Da questa premessa credo di avere lasciato intendere che
non si tratta di un giudizio particolarmente positivo, e mi dispiace, dato che
si tratta di un’autrice italiana, ma credo che, recensendo romanzi al solo
scopo di condividere le mie impressioni ed eventualmente di consigliare altri
lettori, la sincerità sia d’obbligo.
Prima impressione
La copertina è senza dubbio ben fatta (anche se, una
volta dopo avere letto il romanzo, non sono riuscita a comprendere il nesso tra
la trama e quella copertina), così come il titolo non si può dire che non mi
abbia colpita: se non altro interrompe la tradizione dei titoli che iniziano
per “Il bacio di...” e prima della lettura lascia spazio a molteplici
potenziali interpretazioni.
La trama
Dafne è una giovane londinese che, dopo essere andata in
un locale insieme a un’amica, nello stesso locale trova il suo ragazzo, che
avrebbe dovuto essere a casa a guardare una partita di calcio in TV, insieme a
un’altra ragazza.
La sua reazione è quella di scappare via dal locale e
mettersi a vagare per strade isolate. Qui viene aggredita da due ubriachi e,
proprio mentre questi stanno per violentarla, viene salvata da una sorta di
lupo che uccide i due uomini davanti ai suoi occhi.
Questo lupo non è altri che Laghor, un demone dagli occhi
neri con pagliuzze dorate (da cui il titolo) mandato dal diavolo in persona a
uccidere Dafne, ma che per qualche ragione si rende conto di non poterlo fare. Si
presenta comunque a casa di Dafne, i due hanno un incontro piuttosto focoso e
da lì tra loro nasce una relazione, che sarà fatta di spostamenti nel tempo e
nello spazio...
Personaggi, testo
e struttura
Il testo è narrato in terza persona, alternando il punto
di vista di Laghor a quello di Dafne, ma anche, in certe occasioni, ad altri
personaggi. E se il testo si può definire scorrevole e corretto dal punto di
vista grammaticale (insomma, non ci sono frasi lasciate a metà e non è scritto
in modo talmente colloquiale da sembrare parlato), proprio i personaggi sono a
mio avviso una delle più grandi pecche di questo romanzo: la loro
caratterizzazione è pressoché nulla e, dal momento che alcuni di questi non
fanno altro che una toccata e fuga, penso di poter dire che sono troppi.
Per quanto riguarda Dafne non mi sembra nulla di più di
una Mary Sue: fa solo ed esclusivamente quello che dicono gli altri (non le
piace il cibo indiano e non va in discoteca, eppure non fa una piega quando la
sua amica la porta in un ristorante indiano e poi in discoteca, nonostante non
avesse voglia di uscire) e passa tutto il tempo, anziché agire in prima
persona, ad atteggiarsi a damigella che attende che il principe azzurro corra a
salvarle la vita. Laghor, che avrebbe anche una storia interessante (seppure
con qualche contraddizione – ma di questo ne parlerò più avanti), invece non è
molto approfondito, l’autrice ha preferito lasciare spazio ai suoi spostamenti
temporali (e in un primo tempo al disastro della piattaforma di petrolio, che a
mio parere non solo non aggiunge nulla al romanzo, ma distoglie anzi da quello
che è il vero filo conduttore).
Passiamo agli spostamenti temporali: sinceramente mi è
parso che più che aiutare confondessero un po’ le idee, specie in un primo
momento in cui vediamo Laghor in diverse situazioni che sembrano slegate l’una
dall’altra.
E il finale... beh, il finale mi sembra alquanto
frettoloso, e ancora una volta assistiamo ai due protagonisti che per salvarsi
hanno bisogno dell’intervento apposito dell’arcangelo Michele col ruolo di deus ex machina.
Fonti di perplessità
Passiamo alle peripezie di Laghor [ATTENZIONE: SPOILER!],
il demone, perché qualcosa che non mi è molto chiaro c’è: non siamo di fronte a
un demone “classico”, questo un tempo era un uomo. Ci vuole la metà del romanzo
per comprendere che si tratta di un tale che ha venduto l’anima al diavolo,
ottenendone in cambio l’immortalità e l’eterna giovinezza (vedi Faust, vedi
Dorian Gray).
Laghor era, un tempo, un soldato dell’esercito dell’Impero
Romano nel primo secolo d.C., a cui vennero uccisi la moglie e il figlio (vedi
Russel Crowe ne “Il Gladiatore”), e che trovava pace soltanto nel combattere e
nell’uccidere. Qui potrei sollevare l’obiezione che se Laghor professava una
religione questa era probabilmente quella greco-romana e di sicuro non
prevedeva né l’esistenza del diavolo né tantomeno la dannazione dell’anima, ma
tutto sommato posso lasciar correre.
Ciò che non lascio correre, invece, è questo (le frasi in
corsivo sono citazioni del romanzo):
«Quanti anni hai?».
«Anni?», rise
divertito. «Almeno due secoli, non ricordo». La sua voce ritornò più seria.
Errare è umano, perseverare anche:
«Perché una notte
di due secoli fa, tu ti perdesti. Noi non facemmo in tempo ad aiutarti; qualcuno
di veramente malvagio, che tu conosci bene, organizzò il rapimento, il
sacrificio agli dei, tu sai bene a chi».
...ancora:
Per due secoli non
aveva mai dubitato di Mefisto. Dopotutto, gli piaceva essere un demone.
...ancora una volta:
«No, adesso è
finita. Basta. Due secoli sono troppi».
e infine per chi non ne avesse avuto abbastanza:
Un unico mese
vissuto più intensamente di due secoli.
In tutti questi passaggi – e ci sono rimasta così: O.O –
viene detto che sono passati due secoli da quando Laghor viveva la sua vita
mortale. DUE SECOLI. Che corrisponderebbero circa a 2000 anni, in realtà. Mi sembra
un errore grande come una casa che non si poteva non notare.
Per non parlare di:
«Siamo a
Stonehenge, il 21 giugno del secondo secolo A. C.»
Nel secondo secolo avanti Cristo, dato che c’è un 21
giugno ogni anno, non dovrebbero esserci stati cento 21 giugno?
Altra perplessità: in discoteca con l’amica, Dafne viene
aggredita due volte da un potenziale
stupratore (al fine di far comparire Laghor nel ruolo di principe azzurro che
accorre a salvare la vita alla donzella indifesa). Non so che idea abbia l’autrice
delle discoteche, ma non credo che sia abbastanza improbabile che in un luogo
in cui si trovano decine e decine di persone, oltre che addetti alla sicurezza
(buttafuori e simili) qualcuno riesca a stuprare una donna a tre metri dalla
pista. E trovo soprattutto improbabile che, dopo una situazione del genere, lei
non si rivolga al personale di sicurezza, ma che vada al bar dove, con tanto di
barista presente, il potenziale stupratore torna alla carica minacciandola con
un coltello.
Valutazione
finale: 2/5
Onestamente credo che, alla luce delle considerazioni
fatte finora (piattezza dei personaggi, confusione nel passaggio da un capitolo
all’altro, errori e scene inverosimili), la mia valutazione sia abbastanza
comprensibile.
Lo si trova in libreria?
RispondiEliminaSì, esiste sia in formato cartaceo sia in formato ebook:
RispondiEliminahttp://www.ciessedizioni.it/occhi-gialli-neri/