giovedì 29 agosto 2013

RECENSIONE: “Storia di Famiglia” di Dani Shapiro

Scritto nel 2004, “Storia di Famiglia” è un romanzo drammatico che mi accingo a recensire, dedicando finalmente un po’ di spazio a qualche lettura più impegnata rispetto alle ultime di cui ho parlato.

Copertina
Mi ha colpita abbastanza, quando l’ho visto in biblioteca, e ho deciso, dopo avere letto la quarta di copertina, di prenderlo in prestito.
Dopo la lettura mi ritrovo a osservare quanto sia poco azzeccata.

Trama e struttura
Rachel ha quarant’anni, un marito che se n’è andato di casa, un figlio di due anni e una figlia adolescente rinchiusa in una sorta di riformatorio.
È proprio a causa di Kate, la figlia maggiore, che la figlia si è sgretolata: dopo la sua “ribellione” all’età di quattordici anni, le cose hanno iniziato a crollare, una dopo l’altra. Dopo avere causato un incidente al fratellino e avere inventato di avere subito abusi sessuali dal padre, tutto va a rotoli, al punto tale che la soluzione migliore, per la famiglia, è l’internamento.
Il romanzo si svolge su due piani temporali: il presente, in cui Rachel e suo marito Ned devono affrontare una situazione che hanno lungamente deciso di ignorare, e il passato in cui Rachel ripercorre i fatti che li hanno condotti a quel punto.

Personaggi
I personaggi, in particolare Rachel e Ned, sono abbastanza caratterizzati, ma temo che l’autrice non sia riuscita - almeno con me non c’è riuscita - nell'intento di descriverli come due bravi genitori che hanno dovuto affrontare numerose sfortune a causa della “crudeltà” della loro figlia e che riusciranno a risolvere i loro problemi nel momento in cui si renderanno conto della “redenzione” di Kate.
Innanzi tutto secondo il parere dei medici della clinica-riformatorio, Kate soffre di schizofrenia. I genitori, invece, pensavano che i suoi sbalzi d’umore fossero dovuti all’età e soltanto all’ultimo l’hanno portata da uno psichiatra: per loro Kate è una riBBBBelle da rimproverare, non una malata da far curare.
Poi Kate ha causato un incidente al fratellino: mentre scendeva le scale tenendolo in braccio, è inciampata e lui è caduto battendo la testa, cosa che gli ha provocato un lieve ritardo (nulla di irreparabile: il bambino non parla fino a due anni, ma nell’ultimo capitolo inizia a parlare). Per loro, la colpa è di Kate e in realtà la odiano per quello che ha fatto. Loro, invece, che hanno lasciato una quattordicenne schizofrenica e una nonna che soffre di disturbo bipolare ad assistere un neonato, per andarsene a cena fuori con gli amici, sono immuni da responsabilità.
A quel punto la cosa migliore da fare è far internare Kate in una clinica che non consente ai ragazzi di ricevere visite dai genitori. A quel punto il fatto che, quando la lasciano lì, Kate inizi a insultarli, viene visto come un ennesimo atto di riBBBBellione e non al fatto che forse la figlia si sente completamente abbandonata a sé stessa.
La cosa peggiore di Rachel e Ned, però, a mio parere, è che non hanno evoluzione dall’inizio alla fine: alla fine tornano insieme e perdonano Kate... non perché capiscono che la figlia è malata e che loro, in quanto genitori, avrebbero dovuto lasciare il bambino con una baby-sitter, se proprio volevano uscire a cena lasciando il bambino a casa... no, lo fanno solo perché il figlio minore inizia a parlare e si dimostra sano.

Valutazione finale: 3/5
È stata una lettura piacevole e scorrevole, in certi momenti emozionante, ma personalmente non sono riuscita a ritrovarmi molto nella protagonista, dal cui punto di vista era narrata la storia, in prima persona, e credo che il non ritrovarmi per niente in lei abbia influenzato in negativo la mia valutazione.

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