Lauren
Kate è autrice della celebre serie urban fantasy – paranormal romance “Fallen”,
composta da quattro romanzi e da uno spin-off degli stessi.
Il
suo romanzo d’esordio, però, è il meno famoso “Princess, o “The Betrayal of
Natalie Hargrove” [traduzione: “il
tradimento di Natalie Hargrove”] che si distingue dalla serie per essere,
in linea generale, di altro genere.
“Princess”
infatti si colloca tra lo Young Adult e il Thriller.
Prima impressione
L’edizione
italiana, di Rizzoli, mostra immediatamente due punti di debolezza: titolo e
copertina.
Il
titolo in inglese, plausibile se fosse stato lasciato quello originale, stona
se è stato cambiato radicalmente. È per qualche verso collegato alla trama, ma
forse in misura minore rispetto a quanto potrebbe essere spontaneo pensare. Il
titolo originale, invece, ha un legame sicuramente maggiore con i fatti
narrati, anche se tradotto in italiano renderebbe forse meno che in lingua
originale (ed è un titolo alquanto lungo e forse ostico per chi non conosce
l’inglese per poter essere lasciato in lingua originale in un’edizione
italiana).
La
copertina, inoltre, è di dubbia interpretazione: raffigura infatti una ragazza
avvolta in un ampio mantello rosso, la cui connessione con la protagonista è
sfortunatamente inesistente.
Un
punto a favore è sicuramente quello della copertina dell’edizione originale:
rappresenta appunto una ragazza dai capelli neri, in linea con la descrizione
della protagonista, che indossa un elegante abito d’altri tempi, in linea con
la descrizione che viene data di lei in occasione della festa in cui accadrà
quello che di fatto costituisce il punto centrale del romanzo.
La trama
Natalie
è una studentessa americana, giunta all’ultimo anno delle scuole superiori. È
la sua ultima occasione per diventare reginetta del ballo scolastico e sa di
avere buone possibilità per riuscirci. Il suo più grande desiderio è che il suo
fidanzato Mike – giocatore di football, bello, ricco e che non sa niente a
proposito del suo passato vissuto nei bassifondi della città, prima che sua
madre diventasse ricca grazie a un matrimonio d’interesse – possa divenire la
sua controparte femminile. Il titolo di Mike, però, è conteso da Justin, compagno
di squadra di Mike. Se per Mike il titolo non è una priorità, lo è per Natalie,
e per lei è prioritario che lo vinca anche Mike.
A
questo proposito Natalie ha un’idea: far sì che Justin si renda ridicolo
davanti a tutti in modo da influenzare l’esito del voto. È così che, dopo una
festa di carnevale, convince Mike ad aiutarla a far ubriacare Justin e, quando
questo rasenta i limiti del coma etilico, lo trasportano nel piazzale della
chiesa. Natalie decide di legarlo, in modo che sia costretto a rimanere lì,
travestito da prostituta, finché non arriverà la gente per la messa del mattino
seguente. In una tasca Justin tiene un flacone di pillole e, pensando che si
tratti di droga, Natalie le porta via; non sapendo che si tratta di pillole
salvavita, a causa della cui assenza Justin morirà nel corso della notte.
L’esistenza
di Natalie e Mike a quel punto cambia radicalmente, la consapevolezza di quello
che è accaduto li sconvolge, seppure in modo diverso l’uno dall’altro, fino
all’imprevedibile – e forse inevitabile – epilogo.
Testo e
struttura
Il
romanzo è suddiviso in capitoli narrati in prima persona, eccetto prologo ed
epilogo; mentre l’epilogo sembra essere abbastanza coerente, il prologo
sembrava invece non essere particolarmente invitante e meno travolgente della
storia che viene narrata a partire dal primo capitolo.
In
questo contesto, però, si innesca quella che è probabilmente la più grande
pecca di “Princess”. La protagonista, Natalie, è un personaggio piuttosto
stereotipato (l’adolescente americana bella e ricca che mette al centro della propria
esistenza la reputazione davanti ai compagni di scuola e la possibilità di
essere eletta reginetta del ballo scolastico); questo di per sé non è negativo
visto il modo in cui Lauren Kate ce la propone.
Il
primo capitolo, infatti, inizia così:
Quella sarebbe
stata la settimana più importante della mia vita. Mancavano dieci minuti alla
campanella. Ciondolavo con aria indifferente accanto al bagno delle ragazze del
secondo anno, intenta a perfezionare una delle attività che mi riuscivano
meglio. Oh, origliare è una parola talmente orribile! Soprattutto quando io la
trasformo in arte raffinata. [...]
Si
intende fin da subito un’ironia alquanto marcata, che trascina i lettori nel
corso dei capitoli, dal quale si intende che presumibilmente l’autrice non intende
presentarci Natalie come un personaggio di spiccata originalità, ma appunto
trovare un modo efficace per proporre quella che, almeno in apparenza, è una
vicenda trita e ritrita.
Il
problema è che, dopo la già citata morte di Justin, questa ironia si perde
all’improvviso, creando quasi una spaccatura sul “prima” e sul “dopo”. Se da un
lato ci sono capitoli ironici in cui Natalie ha il titolo di reginetta della
scuola come priorità, dall’altro c’è una Natalie – descritta con serietà –
preoccupata non tanto per avere causato la morte di una persona tanto quanto
per la possibile perdita della sua reputazione, perché lei un tempo abitava in
una roulotte con un padre violento e alcolizzato poi finito in carcere, e
soltanto grazie al secondo matrimonio di sua madre – a cui ne è seguito poi un
terzo e sta per seguirne un quarto – è diventata ricca e ha acquistato potere
agli occhi di tutti.
La
fine dell’ironia lascia cadere le considerazioni antecedenti: la vicenda inizia
a non essere più vista e rivista, ma da un lato la protagonista che prima era
già stereotipata, viene inserita in un contesto in cui anziché ridere degli
stereotipi si finisce per essere infastiditi dagli stereotipi.
I personaggi e
l’intreccio tra personaggi
A
parte Natalie, gli altri personaggi – forse per scelta dell’autrice che voleva
dare risalto in particolare alla protagonista? – tendono ad essere incolori e
spesso insignificanti per la trama: sono molti infatti quelli che appaiono
specie nei capitoli introduttivi, per poi non fare più il loro ingresso fino
alla conclusione. Lo stesso Mike, che occupa abbastanza spazio nella storia,
tende a non essere un personaggio molto memorabile e poco caratterizzato.
Per
quanto riguarda gli intrecci esistenti tra i personaggi questi non sono molto intricati;
resta comunque un lato positivo in quanto, fino al capitolo finale, non si
scopre la ragione dell’odio in apparenza ingiustificato che Natalie prova nei
confronti di Justin. Questo è però un lato sia positivo sia negativo: se da un
lato mantiene la sorpresa fino alla fine, dall’altro il lettore potrebbe essere
propenso a chiedersi “tutto qui?” e a perdere quella poca stima – se per caso
ancora ne aveva – nei confronti di Natalie.
Valutazione: 3/5
Siamo
di fronte a una trama non geniale, dei personaggi non geniali, ma un testo che,
a conti fatti, prende e travolge il lettore fino al finale, che però proprio
dal finale potrebbe essere infastidito: si ha come la sensazione, infatti, che
tutto corra troppo in fretta.
“Princess”
è un romanzo da leggere con la consapevolezza che ha dei limiti, ma che tutto
sommato si può rivelare una lettura piacevole.
Recensione
scritta per il “Corriere della Notte”, numero di marzo 2013, del forum
Scrittori della Notte.
È autoconclusivo?
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