Quando ho recensito “Assassinio sull’Orient Express” [X] ho
messo al primo posto, con riserva, “L’assassinio di Roger Ackroyd” (pubblicato
nel 1926), per originalità nei romanzi di Agatha Christie. Mi rimangio quello
che ho detto. Il the best dei the best
a mio avviso è “Dieci piccoli indiani”.
Dopo la rilettura de “L’assassinio di Roger Ackroyd”
(quanto sarebbe stato più bello il titolo “Dalle nove alle dieci”, con cui uscì
molti decenni fa!) devo ammettere che siamo di fronte a un romanzo originale,
con una soluzione originalissima, che però sta in piedi solo perché la voce
narrante omette, a proprio piacimento, dei dettagli importanti. C’è chi
definisce tutto ciò come un inganno o una fregatura. Io rimango del parere che
un autore di gialli sia libero di ingannare e di fregare, se lo fa con classe,
i propri lettori. L’idea alla base è eccezionale (anch’io, prima di conoscere
questo romanzo, cercai di metterla in atto in un mio racconto, tra l’altro!)...
però a mio parere un po’ di amaro in bocca, per come è strutturato il romanzo,
la lascia.
Nella recensione che segue cercherò di evitare al massimo
gli spoiler e ovviamente non farò cenno al finale.
La trama
Ci sono due categorie di romanzi di Agatha Christie:
quelli con un’ambientazione particolare (il treno e l’isola deserta dei due
romanzi già citati prima) e quelli con un’ambientazione standard. Stavolta siamo
nel secondo caso e l’ambientazione standard ha tutti i suoi elementi:
- paesino di campagna;
- villa del ricco di turno, che pur non avendo mai
lavorato in vita sua ha una fonte di reddito tale da permettergli di mantenere
una mezza dozzina di figli, figliastri, cugini e nipoti di vario grado e di
pagare lo stipendio e a dozzine di maggiordomi, cuoche e governanti;
- straniero bizzarro che si è rifugiato nel suddetto
paesino e che, guarda caso, corrisponde al nome di Hercule Poirot.
Il ricco vedovo di turno, tale Roger Ackroyd, è in eterna
guerra col figliastro (Ralph), che non lavora e sperpera i suoi soldi e che non
vuole fidanzarsi con la cugina riccastra di turno (Flora), che non lavora vive
a spese dello zio insieme alla madre che a sua volta non lavora e che si
lamenta di non ricevere abbastanza soldi. A casa di Ackroyd troviamo anche: un
rozzo cacciatore (Blunt) che ha trascorso buona parte della propria vita in
Africa, che attualmente non lavora e che pare che sia ospite fisso a casa
Ackroyd; il segretario Raymond la cui utilità è piuttosto scarsa; una quantità
random di persone di servizio.
La voce narrante, il dottor Shepard, è un caro amico di
Ackroyd. Il giorno dopo la morte della fidanzata di Roger (anch’essa vedova, e
il cui marito è morto in circostanze sospette), si reca a casa Ackroyd e, in
sua presenza, il riccastro apre una lettera a lui indirizzata dalla sua donna,
morta suicida. Nella lettera è scritto che si uccide perché qualcuno la sta ricattando,
sapendo che ha assassinato il proprio defunto marito. Roger non vuole leggere
la lettera prima di rimanere solo e, quando il dottore se ne va, non ha ancora
letto il nome del ricattatore.
Shepard torna a casa, dove vive con la sorella pettegola
Caroline, e riceve una telefonata che lo informa che Roger è stato assassinato.
Accorre sul luogo ed effettivamente Roger è stato pugnalato alle spalle, in una
stanza chiusa a chiave dall’interno, ma con una finestra aperta. I sospetti
cadono sul giovane Ralph, che sembra essere scomparso nel nulla.
Scotland Yard, come da buona tradizione, brancola nel
buio. Per fortune c’è Poirot, sopraggiunto
sul luogo per dedicarsi alla coltivazione delle zucche, che come da ancora
migliore tradizione decide di utilizzare il medico come “assistente”, perché
gli ricorda il suo caro amico e collega Hastings che ormai è emigrato da tempo
in Argentina.
Naturalmente nessun mistero è irrisolvibile per le “celluline
grigie” del modestissimo Poirot... A
proposito, questa è la prima volta in cui, parlando con l’ispettore Raglan (che
come da buona tradizione), le menziona:
«Tanto per
cominciare: metodo. È quello che so-stengo sempre: il metodo.»
«Ah! Anche per me,
questa è la parola d'ordine. Metodo, ordine e cellule grigie.»
«Cellule?»
«Le piccole cellule
grigie del cervello!»
«Ah! Certo, certo,
ma anche noi le usiamo.»
«Più o meno, però
ci sono differenze qualitative.»
Non c’è che dire, quest’uomo è un idolo! E, come dicevo,
la modestia è decisamente la sua qualità più marcata! :D
Struttura
Il romanzo è narrato in prima persona, e questo lo rende
a mio avviso più scorrevole di quelli in cui la narrazione avviene in terza
persona: di base non amo molto i romanzi in cui il punto di vista salta da un
personaggio all’altro da una frase all’altra.
Diversamente da altre volte, la prima persona viene
sfruttata per nascondere dettagli: Shepard racconta solo ciò che vuole. Questo,
alla fine, può fare storcere un po’ il naso.
Certi personaggi sono caratterizzati abbastanza bene,
certi altri passano spesso in secondo piano e l’autrice non si concentra molto
su di loro.
Valutazione
finale: 4,5/5
Se l’idea sulla quale è basato il romanzo fosse stata
utilizzata in modo più politically correct (ad esempio facendo iniziare il
romanzo in media res, e non con il medico che va a far visita all’amico ancora
vivo e vegeto), avrei optato per il massimo. Anche se la stanza fosse stata
completamente sigillata, creando un enigma della camera chiusa, avrei optato
per il massimo.
Diciamo che mi accontento, che consiglio questo romanzo a
tutti gli amanti del giallo, e che un goccio di colluttorio mi toglierà dalla
bocca l’amaro di essere stata spudoratamente ingannata, ma con meno classe del
solito. ;-)
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