitto di due millenni prima, Imhotep torna a casa dal viaggio di lavoro con Nofret, una concubina ventenne dalla bellezza schiacciante. Poi riparte per un nuovo viaggio di lavoro, lasciandola a casa.
Nofret odia tutti e tutti odiano Nofret. In realtà Nofret è attratta da Kameni, ma lui non ne vuole sapere perché è attratto da Renisenb.
Poi Nofret cade da un dirupo e muore: nessuno sembra dispiaciuto dalla sua prematura dipartita, mentre Satipy inizia a comportarsi in modo strano, prima di cadere anche lei dallo stesso dirupo. Nei mesi successivi i due figli maggiori bevono vino avvelenato (uno muore, l’altro si salva per miracolo), un contadinello che aveva testimoniato viene assassinato prima di dare la testimonianza definitiva e il figlio adolescente viene affogato in un lago. Tutti, a parte Renisenb, Hori, la nonna Esa e forse anche la misteriosa Henet, sembrano convinti che lo spirito di Nofret si stia vendicando dall’aldilà.
Tutti lo credono, almeno, fino al momento in cui nonna Esa convoca una riunione in stile riunioni di Poirot con tutti i sospettati e fa capire al/alla colpevole di essere informata dei fatti. Proprio quando sta per confidare a Hori i propri sospetti, viene assassinata a sua volta (tramite una crema avvelenata che ha assorbito tramite pelle).
Renisenb è sempre più smarrita, Imhotep è sempre più convinto che sua figlia dovrebbe risposarsi col segretario/contabile e andarsene, Henet è sempre più strana... e tutto resta in sospeso fino al finale, in cui anche altre due persone (tra cui il colpevole) moriranno.

Struttura
Il romanzo è narrato in terza persona, con punti di vista alternati, talvolta, anche se in genere quello che va per la maggiore è quello di Renisenb.
Renisenb, in realtà, non è poi tanto diversa dalle giovani protagoniste dei rari romanzi della Christie in cui Poirot o Miss Marple intervengono solo in una fase avanzata delle vicende oppure per buona parte del tempo stanno in secondo piano.
Il testo è scorrevole e, nonostante i nomi siano molto inconsueti per chi non conosce l’Antico Egitto, non c’è mai il rischio di fare confusione dato che sono molto diversi l’uno dall’altro.
Ancora una volta, come sempre accade nei romanzi della Christie, l’intrigo è costruito molto bene e, fino all’ultima pagina, molte cose rimangono in sospeso.
I personaggi sono ben costruiti e, seppure in apparenza possano sembrare un po’ troppo “estremi”, si evince nel corso dei capitoli che si sono “estremizzati” nel corso del tempo, cosa che a mio parere li rende piuttosto credibili.
CURIOSITÀ: per sua stessa ammissione Mrs. Christie scrisse questo romanzo su suggerimento di un egittologo amico di suo marito e, quando glielo sottopose, a lui non piacque la soluzione al mistero, così lei decise di cambiarla. Non rivelò mai come intendesse farlo terminare.

Pensiero post-lettura: “Roger Ackroyd chi?! O.O”

Valutazione finale: 5/5
Questo romanzo entra dritto al secondo posto della classifica dei miei preferiti della Christie, e si deve accontentare del secondo posto soltanto perché, a mio parere, “Dieci piccoli indiani” è imbattibile.

venerdì 16 maggio 2014

RECENSIONE: Nicci French, "Dolce e crudele"

“Dolce e Crudele”, romanzo del 1999 di Nicci French (secondo quanto riportato nel libro una giornalista inglese, secondo quanto riporta Wikipedia lo pseudonimo con cui una coppia di giornalisti, marito e moglie, firmano romanzi a quattro mani) è un elogio allo stalking e alla violenza domestica, ma solo qualora sia commesso da un bell’uomo che è il grande ammmmmmmore della tua vita, che dopo circa 200 pagine di scene sadomaso appena accennate si trasforma nelle ultime 150 in un thriller.
Me lo sono ritrovata davanti in biblioteca qualche giorno fa, l’ho preso in prestito e me lo sono letta in un giorno, tra le varie pause al lavoro e la sera.

La trama
Alice è una giovane scienziata che lavora per un’azienda farmaceutica. Ha molti amici e un fidanzato con cui tutto va a gonfie vele. Non vorrebbe cambiare niente nella sua vita, almeno finché per puro caso, per strada, si imbatte in un perfetto sconosciuto. Dell’uomo in questione scopriamo che: 1) è bello, 2) ha gli occhi blu, 3) è un alpinista. Il comportamento di Alice è ovviamente quello che qualunque donna normale terrebbe nei confronti di un perfetto sconosciuto: senza nemmeno averci parlato, se lo porta a letto.
Cosa succede a quel punto? Mhm... per più o meno una settantina di pagine Adam, questo è il nome dello sconosciuto, la segue di nascosto, la tartassa di telefonate, le scrive delle lettere. Come qualunque donna normale, Alice si ritrova pazzamente innamorata di lui. Le basta un nanosecondo per sbarazzarsi della sua vecchia vita e, dopo avere abbandonato la casa dello storico fidanzato, si trasferisce da Adam che, a velocità record, da far invidia a un paranormal romance con protagonisti sedicenni, le fa una proposta di matrimonio. Ovviamente, come qualunque donna normale, Alice accetta senza mezzi termini. D’altronde chi rifiuterebbe un uomo bello con gli occhi azzurri? Il fatto che sia uno stalker e che la costringa ad avere rapporti sadomaso lo rende incredibilmente rommmmmmmantico.
Alice si sposa, taglia i ponti con tutti, come qualunque donna che ha trovato il vero ammmmmmmore si annulla più di quanto si annulli Bella Swan di “Twilight” e scopre tante cose sulla vita del marito, ovvero che: 1) è bello, 2) ha gli occhi blu, 3) è un alpinista rimasto coinvolto in una disgrazia in cui morì varia gente, tra cui una sua ex ragazza alpinista.
Frattanto arrivano strane telefonate, strani messaggi e bottiglie di latte piene di insetti morti. Quest’ultimo episodio tra l’altro fa convincere Alice che il suo ex fidanzato sia uno stalker e che la sta tormentando, e lei corre ad accusarlo. Però da un certo punto in poi tutto finisce e il perseguitatore(?) non si fa più vivo. Infatti, faccenda da niente, a fare tutto ciò era una ragazza che poi è finita in un fiume, sorella di un’ex amante di Adam che lo aveva lasciato. E le ex di Adam morte dopo averlo lasciato, diventano due.
Tra un rapporto sadomaso e l’altro e tra un pedinamento e l’altro dal suo rommmmmmantico marito, Alice inizia a indagare su di lui, scoprendo che i suoi sospetti sono abbastanza fondati...

Bonus: come in TUTTI i thriller che si rispettino, quando (oltre la metà del romanzo) iniziamo a renderci conto che si tratta di un thriller, la scena clou è, naturalmente, l’omicidio del gatto della protagonista.
Doppio bonus: il gatto non era mai stato menzionato fino alla pagina precedente, e fa la propria comparsa appositamente per essere ucciso.

I personaggi
ALICE: è una donna intelligente, acculturata e indipendente, a parole. E allora perché sposa un maniaco, sapendo bene che è un maniaco, dopo poche settimane di frequentazione? Ma è ovvio: perché i maniaci sono rommmmmantici. Nel finale, dopo un tragico epilogo, si rende conto che sposare un maniaco non è stata una cosa molto intelligente, ma ora che lui non c’è più la sua vita è vuota: lui voleva ucciderla... ma voleva ucciderla solo perché la amava! E dire che fino a tre pagine prima mi sembrava che avesse aperto gli occhi...
ADAM: è un alpinista, è bello e ha gli occhi blu. Questo lo rende rommmmmantico. Il fatto che si diverta a stalkerare e seviziare la propria compagna lo rende ancora più rommmmmantico.
TUTTI GLI ALTRI: sono poco più che nomi, perché nella vita di Alice, occupata dal suo grande ammmmmmore, non c’è spazio per loro.

Valutazione finale: 3/5
Trama: potenzialmente interessante, ma non sfruttata al meglio.
Personaggi: abbastanza piatti, oppure visti e rivisti.
Finale: dal punto di vista del mistero, è abbastanza scontato.
Nota positiva: Nicci French ha scritto di una protagonista che ama essere seviziata e stalkerata, dato che l’uomo che commette tali azioni ha charme, e ha descritto uno stalker sadico come un eroe romantico, cosa che va molto di moda ora, oltre dieci anni prima che questo genere di trame venissero di moda.

giovedì 15 maggio 2014

Recensione: Agatha Christie, "L'assassinio di Roger Ackroyd" AKA "Dalle nove alle dieci"

Quando ho recensito “Assassinio sull’Orient Express” [X] ho messo al primo posto, con riserva, “L’assassinio di Roger Ackroyd” (pubblicato nel 1926), per originalità nei romanzi di Agatha Christie. Mi rimangio quello che ho detto. Il the best dei the best a mio avviso è “Dieci piccoli indiani”.
Dopo la rilettura de “L’assassinio di Roger Ackroyd” (quanto sarebbe stato più bello il titolo “Dalle nove alle dieci”, con cui uscì molti decenni fa!) devo ammettere che siamo di fronte a un romanzo originale, con una soluzione originalissima, che però sta in piedi solo perché la voce narrante omette, a proprio piacimento, dei dettagli importanti. C’è chi definisce tutto ciò come un inganno o una fregatura. Io rimango del parere che un autore di gialli sia libero di ingannare e di fregare, se lo fa con classe, i propri lettori. L’idea alla base è eccezionale (anch’io, prima di conoscere questo romanzo, cercai di metterla in atto in un mio racconto, tra l’altro!)... però a mio parere un po’ di amaro in bocca, per come è strutturato il romanzo, la lascia.
Nella recensione che segue cercherò di evitare al massimo gli spoiler e ovviamente non farò cenno al finale.

La trama
Ci sono due categorie di romanzi di Agatha Christie: quelli con un’ambientazione particolare (il treno e l’isola deserta dei due romanzi già citati prima) e quelli con un’ambientazione standard. Stavolta siamo nel secondo caso e l’ambientazione standard ha tutti i suoi elementi:
- paesino di campagna;
- villa del ricco di turno, che pur non avendo mai lavorato in vita sua ha una fonte di reddito tale da permettergli di mantenere una mezza dozzina di figli, figliastri, cugini e nipoti di vario grado e di pagare lo stipendio e a dozzine di maggiordomi, cuoche e governanti;
- straniero bizzarro che si è rifugiato nel suddetto paesino e che, guarda caso, corrisponde al nome di Hercule Poirot.
Il ricco vedovo di turno, tale Roger Ackroyd, è in eterna guerra col figliastro (Ralph), che non lavora e sperpera i suoi soldi e che non vuole fidanzarsi con la cugina riccastra di turno (Flora), che non lavora vive a spese dello zio insieme alla madre che a sua volta non lavora e che si lamenta di non ricevere abbastanza soldi. A casa di Ackroyd troviamo anche: un rozzo cacciatore (Blunt) che ha trascorso buona parte della propria vita in Africa, che attualmente non lavora e che pare che sia ospite fisso a casa Ackroyd; il segretario Raymond la cui utilità è piuttosto scarsa; una quantità random di persone di servizio.
La voce narrante, il dottor Shepard, è un caro amico di Ackroyd. Il giorno dopo la morte della fidanzata di Roger (anch’essa vedova, e il cui marito è morto in circostanze sospette), si reca a casa Ackroyd e, in sua presenza, il riccastro apre una lettera a lui indirizzata dalla sua donna, morta suicida. Nella lettera è scritto che si uccide perché qualcuno la sta ricattando, sapendo che ha assassinato il proprio defunto marito. Roger non vuole leggere la lettera prima di rimanere solo e, quando il dottore se ne va, non ha ancora letto il nome del ricattatore.
Shepard torna a casa, dove vive con la sorella pettegola Caroline, e riceve una telefonata che lo informa che Roger è stato assassinato. Accorre sul luogo ed effettivamente Roger è stato pugnalato alle spalle, in una stanza chiusa a chiave dall’interno, ma con una finestra aperta. I sospetti cadono sul giovane Ralph, che sembra essere scomparso nel nulla.
Scotland Yard, come da buona tradizione, brancola nel buio. Per fortune c’è Poirot, sopraggiunto sul luogo per dedicarsi alla coltivazione delle zucche, che come da ancora migliore tradizione decide di utilizzare il medico come “assistente”, perché gli ricorda il suo caro amico e collega Hastings che ormai è emigrato da tempo in Argentina.
Naturalmente nessun mistero è irrisolvibile per le “celluline grigie” del modestissimo Poirot... A proposito, questa è la prima volta in cui, parlando con l’ispettore Raglan (che come da buona tradizione), le menziona:

«Tanto per cominciare: metodo. È quello che so-stengo sempre: il metodo.»
«Ah! Anche per me, questa è la parola d'ordine. Metodo, ordine e cellule grigie.»
«Cellule?»
«Le piccole cellule grigie del cervello!»
«Ah! Certo, certo, ma anche noi le usiamo.»
«Più o meno, però ci sono differenze qualitative.»

Non c’è che dire, quest’uomo è un idolo! E, come dicevo, la modestia è decisamente la sua qualità più marcata! :D

Struttura
Il romanzo è narrato in prima persona, e questo lo rende a mio avviso più scorrevole di quelli in cui la narrazione avviene in terza persona: di base non amo molto i romanzi in cui il punto di vista salta da un personaggio all’altro da una frase all’altra.
Diversamente da altre volte, la prima persona viene sfruttata per nascondere dettagli: Shepard racconta solo ciò che vuole. Questo, alla fine, può fare storcere un po’ il naso.
Certi personaggi sono caratterizzati abbastanza bene, certi altri passano spesso in secondo piano e l’autrice non si concentra molto su di loro.

Valutazione finale: 4,5/5
Se l’idea sulla quale è basato il romanzo fosse stata utilizzata in modo più politically correct (ad esempio facendo iniziare il romanzo in media res, e non con il medico che va a far visita all’amico ancora vivo e vegeto), avrei optato per il massimo. Anche se la stanza fosse stata completamente sigillata, creando un enigma della camera chiusa, avrei optato per il massimo.
Diciamo che mi accontento, che consiglio questo romanzo a tutti gli amanti del giallo, e che un goccio di colluttorio mi toglierà dalla bocca l’amaro di essere stata spudoratamente ingannata, ma con meno classe del solito. ;-)