Genere: DEMENZIALE
Lettura consigliata a: CHI NON HA NIENTE DA FARE
C’era
una volta una bimbetta stilosa che viveva in un magico mondo incantato, dove
non poteva accadere nulla di negativo, a parte prendere una sfilza
interminabile di due e di tre a scuola, dal momento che non aveva mai aperto un
libro, a meno che non parlasse di vampiri glitterati... Ma un brutto giorno, in
cui chattava su MSN con una bimbetta altrettanto stilosa, esprimendosi in una
lingua brillante in cui le lettere più utilizzate erano la “X” e la “K”,
accadde un imprevisto terrificante. Sua madre, scoprendo che la figlia si
esprimeva in una lingua a lei sconosciuta, aveva deciso di portarla da un
esorcista e andò a prendere un appuntamento, ma per errore si sbagliò, finendo
a casa di una cartomante che produceva filtri d’amore, che nell’essere
disturbata senza motivo lanciò una maledizione agghiacciante:
«Mentre
tua figlia sarà immersa in una conversazione su Messenger su quanto sia bello
il cantante dei Tokyo Hotel, il tasto della “X” e quello della “K” si
staccheranno simultaneamente dalla sua tastiera!»
«Poco
male!» esclamò la madre. «Vorrà dire che smetterà di scrivere in lingua
aliena.»
La
bimbetta stilosa, però, non fu altrettanto soddisfatta di questa novità, e nel
vedere i due tasti monocromi (ormai l’usura continua aveva cancellato le due
lettere più utilizzate nella sua lingua) che saltellavano sulla tastiera a
passo di lambada e si sentì mancare, proprio come le era capitato qualche mese
prima scoprendo di essersi addormentata davanti alla puntata di “Uomini e
donne” in cui il suo tronista preferito sceglieva accanto a quale donna passare
i mesi successivi della sua vita, fino allo scadere del contratto televisivo
che l’avrebbe legata a lui.
«E
ora?» si chiese la bimbetta stilosa. «Io che sono così stilosa non posso stare
senza la “X” e la “K”... se non accadrà, mi
killerò restando per un mese senza ascoltare i Tokyo Hotel, anche se li lovvo
troppissimo!»
La
sua vita senza “K” era maledettamente noiosa, si doveva inventare qualcosa per
riempirla fino al momento in cui avrebbe comprato una nuova tastiera.
“E
se andassi ora a comprare una nuova tastiera?” si chiese.
Si
infilò in tasca il proprio portafoglio di Dolce & Gabbana contraffatto, che
aveva pagato centoventi euro nonostante fosse falso, e uscì di casa diretta
verso il negozio di informatica situato a due isolati di distanza dalla
palazzina in cui viveva.
Percorse
la strada che la separava pensando a quanto fosse stilosa e a quanto anche la
lingua che parlava fosse stilosissima. Non era mai stata così stilosa nella sua
vita, e si era resa conto che anche se le mancava qualcosa avrebbe potuto
sopravvivere.
«Ma
sarebbe meglio» si disse tra sé e sé, «se un vampiro luccicante mi piantasse i
denti nel collo.»
Come
a sentire il suo richiamo, una figura ricoperta di Swarovski le sbarrò la
strada.
«Non
posso piantarti i denti nel collo» si giustificò il nuovo arrivato. «Sono
vegetariano: mi nutro soltanto di bovini, suini e polli.»
«Anch’io
mangio carne bovina, suina e di pollo» osservò la bimbetta. «Abbiamo qualcosa
in comune, quindi: sono vegetariana anch’io.»
«Molto
bene» concluse l’essere luminescente. «Ma lascia che mi presenti. Il mio nome è
Edward Cullen e, dato che mi sono rotto le scatole di starmene sempre al
seguito di quella ragazza inutile che è Bella, ho pensato di cambiare aria...»
La
bimbetta stilosa rischiò lo svenimento: era la prima volta che le capitava di
vedere un vampiro in carne, canini e ossa, e non vedeva l’ora di essere gustata
come preda.
«Edward!
Edward, sei il mio sogno! Fin da quando ho letto l’opera più importante della
letteratura internazionale, ovvero l’intera serie di romanzi che raccontano la
tua intrigante storia, ho sognato di incontrarti e di poterti parlare di
persona.»
«Lo
sapevo. Tutte le ragazze sognano di incontrarmi. In effetti me ne sorprendo
anch’io... che cosa ci troveranno di così intrigante in un tipo dal colorito
cadaverico, che brilla al sole, che avrà diciassette anni per tutta la vita e
che invece di guadagnarsi uno stipendio tra qualche anno continuerà a
frequentare per l’eternità la terza superiore?»
La
bimbetta stilosa si fece cupa.
«In
effetti non è una bella prospettiva rimanere sempre alle superiori.»
«Già,
hai ragione... anche per questo ho deciso di cambiare aria e fortunatamente ci
siamo incontrati. Piuttosto, deliziosa umana, posso sapere qual è il tuo nome?»
«Non
me lo ricordo. Mi faccio chiamare bimbetta stilosa, di solito, e mi sono
scordata quale sia il nome che è riportato sulla mia carta d’identità.»
«Non
è essenziale. Ci sono cose più importanti.»
La
bimbetta lo squadrò con attenzione.
«Già,
e il tuo look in effetti lascia un po’ desiderare. Perché tieni i jeans
sollevati fino in cintura, invece di tenerli abbassati mostrando dieci
centimetri di boxer rosa di Armani? Non c’è niente di più bello... a parte il
cantante dei Tokyo Hotel, quello è delizioso! Lo lovvo troppissimo!»
Una
serie di punti esclamativi uscì dagli occhi della ragazza, che Edward guardava
sempre più con aria interrogativa.
«Mah...
e io che pensavo che fosse Bella la bimbaminchia... in confronto a te, quella è
normale!»
La
bimbetta stilosa sbuffò.
«Si
può sapere perché devi parlare sempre di Bella?»
«Perché
purtroppo la Meyer ha deciso che mi dovevo fidanzare con lei, sposarmela e
farci una figlia a cui daremo un nome assurdo. Non ho fatto che ripeterle che
non ne volevo sapere, perché mi ero innamorato della mia professoressa di
matematica, ma Stephanie non ne ha voluto sapere e mi ha costretto a questo
cupo destino. Ma ora me ne sono andato e ho intenzione di andare a cercare
Stephanie e di prosciugare tutto il sangue che ha nelle vene, dalla prima
all’ultima goccia.»
«Come?!
Cosa?! No, non puoi farlo. Stephanie Meyer è la mia scrittrice preferita e non
permetterò a nessuno di succhiarle il sangue. Preferisco piuttosto buttare in
un cassonetto tutti i DVD della mia collezione di film interpretati da Riccardo
Scamarcio!»
Il
vampiro luminescente iniziava ad essere annoiato da quella conversazione e,
proprio mentre cercava di andarsene di soppiatto nascondendosi dietro a un
venditore abusivo di cianfrusaglie senza permesso di soggiorno, la bimbetta
stilosa lo richiamò alla realtà.
«Edward,
torna qui subito!»
Il
vampiro abbassò lo sguardo e andò incontro al suo tremendo destino.
«Che
cosa vuoi?»
«Devi
fare una cosa per me» gli spiegò la bimbetta stilosa. «Fin dalla prima volta in
cui ho sentito parlare di te ho capito che il tuo vero amore non è né Bella né
la professoressa di cui mi hai parlato...»
«Se
ti sei messa in testa che dovremmo fidanzarci, dimmelo subito, così vado a
chiudermi in un convento per il resto dei miei giorni, ovvero per l’eternità.»
«Niente
di tutto ciò» ribatté la bimbetta stilosa con gli occhi che le brillavano quasi
quanto la pelle di Edward. «Io so chi è il tuo vero amore e ho intenzione di
rivelarlo al mondo.»
Il
vampiro luccicante, per lo shock, perse il proprio splendore e gli Swarovski si
staccarono uno ad uno cadendo a terra.
«Non
so che intenzioni hai, ma...»
La
bimbetta stilosa non lo lasciò continuare:
«Mi
spiace, Edward, ma ora sono io a decidere quale sarà il tuo futuro, e non
appena avrò di nuovo una tastiera scriverò una fan fiction carica di “X” e di
“K” in cui urlerò al mondo che il tuo vero amore è...»
S’interruppe
di scatto. Il venditore ambulante aveva appena offerto a Edward un piumino per
spolverare e l’ingrato vampiro stava tentando di colpirla con quell’oggetto ben
più inquietante di un paio di canini al gusto di dentifricio Mentadent
Ultrawhite conficcati nel collo.
***
«È
tutto bello e costa poco» declamò il venditore abusivo.
«Niente
è bello come Edward» replicò la ragazza, sentendosi più stilosa che mai.
Edward
per l’imbarazzo iniziò a lampeggiare come un albero di Natale: l’ambulante
avrebbe potuto arrivare a pensare che quella pazza fosse una sua amica o
addirittura la sua fidanzata. Ma il venditore, fortunatamente, si limitava
semplicemente a ripetere «solo due euro».
Né
Edward né la ragazza si degnarono di guardare il suo espositore di
cianfrusaglie, così si allontanò, lasciandoli soli.
Il
vampiro, rimasto solo con la bimbetta stilosa, si rese conto che lei lo
guardava nello stesso modo in cui avrebbe fatto se avesse avuto davanti il
cantante dei Tokyo Hotel.
«Beh,
allora andrei» iniziò Edwrd. «Ho notato un gatto che mi piacerebbe gustare per
cena e...»
«Tu
non vai da nessuna parte» lo interruppe la bimbetta stilosa. «O almeno non te
ne vai da nessuna parte prima di avermi confessato che il tuo vero amore è
Jacob!»
«J-Jacob?»
«Sì,
certo, è così evidente...»
Edward
obiettò: «Sinceramente non è proprio il mio tipo.»
All’improvviso
la bimbetta stilosa udì un ululato alle sue spalle.
«Parlavate
di me o sbaglio?» domandò Jacob, spuntato fuori da chissà dove.
«E
tu che ci fai qui?» chiese Edward.
«Niente,
mi ero rotto di stare a sentire le scemenze di Bella e sono venuto a fare un
giro, sperando di incontrare persone più intelligenti.»
La
ragazza osservò: «Capiti proprio al caso giusto. Stavo proprio dicendo a Edward
che tu e lui fareste un’ottima coppia... spero che per Edward non sia un
problema il fatto che tu sia troppo peloso.»
«Conosco
la tua estetista» ribatté Jacob. «Mi ha detto che tu, prima della ceretta, sei
peggio di me in forma di lupo.»
La
ragazza arrossì vistosamente.
«Era
necessario dirlo?»
«No,
ma dopo che hai insinuato che io ed Edward faremmo un’ottima coppia, mi
sembrava il minimo!»
«Jacob,
perché non ce ne andiamo?» propose Edward. «C’era un tipo che vendeva collane
indiane e portafortuna brasiliani, ci scommetto che hai il desiderio folle di
vedere la sua mercanzia.»
«Sì,
certo. Tra una settimana sarà il compleanno di mia madre, magari riesco a
trovarle un regalo decente...»
«Sarei
felicissimo di consigliarti nella scelta.»
I
due fecero per allontanarsi, ma la bimbetta stilosa li fermò: «Eh, no, voi non
ve ne andate. Vi devo narrare la trama della mia ultima fanfic, un racconto
erotico in cui voi siete gli unici protagonisti!»
«Ma
come?» esclamò Jacob, deluso. «Pensavo che i protagonisti delle tue vicende
erotiche fossero i gemelli Kaulitz dei Tokyo Hotel.»
«Io
sono sorpreso a mia volta» aggiunse Edward. «Non pensavo che questa bimbetta
stilosissima sapesse scrivere.»
«Certo
che so scrivere» replicò lei, offesa. «Basta mettere insieme un’accozzaglia di
“X”, “K” e altre consonanti. Vocali no: le vendeva Mike Bongiorno, ma costavano
mille euro ciascuna, e con quei soldi è meglio comprare una moltitudine di
mutande di Armani, per fare bella figura nel caso mi trovassi un ragazzo.»
«Credo
che ai ragazzi interessi di più quello che hai sotto» intervenne Jacob. «E
anche alla tua estetista, che grazie a quella siepe di pelo ha fatto soldi a
palate.»
«Se
non la finisci di dire che sono pelosa, nella prossima ficcina scriverà che a
causa tua i licantropi perderanno nel prossimo scontro con i vampiri.»
«È
già accaduto» la informò Edward. «Quattro a zero.»
«Ah,
avete dissanguato quattro licantropi nel bel mezzo di un bosco nel cuore della
notte?»
«Ma
no, cos’hai capito? Lo scontro è avvenuto sul campo di calcio dell’oratorio,
una mattina in cui avevamo tutti quanti marinato la scuola, e abbiamo fatto
quattro goal!»
Jacob
ribatté: «Voi avete pagato l’arbitro!»
«Come
no! Ti ricordo che l’arbitro era Bella, e che non sa nemmeno a che cosa servono
i soldi.»
«Già...
ma dormiva anziché fare quello che doveva fare, il risultato è falsato.»
«Finiscila
di rosicare! Noi vampiri stiamo a Cristiano Ronaldo come voi licantropi state a
Christian Vieri!»
«Peccato
che le donne-lupo non somiglino a Elisabetta Canalis...»
«Come
osi parlare di donne?» gli domandò la bimbetta stilosa. «Ti devo ricordare che
la tua anima gemella è Edward? Tu lo lovvi tantissimo.»
«Beh,
sì, ammetto che se dovessi scegliere tra te ed Edward sceglierei sicuramente
questo Swarovski vivente.»
«Io
non sono vivente» obiettò Edward. «Sono un non-morto.»
«Infatti
un non-morto dovrebbe essere vivo...»
«Il
tuo ragionamento non fa una piega.»
«Già,
l’unica che non lo capirebbe è Bella... ne capisce quasi di più di calcio.»
«La
finite di parlare di Bella?» insisté la ragazza. «Lei non è stilosa come voi,
non importa che per conquistare il suo cuore vi sfidiate a una partita di
calcio Vampiri vs. Licantropi!»
Edward
le ricordò: «Ti ho detto che non m’importa niente di Bella, l’unica persona che
potrò mai amare è la mia professoressa di matematica.»
«Ma
che gusti hai?» si sorprese Jacob. «È troppo pelosa! La professoressa di
chimica è molto più sexy.»
«Ma
cosa dici? È pallida come il cadavere di uno svedese e ha denti enormi!»
«Bene»
osservò la bimbetta. «A Edward piacciono i peli, a Jacob piacciono i denti da
vampiro! Che cosa dicevo prima? Voi siete anime gemelle!»
Edward
provò il desiderio di abbandonare la dieta vegetariana, che gli era stata
prescritta dal dietologo per eliminare il peso in eccesso, e di conficcare i
denti nel collo di quella ragazza, sicuro che l’intera società l’avrebbe
ringraziato. Fortunatamente riuscì a trattenersi: la carne umana era
ipercalorica e voleva evitare di diventare obeso.
«Scusa,
ma perché non te ne torni a casa a studiare?» le propose.
«Lo
studio non serve» replicò lei, offesa. «E poi prima devo andare a comprare una
tastiera nuova, è essenziale, non posso fare a meno di digitare il pulsante
della “K”.»
Edward
e Jacob alzarono gli occhi al cielo.
«In
questi momenti vorrei tanto suicidarmi e diventare la pelliccia di lupo
indossata da Bella sopra l’abito da sposa al suo matrimonio col professore di
letteratura» declamò Jacob.
«Come
mai tutta questa attrazione per i professori?» chiese la bimbetta stilosa.
«Non
saprei» ammise Jacob. «Forse perché hanno uno stile più normale rispetto ai
Tokyo Hotel.»
«Come
osi?» replicò lei. «Bill Kaulitz ha un look decisamente nella media.»
Jacob
cercò di trattenersi dall’ululare per la disperazione.
«Va
bene, sono disposta ad ammettere che è un po’ eccentrico» concesse la bimbetta
stilosa. «Voi però dovete followarmi e venire con me.»
«Dovremmo...?!»
Edward spalancò gli occhi per la sorpresa. «Jacob, hai idea di dove siamo
finiti?»
«Purtroppo
no, ma credo che sarebbe stato molto più intelligente rimanere all’oratorio a
giocare a calcio.»
***
La
bimbetta stilosa non poteva credere ai propri occhi: Edward e Jacob sembravano
intenzionati a seguirla in capo al mondo. A quel punto tutto perdeva
d’importanza, perfino la possibilità di comprare una nuova tastiera e premere
il pulsante “X” più volte di un matematico in pensione e il pulsante “K” più
volte di un brasiliano in preda a una crisi convulsiva di risate. (*VEDI NOTE)
«Perfetto!»
esclamò con un sorriso a trentadue denti, che purtroppo non erano aguzzi quanto
quelli di Edward.
Prese
fuori l’I-Phone che aveva comprato con i soldi che aveva costretto la madre a
darle, minacciandole di tagliarsi le vene se non l’avesse fatto (la madre,
perfettamente impassibile davanti all’idea che lei morisse dissanguata, si era
convinta dal momento che era facilmente impressionabile e la vista del sangue
la faceva svenire), e iniziò a mandare messaggi alle sue più care amiche.
Jacob, terrorizzato da quello scambio di corrispondenza, cercò di dare
un’occhiata, notando che la bimbetta stilosa stava scrivendo in quello che gli
sembrava un codice crittografato.
«Ora
andiamo a casa di una mia cara amica» disse la bimbetta, rivolgendosi a Edward
e Jacob. «Ho organizzato un mini-raduno con le mie amiche, non crederebbero mai
che vi ho incontrati dal vivo, se non vi portassi da loro.»
Dopo
tre chilometri di strada finalmente giunsero nei pressi di una villetta di
periferia. Nel cortile una ragazza vestita completamente di rosa, con i capelli
acconciati come quelli di Bill Kaulitz, la accolse a braccia aperte.
«Bimbettaaaaaaa!
My love! Finalmente sei arrivata! Non vedevo l’ora di rivederti, dopo che ci
siamo lasciate molto tempo fa, alle due di oggi, quando finalmente è suonata la
campanella che ha segnato la fine delle nostre sofferenze quotidiane.»
«Sì,
sono qui amore!» esclamò la bimbetta. «Sorellina mia, guarda chi ti ho
portato.»
«Ooooooooooooohhhhhh!
EDUARD! GIACOB! Amori miei! Ditemi che siete venuti qui perché entrambi volete
mettervi con me e per conquistarmi sareste disposti a innescare
un’interminabile guerra tra vampiri e licantropi!»
«Eh,
no, non puoi avere queste pretese, amore! In realtà Edward e Jacob si lovvano
troppissimo e nessuna ragazza può mettersi tra di loro! Se qualcuna lo farà,
sarà immediatamente killata!»
La
nonna della ragazza che la bimbetta stilosa chiamava “amore”, uscendo in
giardino, borbottò stupita: «Ma quante lingue sapete parlare al giorno d’oggi,
ragazze? Vorrei tanto essere nata nella vostra epoca, sarei stata molto più
acculturata... invece sono nata settant’anni fa e sono andata a lavorare a sette
anni, senza nemmeno prima imparare l’italiano.»
«Non
si preoccupi, signora» intervenne Edward. «Temo che anche sua nipote e la sua
amica non sappiano parlare italiano... e in quanto a cultura, sono messe peggio
di un’analfabeta.»
Poco
convinta l’anziana rientrò in casa, andando ad accendere il televisore su
Retequattro, dove si mise in calma attesa del telegiornale delle diciotto e
trenta, che da vent’anni era il suo programma preferito.
In
quel momento entrarono nel cortile altre due adolescenti dal look bizzarro.
«Bimbette!»
esclamò una di loro. «Sono scappata di casa per raggiungervi! Mia madre mi ha
impedito di uscire di casa finché non sarò riuscita ad avere un risultato
apprezzabile a scuola, ovvero ad avere almeno la media del cinque e mezzo in tutte
le materie, quindi non posso rimanere tanto. Mi costringe a rimanere tutto il
giorno nella mia stanza a studiare, ma io generalmente passo il pomeriggio a
fissare il poster di Riccardo Scamarcio nei panni di Step in “Tre metri sopra
il cielo”. Prima però mi sono calata dalla finestra sorreggendomi a una corda
fatta con tutte le mie cinture di Dolce & Gabbana, di Armani e di
Valentino. Il fatto è che non so come farò a risalire...»
«Io
invece ho lasciato a metà l’ascolto dell’ultimo CD dei Tokyo Hotel» disse
l’altra. «Anch’io devo fare presto, non voglio perdermi questo ascolto così
spettacolare! Se devo conquistare Bill e sposarmelo, devo conoscere a memoria
le sue canzoni... oltre che la sua lingua, infatti proprio per studiare tedesco
e potergli parlare mi sono iscritta a un liceo linguistico.»
«Ah,
frequentiamo un liceo linguistico?» si sorprese la bimbetta stilosa. «Buono a
sapersi, non mi ricordavo.»
«Voi
lo frequentate, io no» puntualizzò la fan dei Tokyo Hotel. «Sono passati due
mesi dall’ultima volta in cui sono andata a scuola. Ricordo che in quel giorno
ho preso un due in latino, un due e mezzo in filosofia e ho dato il meglio di
me stessa arrivando a prendere un tre in matematica. È stato il voto più alto
della mia carriera scolastica. Quando l’ho detto ai miei, però, invece di
mettersi a festeggiare mi hanno detto che se continuo così a fine anno mi
manderanno a lavorare in campagna.»
«Avrebbero
potuto farlo molto tempo fa» osservò Jacob. «Anzi, meglio di no. Dato che come
lavoro vado a raccogliere la frutta, non vorrei avere a che fare con te anche
là.»
La
ragazza nemmeno lo ascoltò e urlò: «BILL KAULITZ TI LOVVOOOOOOO!»
«Step
è molto meglio!» replicò la fan di “Tre metri sopra il cielo”. «È il ragazzo
ideale: non lavora, va in giro a fare casini, non ha il minimo rispetto per la
sua ragazza e ha come solo scopo nella vita quello di gironzolare. È proprio il
mio ragazzo ideale, spero di fidanzarmi con un tipo del genere prima o poi.»
«Ora
però» disse la figlia dei padroni di casa, «credo che ci dobbiamo occupare di
cose serie. Per esempio penso proprio che uno di questi due stupendi ragazzi
debba liberarmi della mia verginità imbarazzante. È da quando avevo dodici anni
che racconto di avere fatto l’amore con diversi ragazzi, ma ora che tutte mi chiedono
dei dettagli che non so fornire, devo assolutamente portarmi a letto il primo
venuto.»
«Quello
che non capisco è perché dovrei essere io» replicò Jacob. «Potrebbe essere
Edward...»
«Ma
anche no» replicò Edward. «Sono stato insieme a Bella per anni e anni senza
nemmeno sfiorarla... il fatto è che mi vergogno a spogliarmi.»
«Ce
l’hai troppo piccolo?»
«Esatto.
Ed è pure luminescente.»
La
bimbetta stilosa replicò: «Secondo me non hai problemi di dimensioni.
Semplicemente non ti trovi a tuo agio con le donne, perché il tuo vero amore è
Jacob.»
«Basta
con questa storia» la pregò Edward. «Sono disposto ad andare a coltivare aglio
per i prossimi trent’anni, a condizione che la smetti! Non mi piace Jacob!»
«Io
non ti credo» ribatté la ragazza che desiderava avere rapporti sessuali con lui
e Jacob. «Tutti i ragazzi che mi rifiutano sono gay... ma dal momento che tutti
mi rifiutano, appunto, credo che l’omosessualità si stia diffondendo parecchio
da quando ho raggiunto la maturità sessuale.»
«Speriamo
che tu possa raggiungere anche la maturità intellettuale, prima o poi» borbottò
Jacob.
«Quella
non è rilevante. Uno che la pensa così non è di sicuro il mio uomo ideale.
Bene, ora ho deciso: punterò su Edward.»
Edward
si guardò intorno, cercando invano una buca in cui sotterrarsi.
«No...»
«Ragazze,
allora mi aiutate?» chiese la ragazza.
«Certo»
la rassicurò la bimbetta stilosa. «Edward sarà tutto tuo. Anzi, sarà nostro!»
***
Edward
era ormai sul punto di cadere in depressione, non avendo trovato alcun posto in
cui auto-seppellirsi, ma decise di non scoraggiarsi. Si rivolse quindi alla
figlia dei padroni di casa:
«Senti,
non avresti un garage o una cantina qui a casa tua?»
La
ragazza, improvvisamente interessata all’argomento, esclamò: «Certo che c’è un
garage! È il luogo migliore in cui potrai possedermi ripetute volte e
conficcare i tuoi denti aguzzi su ogni angolo del mio corpo!»
Quasi
accecato dalla luce degli Swarovski che ricoprivano Edward, Jacob osservò: «Hai
avuto proprio un’ottima idea.»
Naturalmente
condivideva gli stessi propositi del vampiro glitterato e sapeva per quale
ragione Edward voleva rintanarsi in un garage insieme a quelle ragazze che più
stilose di così non si poteva.
Le
quattro ragazze si avviarono a passo veloce verso il garage, chi in silenzio e
chi declamando che il suo sogno nel cassetto era quello di sposare il cantante
dei Tokyo Hotel, seppure non volesse mettersi in mezzo alla relazione ad alto
contenuto erotico che sicuramente c’era tra tutti i componenti del gruppo
stesso.
«È
fantastico» bisbigliò Jacob. «Era proprio ora di sopprimere queste esponenti
peggiori della società umana.»
«Infatti»
convenne Edward. «Inizio a pensare che la Meyer sia stata piuttosto clemente
con noi: almeno le ragazze che conosciamo non sono come queste.»
La
bimbetta stilosa, nell’udirli confabulare, si girò di scatto.
«Ehi,
voi due, allora è vero che avete una relazione segreta? L’avevo sempre
sospettato! Vi lovvo! Vi lovvo come non ho mai lovvato nessuno prima di voi!
Siete troppo pucciosi!»
Edward
cercò di contenersi: gli Swarovski e i brillantini erano sul punto di staccarsi
nuovamente uno ad uno, il che era un problema. Se da un lato era vero che tutta
la componente luminosa della sua pelle si rigenerava alla velocità del suono,
dall’altro era anche vero che lasciare una scia luccicante davanti a casa
d’altri non era esattamente il suo principale obiettivo di vita (che invece era
far trionfare la squadra di calcio dei vampiri nei suoi scontri con quella dei
licantropi).
«Sì,
certo, ci siamo sempre lovvati troppissimo» mentì Jacob. «In realtà pensavamo
di essere fatti l’uno per l’altro, ma poi abbiamo visto quanto sono stilose le
bimbette di oggi, così abbiamo deciso di dividere le nostre strade per poter
vivere a pieno con voi. Siete stilosissime. Vi lovvo davvero troppissimo. Non
appena arriverò a casa distruggerò il pulsante della “C” della tastiera del mio
computer e vivrò di “K” e di “X”.»
Gli
occhi della bimbetta stilosa brillarono quanto gli Swarovski che ricoprivano
Edward.
«Sì!
Questa cosa mi rende davvero happyssima! Credevo mi sarei killata dalla
disperazione, ma non lo farò mai e poi mai: non dopo avere conosciuto te. D’ora
in avanti non scriverò più una sola parola senza numerosi accenti.»
«E
le parole senza accenti non le scriverai?» si sorprese Jacob.
«Perché
non dovrei scriverle?» ribatté la bimbetta. «Gli accenti hanno il solo scopo di
abbellire le parole, no? Proprio come qualunque simbolo di punteggiatura e le
lettere maiuscole.»
«Hai
ragione, sono proprio ignorante.»
«Infatti»
concordò la bimbetta. «Ma non preoccuparti: continui ad essere
irresistibilmente stiloso. Se vuoi un consiglio, però: tirati giù quei
pantaloni. Lo sappiamo tutte che sotto hai un meraviglioso paio di boxer lilla
di D&G, non farli vedere al mondo intero è uno spreco di energie.»
«Camminare
a passo di processione per arrivare al garage è uno spreco d’energie»
intervenne Edward. «Vuoi dire alle tue amiche che possono parlare anche dopo
delle innate doti di Step? Non possiamo metterci mezz’ora per percorrere cento
metri! Ti ricordo che io sono abituato a volare, il che è anche comodo:
arrivare a scuola in ritardo ogni mattina a causa del traffico che fa tardare
l’autobus è troppo straziante, me la cavo volando come Superman tra i tetti
delle case e sono sempre il primo a entrare in classe.»
«Io
abito a tre passi dalla scuola, invece, ma sono sempre l’ultima» ribatté la
bimbetta stilosa, mentre finalmente, accelerando clamorosamente il passo, le
sue amiche scortavano tutti loro all’interno del garage.
Edward
prese a luccicare a intermittenza come un albero di Natale e a cercare di
contenere la propria gioia insuperabile: stava per compiere un’impresa storica,
per cui l’intera popolazione mondiale l’avrebbe ringraziato, e si sentiva al
settimo cielo, proprio come quella volta in cui, tanti anni prima, aveva
segnato il goal decisivo alla sfida di fine anno Vampiri vs. Licantropi.
Anche
la bimbetta stilosa era al settimo cielo. Finalmente uno dei due ragazzi che
stimava più di ogni altra persona avrebbe abbassato i suoi jeans firmati...
«Oh,
no!» bisbigliò nell’orecchio della fan dei Tokyo Hotel. «Ora Edward scoprirà
che per nascondere la pancia uso mutandoni contenitivi come Bridget Jones! E si
renderà conto davvero che l’estensione del mio pelo supera abbondantemente
quella di ogni licantropo!»
Era
disperata, ma non appena Edward iniziò a osservarla con occhi famelici ogni suo
timore svanì: era la ragazza più stilosa del pianeta e il suo adorato vampiro
glitterato non avrebbe fatto altro che apprezzarla nel massimo del suo
splendore: in fondo nemmeno le sue amiche erano stilose tanto quanto lei.
«EDUARD!
EDUARD, amore mio! Sono felicissima che tu sia qui!» esclamò. «Sono convinta
fino allo sfinimento che tu sia venuto qui, nel mio paesino sperduto, soltanto
per unirti a me.»
«Paesino
sperduto?» si sorprese Edward. «Ma hai idea di dove abito io? Va beh, non fa
niente, abbiamo cose più importanti di cui preoccuparci!»
Scattò
verso la ragazza e la azzannò al collo, prosciugandole il sangue finché lei non
stramazzò al suolo, dedicando il suo ultimo pensiero alla strana forma di
lingua italiana con il quale erano scritti i romanzi di Moccia che apprezzava
così tanto, nonostante fossero pieni di simboli inutili come le “CH” e le “Q”,
che avrebbero tranquillamente potuto essere sostituiti dalle più apprezzabili
“K”.
«Ma
è stupendo!» esclamò la fan dei Tokyo Hotel. «Morire morsa da un vampiro così
stiloso è sempre stato il mio desiderio segreto.»
«E
io sono lieto di accontentarti» disse Edward, balzandole addosso,
infischiandosene una volta per tutte della dieta vegetariana che gli era stata
prescritta dal suo dietologo di fiducia.
Anche
la fan dei Tokyo Hotel in pochi istanti finì dissanguata a terra, mentre le
ultime due ragazze superstiti si sentivano liete di provare la stessa ebbrezza.
Nonostante Edward fosse ormai sazio decise di liberare l’umanità anche da quei
due esemplari e si lanciò sulla terza preda, dopo la quale seguì la quarta.
Quando
ebbe terminato il proprio lavoro, i suoi Swarovski iniziarono a brillare con
un’intensità ancora maggiore.
«Complimenti»
gli disse Jacob. «Devi essere un pozzo senza fondo.»
«Lo
ammetto» concordò Edward. «Ho una passione per il sangue umano... credo che sia
stato quello a farmi diventare obeso in passato. Ora però è meglio che non
esagero, se no il dietologo mi impedisce di nutrirmi anche di tutti i
principali vegetali, come ad esempio le mucche, le capre, i cavalli... Devo
assolutamente andare a bermi una tisana per digerire.»
«Una
tisana per digerire?» si sorprese Jacob. «Stammi a sentire, c’è un solo modo
per digerire e smaltire le calorie in eccesso: andare a fare una partita di
calcio... piuttosto, siamo in ritardo! Ci aspettavano mezz’ora fa al campetto
dell’oratorio!»
Edward
guardò l’orologio.
«Hai
ragione!» esclamò. «Sbrighiamoci, che se no veniamo cacciati via dalle nostre
squadre.»
«Già.
Purtroppo non tutti apprezzano la nostra attività di salvatori della società
odierna!»
I
due lanciarono un’ultima occhiata ai cadaveri delle quattro ragazze e poi
uscirono dal garage.
Dopo
qualche istante di silenzio, Jacob osservò: «Te ne sei accorto anche tu?»
«Di
che cosa?»
«Che
quelle quattro sono più stilose da morte che da vive!»
FINE
NOTE.
*
I brasiliani hanno l’usanza, per indicare uno scroscio di risate, di scrivere
“kkkkkkk” al modo in cui noi scriviamo “ahahahahahah”.
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