Scritto nel 2004, “Storia di Famiglia” è un romanzo
drammatico che mi accingo a recensire, dedicando finalmente un po’ di spazio a
qualche lettura più impegnata rispetto alle ultime di cui ho parlato.
Mi ha colpita abbastanza, quando l’ho visto in
biblioteca, e ho deciso, dopo avere letto la quarta di copertina, di prenderlo
in prestito.
Dopo la lettura mi ritrovo a osservare quanto sia poco
azzeccata.
Trama e struttura
Rachel ha quarant’anni, un marito che se n’è andato di casa,
un figlio di due anni e una figlia adolescente rinchiusa in una sorta di
riformatorio.
È proprio a causa di Kate, la figlia maggiore, che la
figlia si è sgretolata: dopo la sua “ribellione” all’età di quattordici anni,
le cose hanno iniziato a crollare, una dopo l’altra. Dopo avere causato un
incidente al fratellino e avere inventato di avere subito abusi sessuali dal
padre, tutto va a rotoli, al punto tale che la soluzione migliore, per la
famiglia, è l’internamento.
Il romanzo si svolge su due piani temporali: il presente,
in cui Rachel e suo marito Ned devono affrontare una situazione che hanno
lungamente deciso di ignorare, e il passato in cui Rachel ripercorre i fatti
che li hanno condotti a quel punto.
Personaggi
I personaggi, in particolare Rachel e Ned, sono
abbastanza caratterizzati, ma temo che l’autrice non sia riuscita - almeno con
me non c’è riuscita - nell'intento di descriverli come due bravi genitori che
hanno dovuto affrontare numerose sfortune a causa della “crudeltà” della loro
figlia e che riusciranno a risolvere i loro problemi nel momento in cui si
renderanno conto della “redenzione” di Kate.
Innanzi tutto secondo il parere dei medici della
clinica-riformatorio, Kate soffre di schizofrenia. I genitori, invece,
pensavano che i suoi sbalzi d’umore fossero dovuti all’età e soltanto all’ultimo
l’hanno portata da uno psichiatra: per loro Kate è una riBBBBelle da rimproverare, non una malata da far curare.
Poi Kate ha causato un incidente al fratellino: mentre
scendeva le scale tenendolo in braccio, è inciampata e lui è caduto battendo la
testa, cosa che gli ha provocato un lieve ritardo (nulla di irreparabile: il
bambino non parla fino a due anni, ma nell’ultimo capitolo inizia a parlare). Per
loro, la colpa è di Kate e in realtà la odiano per quello che ha fatto. Loro,
invece, che hanno lasciato una quattordicenne schizofrenica e una nonna che
soffre di disturbo bipolare ad assistere un neonato, per andarsene a cena fuori
con gli amici, sono immuni da responsabilità.
A quel punto la cosa migliore da fare è far internare
Kate in una clinica che non consente ai ragazzi di ricevere visite dai genitori.
A quel punto il fatto che, quando la lasciano lì, Kate inizi a insultarli,
viene visto come un ennesimo atto di riBBBBellione
e non al fatto che forse la figlia si
sente completamente abbandonata a sé stessa.
La cosa peggiore di Rachel e Ned, però, a mio parere, è
che non hanno evoluzione dall’inizio alla fine: alla fine tornano insieme e
perdonano Kate... non perché capiscono che la figlia è malata e che loro, in
quanto genitori, avrebbero dovuto lasciare il bambino con una baby-sitter, se
proprio volevano uscire a cena lasciando il bambino a casa... no, lo fanno solo
perché il figlio minore inizia a parlare e si dimostra sano.
Valutazione
finale: 3/5
È stata una lettura piacevole e scorrevole, in certi
momenti emozionante, ma personalmente non sono riuscita a ritrovarmi molto nella
protagonista, dal cui punto di vista era narrata la storia, in prima persona, e
credo che il non ritrovarmi per niente in lei abbia influenzato in negativo la
mia valutazione.
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