La prima volta che lessi “Assassinio sull’Orient Express”, romanzo di Agatha Christie scritto
nel 1933, avevo 12 anni. Mi parve un capolavoro e per molti anni non mi ha
sorpreso affatto che questo sia considerato uno dei migliori romanzi della zia
Agatha. Devo ammettere, però, che rileggendolo adesso mi ha fatto un effetto un
po’ diverso. Non voglio assolutamente sminuirlo: si tratta sicuramente di uno
dei suoi romanzi in cui la soluzione è più originale, ma a mio parere, nella
mia classifica personale, sta indubbiamente dietro a “Dieci piccoli indiani” e “L’assassinio
di Roger Ackroid”... e forse quest’ultimo lo metterei al primo posto in
assoluto. Ma prima di giungere a questa conclusione intendo rileggerlo...
Si tratta di uno dei tanti romanzi che hanno per
protagonista il celebre detective belga Hercule Poirot, sulla cui età c’è
qualche mistero (quando giunse in Inghilterra come profugo durante la prima
guerra mondiale era già anziano, ma nonostante ciò cinquant’anni più tardi
risolveva ancora dei casi), che per una volta passa meno tempo del solito a
vantarsi di quanto siano belli i suoi baffi e, ancora più strano, non fa alcun
accenno alle sue “celluline grigie”.
Comunque, come da tradizione, ogni luogo in cui vada c’è
un morto... e stavolta il morto è in un vagone letto dell’Orient Express.
La trama
In pieno inverno, in via del tutto eccezionale, uno dei
vagoni dell’Orient Express è stato prenotato al completo. È proprio su quel
treno che si trova a viaggiare Poirot, in uno scompartimento che era stato
prenotato da un tale che non si è presentato. Nella stanza attigua alla sua
dorme un anziano americano, Samuel Ratchett, che lascia intendere, nella breve
conversazione che ha con Poirot all’inizio del romanzo, di avere ricevuto
minacce di morte.
E infatti, in una notte in cui il treno rimane bloccato a
causa del maltempo, Ratchett viene ucciso con 12 coltellate. Sulla scena del
delitto si trovano un fazzoletto da donna e un aggeggio per pulire le pipe. Sul
treno soltanto due persone sembrano conoscerlo: si tratta del suo segretario e
del suo maggiordomo, entrambi al corrente del fatto che l’uomo si sentisse
minacciato. Il capotreno incarica Poirot e un medico che viaggia su un altro
scompartimento di indagare sul conto della vittima. Poirot, trovando i resti di
una lettera bruciata, scopre che Ratchett in realtà era un malvivente americano
sotto falso nome, colpevole del rapimento e dell’uccisione di una bambina,
delitto che provocò anche altre morti (i genitori si ammalarono e morirono, la
baby-sitter, inizialmente sospettata, seppure innocente, dell’omicidio, si
suicidò...) e che scosse l’opinione pubblica.
Gli altri viaggiatori presenti sul treno sono i seguenti:
- un’americana anziana e chiacchierona, che sostiene di
essere stata, in qualche modo, testimone della fuga dell’assassino e che trova
l’arma del delitto;
- una nobile russa piuttosto snob accompagnata da una
cameriera in là con gli anni e piuttosto svampita;
- un militare inglese di mezza età che ha vissuto in India
per molti anni, che tra l’altro è l’unico, sul treno, a fumare la pipa;
- un’insegnante inglese piuttosto fredda e razionale;
- un nobile ungherese e la sua giovanissima moglie;
- un’infermiera olandese con il classico stile da vecchia
zitella;
- un italiano piuttosto rozzo di età imprecisata;
- un detective americano che sostiene di essere stato
ingaggiato come bodyguard da Ratchett.
Poirot si occupa quindi delle indagini, interrogando
tutti i viaggiatori e l’inserviente francese che lavora sul treno, scoprendo
che più di uno, tra i presenti, erano al corrente della vera identità di
Ratchett e che nessuno sembra essere particolarmente affranto dalla sua
morte...
Struttura
Il romanzo è diviso in tre parti:
- una prima parte dedicata all’introduzione dei
personaggi, al delitto e alle prime considerazioni sul delitto;
- una seconda parte dedicata alle deposizioni di ciascuno
dei personaggi;
- una terza parte dedicata alle scoperte sul caso e alla
soluzione, che viene esposta da Poirot, come sempre accade, a un raduno a cui
sono invitati tutti i sospettati.
Il romanzo è narrato in terza persona e a tratti il
narratore sembra quasi onnisciente, anche se ovviamente non al punto tale da
lasciare in giro degli indizi.
La narrazione, a mio parere, è piuttosto fluida e
scorrevole tanto che, come ho già detto, ho letto questo romanzo per la prima
volta quando ero alle medie e non ho avuto difficoltà.
Certi personaggi sono piuttosto caratterizzati, mentre
altri non tanto, anche perché rimangono abbastanza in disparte, seppure
centrali per la trama.
Valutazione
finale: 4,5/5
Non gli do il massimo, perché l’ho trovato, specie per
quanto riguarda la scena del delitto, piuttosto teatrale e pomposo. Certo, si
scoprirà che era intenzione di chi ha commettere l’omicidio quella di
realizzare qualcosa di teatrale e pomposo, ma a mio parere in certi tratti lo è
un po’ troppo.
Quello che ho apprezzato più di ogni altra cosa è il
finale e quindi la soluzione: a mio parere è una delle soluzioni più originali
che io abbia mai letto in un giallo.
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