venerdì 17 maggio 2013

Recensione: “ASSENTI QUATTRO” di Travis MacRae


La recensione che propongo oggi è quella di un romanzo un po’ vintage che ho scoperto per puro caso: “Assenti quattro”, di Travis MacRae, vecchio volume del Giallo Mondadori degli anni ’60.
La quarta di copertina, di per sé, non mi diceva niente di eccezionale, ma l’idea di potermi leggere un giallo classico mi allettava. Non è stato tempo sprecato.

La trama
Il romanzo si apre con i coniugi Jim e Kate Harris in vacanza. Jim, affermato giornalista, sembra pentito della sua decisione di essersi preso una vacanza troppo lunga e si rimette al lavoro, per scrivere un articolo a proposito di un liceo aperto vent’anni prima. È proprio analizzando i diplomati del 1941, l’anno di apertura, che si rende conto che c’è qualcosa di strano: su venti diplomati, quattro sono morti... e non di morte naturale.
Complice il fatto che Jim e Kate sono grandi amici della signora Davidson, l’anziana madre di uno di essi, decidono di organizzare, a scopo promozionale, un raduno con gli studenti di quell’anno, contando anche sulla presenza di una di loro, Diana Flagg, divenuta a vent’anni di distanza una cantante affermata.
Sia la signora Davidson sia un ex studente di quella classe, Nicky Creighton, poi divenuto uno squattrinato attore teatrale, sembrano restare piuttosto sorpresi di così tante morti “inspiegabili”, come a conferma dell’ipotesi di Jim e Kate che vi sia qualcosa sotto.
Ed è proprio al raduno che la signora Davidson muore in circostanze misteriose... a questo punto è evidente che la spiegazione sta in ciò che accadde a suo tempo a tutti i ragazzi deceduti...

I personaggi
Sui personaggi c’è poco da dire. Non sono molto caratterizzati, a parte Diana Flagg che viene presentata come la star a cui importa soltanto l’apparenza e mettere quindi a tacere gli scandali, al fine di sposare un uomo ricco, e Nicky Creighton, che è il classico squattrinato che non fa altro che bere e che si lamenta se la moglie (che nel corso della trama lo lascerà per mettersi con un altro – il che sarebbe anche plausibile, se non fosse che lascia il marito per un tipo con cui ha parlato due volte in totale) si trova un lavoro per poter pagare i debiti fatti da lui.
Gli altri, compresi gli stessi giornalisti-detective protagonisti, non sono mai visti come personaggi a cui dare spazio nel vero senso della parola, ma più che altro come due macchine che risolvono misteri per il solo gusto di farlo.
Il punto di vista usato è spesso e volentieri quello del narratore, a parte qualche raro caso (per esempio quelli in cui compaiono Diana o la moglie di Nicky), e questo contribuisce ancora di più a far passare in secondo piano l’aspetto “umano” delle vicende.

Testo e struttura: commenti
Già nel corso del primo capitolo, dopo un paio di pagine in cui vengono presentati Kate e Jim, il lettore viene messo subito di fronte a quello che sarà l’oggetto del romanzo, e questa scoperta la fa per bocca di Jim:

«Ciò che mi sembra piuttosto strano è che uno è stato ucciso a revolverate, un altro è affogato, Eddie Davidson, come hai detto tu stessa, è morto in un incidente e un altro ancora è deceduto in un incidente d'auto. Nessuno è morto di malattia e neppure in guerra, benché, come ricorderai, alcuni di quei ragazzi abbiano combattuto.  (...)  Ciò significa che il venti per cento degli studenti di quella classe è morto di morte
violenta.»

Tutto arriva troppo veloce? Non direi. È un giallo, è breve, ed è opportuno arrivare subito al punto. In una guida per scrivere gialli che lessi molto tempo fa, ricordo di avere letto che, per scrivere un giallo efficace, bisogna ritrovarsi subito con un cadavere. Qui ce ne sono addirittura quattro, morti in circostanze più o meno misteriose e in apparenza non connesse l’una all’altra.
Se c’è qualcosa di disorientante è piuttosto che, nei capitoli immediatamente successivi, si passa a Nicky e alla moglie Marzia, oltre che a Diana Flagg e al suo agente. Il lettore, in un primo momento, può restare spiazzato dall’improvviso cambio di scena. C’è comunque da dire che, nel corso del tempo, ci si fa l’abitudine.
Il problema è (non so se sia solo mio, che da quando avevo 12 anni sono abituata ai magistrali enigmi di Agatha Christie e a confronto tutto mi sembra una trovata da dilettante) che fin dal terzo capitolo, non appena viene accennata l’esistenza di un certo Ronnie, sia visibile lontano un miglio chi sia questo Ronnie in realtà e che si capisca subito che è proprio intorno a questo personaggio – seppure di per sé irrilevante – che sia sorto l’intrigo che ha portato alla morte della signora Davidson. A proposito della signora Davidson, peraltro, mi sembra ben poco originale il fatto che, dopo avere scoperto qualcosa di inaspettato, le donne in giovane età debbano essere sul punto di svenire mentre quelle anziane (come la signora Davidson) sfiorino l’attacco di cuore. È a mio avviso un tipico stereotipo da gialli, e non da gialli di primo livello.
Trovo inoltre un po’ banale e scontato che in un primo momento tra le “morti misteriose” venga inclusa anche quella di Sally, una ragazza che poi si scopre essere morta accidentalmente in un incidente stradale che non aveva niente di anomalo. Se voleva essere un tentativo di sviare il lettore non lo ritengo molto riuscito: avviene in un momento in cui il lettore non ha ancora le idee ben chiare su che cosa sia effettivamente successo.
È inoltre – forse legato alla mentalità dell’epoca, dopotutto è un romanzo scritto cinquant’anni fa – abbastanza agghiacciante per il lettore ritrovarsi davanti a un tizio che [ATTENZIONE: SPOILER!] racconta con aria innocente che lui e i suoi amici dell’epoca delle superiori erano bravi ragazzi, la cosa peggiore che hanno fatto dopotutto è stata soltanto l’azione innocente di far ubriacare una loro compagna di scuola allo scopo di stuprarla in branco, ma in fin dei conti la colpevole è lei, che andava alle feste insieme a loro ma non l’ha mai data a nessuno, nonostante la sua reputazione di ragazza facile. O.O
Fino all’ultimo capitolo la trama mi è sembrata abbastanza banale e scontata (e i due giornalisti-detective che agiscono in coppia mi hanno ricordato Tommy e Tuppence di Agatha Christie... o quantomeno quello che sarebbero stati Tommy e Tuppence se avessero avuto a che fare con assassini seriali anziché con agenti segreti dell’est europeo), ma devo dire che nelle ultime pagine è arrivato un colpo di scena notevole. Peccato che, anche in questo caso, ci sia qualcosa che stona: generalmente in un giallo il colpevole dovrebbe essere un personaggio che appare stabilmente nel corso degli eventi, non una comparsa da tirare fuori al momento più opportuno.

Valutazione: 3/5
Se volete leggere un romanzetto breve per passarvi il tempo, tutto sommato ve lo posso anche consigliare... ma se pensate di essere di fronte a un capolavoro del giallo, potreste sbagliarvi di grosso! ;-)

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