domenica 14 luglio 2013

Recensione: “IL CUSTODE DI FREYA”, Cliff McNish

È da un po’ che non ho pubblicato recensioni (anche se penso che tra poco arriveranno quelle del “Corriere” del forum Scrittori della Notte) e mi sembra che sia giunto il momento di riprendere a condividere con voi le mie impressioni sui romanzi che leggo.
Ho scelto, stavolta, di parlare del romanzo di Cliff McNish, “Il Custode di Freya”, un urban fantasy che ho letto nei giorni scorsi.
Ricordo che questa recensione può contenere eventuali spoiler e che si basa esclusivamente sul mio punto di vista.
Inizio a dire che, se avessi letto questo romanzo dieci anni fa, forse l’effetto che mi avrebbe fatto sarebbe stato diverso. Al giorno d’oggi, però, ho avuto certe impressioni e penso di doverle condividere.

Prima impressione e copertina
Devo dire che il titolo non mi ha colpita granché, ho deciso di leggere questo romanzo più che altro perché ce l’avevo a disposizione e non sapevo che cosa leggere.
La copertina dell’edizione italiana, inoltre, non mi sembra così tanto connessa con quello che effettivamente succede nel romanzo: si vede una ragazza camminare in un vicolo fatiscente... e non è esattamente ciò di cui parlerà il romanzo.

La trama
Freya ha 14 anni e ne ha trascorso gli ultimi sei tra un ricovero in ospedale e l’altro: fin da piccola, infatti, è stata ossessionata dagli angeli, fin da quando uno di loro è entrato nella sua stanza sconvolgendole l’esistenza.
Proprio quando la sua ossessione per gli angeli sembra essere passata si ritrova a tu per tu con una nuova compagna di classe, la quale è fissata con gli angeli quasi quanto lei, pur non avendone incontrato uno. Intanto Freya inizia ad essere tormentata dalla visione di un orribile angelo nero...
La sua vita cambia radicalmente quando rincontra Hestron, l’angelo che vide quando era bambina, e quando anche Mestraal, l’angelo nero, le parla... I due, infatti, le rivelano che lei è in parte umana e in parte angelo, e che se lo vorrà potrà divenire un angelo a tutti gli effetti.

Punti di perplessità
ANGELI?! - Penso che ormai lo sappiate: non ho certe fissazioni. Le creature non umane, nei romanzi fantasy, possono essere interpretate nel modo preferito dall’autore. Però che delle creature mortali e venute dallo spazio, che hanno deciso di fermarsi sulla terra per assistere gli umani, condizionandone il libero arbitrio, vengano spacciate per angeli... beh, mi suscita certe perplessità.
ASSENZA DI SPIEGAZIONI - Se da un lato viene spiegato che gli “angeli” sono arrivati sulla Terra perché mentre erano di passaggio hanno pensato bene di fermarsi e di dare assistenza agli umani che hanno incontrato, dall’altro viene liquidata in tre parole la faccenda della natura mezza umana-mezza angelo di Freya, in un modo che suona molto “è fantasy, che bisogno c’è di dare una spiegazione sensata?”, quando avrebbe potuto essere mooooolto utile: se gli angeli non vengono dalla Terra, com’è possibile che una terrestre sia mezza angelo? L’autore avrebbe potuto escogitare lo stratagemma di una madre angelo in incognito (specie tenendo conto che la madre era morta da anni), ma ha preferito non dare spiegazioni... e l’assenza di spiegazioni, sinceramente, mi urta abbastanza.
ESASPERAZIONE DEGLI STEREOTIPI DA TEEN-TRAMA - Per favore, bastaaaaaaaa! Avere i capelli tinti e/o decolorati non significa essere una stronza a cui tutta la scuola sta dietro seppure si tratti di una stronza. E non è nemmeno una vergogna dalla quale sia necessario difendersi a tutti i costi. Seppure detesto lo shopping, neppure amare lo shopping è segno di essere stronza. E soprattutto non c’è niente di più irrealistico del modo in cui è trattato l’arrivo di Stephanie (A.K.A. la ragazza fissata con gli angeli): seppure da un lato è plausibile che ALCUNE persone prendano di mira una perfetta sconosciuta per il cappotto antiquato che indossa e perché viene accompagnata a scuola dalla madre, ma che IMPROVVISAMENTE tutta la scuola prenda di mira, da un giorno all’altro, la stessa persona, non mi sembra poi così tanto credibile... anche perché mi sembra impossibile che, a causa di un cappotto, TUTTA la scuola da un giorno all’altro si ricordi di una certa persona.

I personaggi
Freya è la versione più giovane di Bella Swan a mio avviso una Mary Sue a tutti gli effetti, per la precisione una di quelle Mary Sue lamentose che non fanno altro che lamentarsi che il mondo è contro di loro, che tutto quello che fanno va a finire male e che si piangono addosso per i loro difetti dalla mattina alla sera. A questo si aggiunge che non ha un minimo di carattere: quello che fa, per buona parte del romanzo, lo fa in funzione di quello che dice Amy, la sua amica dai capelli tinti e amante dello shopping, quindi di conseguenza stronza; da quel punto in poi tutto quello che fa avviene in funzione degli angeli.
Questi ultimi non mi sembrano particolarmente caratterizzati, in particolare l’“angelo nero”, quello che doveva essere l’antagonista, si converte al bene in un nanosecondo dopo avere conosciuto seriamente la protagonista, senza un motivo ben preciso.
Stephanie, che avrebbe potuto apparire come un personaggio interessante all’inizio, finisce per sembrare alla fine una pazza. La sua amicizia con Freya, inoltre, mi sembra sbocciare in modo piuttosto irrealistico. Sembra che a Freya basti che una persona non stia simpatica a Amy (dopo che abbandona il suo gruppo) per diventare sua amica.
Di fatto i personaggi non li ho apprezzati particolarmente, e di questo mi dispiace, perché se fossero stati un po’ più caratterizzati avrebbero potuto non essere poi così male...

Struttura
Il romanzo è narrato in terza persona, saltando da un punto di vista all’altro. Questo potrebbe essere un espediente interessante per far conoscere al lettore anche fatti estranei a quanto accade alla protagonista, ovvero Freya.
Il problema che si pone, però, è che il punto di vista talvolta salta da un personaggio all’altro da una frase all’altra, confondendo le idee più che chiarirle.

Valutazione finale: 2/5
Trama non particolarmente estrosa, personaggi piatti, stereotipi, incapacità di emozionare, finale banale... Gli elementi per questa valutazione credo che ci siano tutti. Peccato, perché speravo in qualcosa che mi soddisfacesse di più.


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