domenica 16 giugno 2013

Recensione: "Tutto bene" di Paolo Ruffini

Questa è una di quelle recensioni che sicuramente fanno discutere. Nella mia ignoranza in fatto di TV, quando mi sono ritrovata tra le mani questo libro (regalo di compleanno della mia amica che già mi ha regalato altri romanzi che ho recensito per il blog) non avevo idea di chi fosse l’autore. Si tratta di un personaggio televisivo, quindi ovviamente il mondo si spacca in due: ci sono quelli che lo elogiano a priori e quelli che lo denigrano a priori.

Premessa
Non ho idea di che ruolo televisivo ricopra l’autore e sinceramente non me ne frega niente di chi sia: credo di essere in grado di valutare – ovviamente basandomi sul limite del mio personale punto di vista, che non vuole influenzare quello degli altri – un romanzo senza avere pregiudizi su chi sia l’autore.

Prima impressione
Quando ho letto la quarta di copertina la trama non mi ha detto granché. Per chiarirci: se avessi dovuto essere io a scegliere quel romanzo, non so se l’avrei scelto. Dato che qualcuno ha scelto per me, però, ho pensato che valesse la pena di leggerlo, almeno per poter vedere se mi sbagliavo oppure no. A posteriori l’impressione che ho avuto... beh, la troverete nelle valutazioni.

La trama in breve
Steve Nigiotti è un attore trentenne che soffre di attacchi di panico, che cambia una ragazza al giorno e che non vorrebbe mai crescere o prendersi delle responsabilità.
Le responsabilità, però, gli piovono addosso da un momento all’altro, quando alla sua porta suona una sconosciuta che lo informa che una ragazza che conobbe in un locale, anni prima, e con la quale ha avuto una relazione durata soltanto una notte, ha avuto una figlia. La bambina, di sette anni, è figlia sua; ma soprattutto Michi, la madre, è finita in carcere per traffico di droga.
La vita di Steve cambia radicalmente: la piccola Sara è figlia sua e lui non può abbandonarla. Non gli resta che prenderla in casa e cercare di trasformarsi in un buon padre. Non è un compito facile, ma Steve si renderà conto ben presto che anche lui, dalla convivenza forzata con la figlia che gli è “piovuta dal cielo”, può imparare molte cose e finalmente riuscire a risolvere i propri problemi.

Struttura, testo e personaggi: commenti
Sarò sincera: non ho apprezzato il testo in quanto tale. È scritto in un linguaggio estremamente colloquiale. È vero che l’autore deve raggiungere il lettore, ma a mio parere non significa farlo in questo modo. Un romanzo è un romanzo, non è una conversazione, e rivolgersi al lettore in modo troppo diretto può significare raccontargli una storia anziché fargliela vivere. Per quanto riguarda i capitoli, niente da dire, invece: mi sembrano suddivisi con un criterio abbastanza logico; talvolta hanno dei titoli che non mi sembrano poi così comprensibili, ma è questione di gusto personale sul quale si può essere d’accordo oppure no.
Passando oltre devo notare come talvolta il testo venga utilizzato, tramite il punto di vista del protagonista, per fare una sorta di predicozzo dal quale si evince che il male del mondo sono Justin Bieber, Lady Gaga, gli One Direction, la gente che non usa la punteggiatura, blog che “denigrano” grazie all’anonimato, eccetera... Premetto che sulla punteggiatura e sul linguaggio SMS sono d’accordo (sulla musica un po’ meno: ognuno è libero di ascoltare quello che gli pare e, a meno che uno non arrivi al livello dell’ultrà, onestamente non me ne può fregare di meno di che cosa ci sia nel lettore MP3 della gente che ho intorno, non vado certo a pensare che chi ascolta cantanti che a me non piacciono o troppo “commerciali” sia una persona peggiore di me), mentre sui blog che denigrano possiamo parlarne. È vero che certi blogger ci vanno giù molto pesante e che sembra che scrivere un blog al solo scopo di denigrare, ma credo che sia limitativo suggerire che utilizzino l’anonimato al solo scopo di denigrare. Io stessa non metto il mio nome e cognome in quello che scrivo, perché non sono obbligata a farlo e perché non voglio che le persone che mi conoscano “dal vivo” possano, tramite Google, fare ricerche sui miei veri dati e scoprire quello che scrivo. D’altronde per parlare di un libro o di un film non credo di avere bisogno di esporre la mia carta d’identità. Ritengo però che la sincerità sia d’obbligo: scrivere critiche costruttive, basati su elementi precisi, nei confronti di qualcosa non è né denigrare né sparare sentenze.
Per quanto riguarda i personaggi non sono originalissimi, ma nella trama in cui sono inseriti non sembrano sfigurare nel contesto in cui sono inseriti. Il romanzo è narrato in prima persona con il punto di vista di Steve, ma a mio parere è Sara quella che diviene ben presto il personaggio “principale”, intorno al quale ruota l’intera vicenda. Apprezzo molto la scelta dell’autore di avere scelto la prima persona: questo permette di mantenere lo stesso punto di vista per tutta la durata del romanzo, e questa è sicuramente una scelta che condivido.
Ciò che continua a non essermi chiaro è quale sia il pubblico target: la storia viene raccontata come una sorta di favola, e quindi sembrerebbe in questo adatta a un pubblico giovane, peri l quale potrebbero non essere particolarmente indicate le scene di sesso descritte in certi tratti. Da questo punto di vista c’è forse un po’ di confusione.

Valutazione: 2/5
L’ho letto mentre ero al mare, senza aspettarmi niente di particolare. Non credo di avere altro da aggiungere rispetto a quello che ho detto: la trovo una lettura da spiaggia, ma niente di più.
È una trama un po’ banale, ma che in certi momenti fa ridere ed emozionare. E, se questo romanzo non mi ha convinta su tutto il resto, non posso fare a meno di riconoscergli almeno questo: non sempre, ma in certi punti coinvolge, e questo è sicuramente un lato positivo.
Per concludere: ho letto sia di meglio sia di peggio. Se l’autore permette un consiglio da parte di una blogger sparasentenze, che in qualità di lettrice ritiene comunque di avere un minimo di voce in capitolo, gli suggerisco due cose:
1) evitare il linguaggio colloquiale nello scritto, perché può risultare fastidioso (quasi quanto il linguaggio SMS e l’assenza di punteggiatura);
2) fare maggiore chiarezza su quale sia il suo pubblico di riferimento.

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